Le manifestazioni antigovernative iraniane iniziate a novembre dopo l’annuncio a sorpresa del forte aumento del prezzo del carburante, hanno avuto come risposta una repressione violenta. Almeno 304, secondo quanto riferito da Amnesty International, sono le persone uccise durante le proteste, e migliaia sono stati gli arresti di manifestanti, giornalisti, difensori dei diritti umani, attivisti per i diritti delle minoranze e studenti.

Le informazioni si basano sulle testimonianze di testimoni oculari e sui filmati che mostrano le forze di sicurezza iraniane aprire il fuoco sui manifestanti disarmati che non rappresentavano un rischio imminente. La maggior parte delle morti registrate, sono avvenute a seguito di colpi di pistola alla testa, al cuore, al collo e ad altri organi vitali che indicano che le forze di sicurezza hanno sparato per uccidere.

Amnesty ha condotto interviste con diverse persone in tutto il paese che hanno descritto come, durante le proteste, le autorità iraniane hanno tenuto in isolamento i detenuti e li abbiano sottoposti a torture e maltrattamenti. Purtroppo risultano anche dei bambini arrestati e portati nella prigione di Fashafouyeh a sud di Teheran, tristemente nota per le torture. Vittime e testimoni hanno riferito ad Amnesty che le forze di sicurezza iraniane hanno fatto irruzione in centri medici in tutto il paese per arrestare manifestanti feriti e trasferirli alle strutture di detenzione.

Mancano ancora dei dati ufficiali. I media hanno parlato più di mille arresti durante il terzo giorno di proteste. Il portavoce della commissione parlamentare iraniana per la sicurezza nazionale, Seyed Hossein Naghavi Hosseini, ha dichiarato che nove giorni dopo l’inizio delle manifestazioni erano state arrestate 7 mila persone.

“Senza urgenti pressioni internazionali, migliaia di persone rimarranno a rischio di tortura. La commissione internazionale deve agire con urgenza, anche attraverso il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite per tenere una sessione speciale sull’Iran e imporre un’inchiesta sulle uccisioni illegali di manifestanti, l’ondata orribile di arresti e le sparizioni forzate e le torture di detenuti”, ha dichiarato il direttore di Amnesty International per il Medio Oriente e il Nord Africa, Philip Luther. “Le forze dell’ordine iraniane hanno massacrato centinaia di coloro che hanno partecipato alle proteste e orchestrato una repressione su larga scala per infondere paura e impedire a chiunque di parlare di ciò che è accaduto”, ha aggiunto.

Teheran ha categoricamente negato il rapporto di Amnesty rispondendo che certi numeri non sono altro che affermazioni infondate. Un rapporto fabbricato dai nemici stranieri che hanno orchestrato le manifestazioni. I manifestanti, difatti, sono stati associati alle potenze straniere.

Diversamente, il partito politico-militare Mojahedin-e Khalq (l’esercito di liberazione nazionale dell’Iran) ha annunciato che sono stati uccisi almeno 1’500 manifestanti, rilasciando i nomi di 504 persone uccise. 400 sono stati uccisi nella provincia di Teheran, 320 a Kermanshah, 270 a Fars, 240 a Khuzestan, 120 a Isfahan e 100 ad Alborz.

Il regime iraniano è rimasto in silenzio e sta cercando di nascondere i fatti. Ad un mese dalla rivolta popolare, il regime religioso sta facendo del suo meglio per nascondere il numero dei morti e i loro nomi temendo le conseguenze nazionali e internazionali del suo crimine contro l’umanità. Le forze dell’ordine si rifiutano di consegnare i corpi delle persone uccise alle loro famiglie.