Il grande volo verso la libertà

In un momento di trepidazione internazionale che mette tutti a disagio, stanotte la prima rappresaglia iraniana nei confronti degli Stati Uniti e la guerra civile in Libia, la rocambolesca fuga di Carlos Ghosn dagli arresti domiciliari a Tokyo ci fa perlomeno sorridere ed un po’ appassionare.

Foto Wiki commons (Ecole polytechnique)

Ghosn, il tycoon ex presidentissimo di un impero automobilistico quale Renault (Francia) e Nissan più Mitsubishi Motors (Giappone), viene arrestato a Tokyo il 20 novembre 2018 al suo arrivo col volo privato (aziendale), trovando la polizia che gli contesta reati gravi, se veri, di false denunce dei redditi, uso improprio di fondi aziendali.

Purtroppo per lui, l’arresto era nei poteri di una sezione della magistratura che ha un record: il 99% dei suoi incriminati hanno subito una severa condanna, quindi carcere sicuramente.

Ecco il primo tassello che è importante capire per comprenderne la fuga. Come aveva confidato a qualche amico “ho 65 anni, fra i tempi del processo, prima vertenza fine 2020 ed i seguenti ricorsi per giungere infine alla condanna, uscirò di prigione a 75 anni.”

Il sistema giapponese, culturalmente comprensibile per loro , ma così duro per un occidentale, impedisce in carcere contatti esterni, negati anche ai familiari. Niente avvocati o qualsivoglia comunicazione. Il tutto in una cella ridotta, solo: per mesi.

Dopo mesi e una cauzione di 12 milioni di dollari Ghosn e i suoi difensori sono riusciti ad ottenere gli arresti domiciliari (osservatissimo e marcato stretto con il solo permesso d’uscita per la pasticceria e la palestra), niente famiglia intorno, niente moglie . Ghosn ha incominciato a pensare a fuggire, anche se con ampi margini di insuccesso. A fronte di 10 anni di solitudine, alla sua età (65 anni), valeva la pena tentare. Ed ha preso contatti con chi lo poteva aiutare dall’esterno, per preparare un piano di fuga. I dettagli sono nebulosi, ma la sostanza è certa.

Avrebbe quindi assunto il suo associato libanese con una squadra di una decina di collaboratori ed un ex militare americano, Michael L. Taylor, specializzato in progetti simili. Questi si era occupato nel 2009 anche del tentativo di recuperare David Rhode, un giornalista del New York Times e di altri progetti ad alto rischio.

Il piano eseguito prevedeva in primis di uscire dalla sua casa a Tokyo senza sospetti, ricordiamo che era costantemente controllato e filmato. Pare si sia nascosto all’interno di una cassa per attrezzi musicali con buchi per respirare.

La sera prima Ghosn aveva invitato un’orchestra. Poi, secondo passo, avrebbe con i suoi accompagnatori preso un treno rapido “bullet train” per Osaka, poco più di 2h e finalmente in un aeroporto dove lo attendeva un jet a 12 posti.

Per sicurezza, i suoi fiancheggiatori avrebbero testato una decina di aeroporti, fino a scoprire quello con delle lacune che avrebbero consentito di mettere Ghosn a bordo con un nome falso. Da lì il grande volo verso la libertà: passando da Istanbul, con passaporto francese (una delle sue nazionalità) per poi proseguire verso Beirut con un altro volo. Ghosn è originariamente libanese e possiede una carta d’identità perché i passaporti libanese, francese (pare fosse un duplicato) e brasiliano erano sotto sequestro.

Va ricordato che Ghosn è un mito in Libano essendo fra i più celebri cittadini libanesi nel mondo.

Nel frattempo ha lanciato il primo messaggio “sono fuggito dal sistema giapponese corrotto ed antiquato che non consente di difendersi” ed ha annunciato che oggi, 8 gennaio, terrà una conferenza stampa per spiegare le sue ragioni.

Non è difficile prevedere quello che dirà. In primis condannerà il sistema giudiziario giapponese, da medioevo, dirà che il tutto è solo il risultato di una vendetta venuta dai suoi ex colleghi della Nissan e poi che è nel mirino delle autorità giapponesi, si pensa al ministero dell’industria, per le sue aspirazioni a portare la Nissan sotto il cappello francese.

Forte del fatto che il Libano non dà estradizioni al Giappone, Ghosn potrà difendersi a suo piacimento. Da notare però che il Libano attraversa un momento politico delicato e non può mettersi di traverso con il terzo peso massimo dell’economia mondiale: il Giappone che per vendetta nel frattempo ha già emesso un mandato di cattura internazionale nei confronti della moglie americana.

Sarà interessante quindi osservare gli sviluppi della vicenda. Per ora gli unici vincitori sono i media. Grande perdente il Giappone. Figuraccia per un paese che ha un’immagine di perfezione, ma di scarsa fantasia. Non ridono certamente Nissan e Reanault, ora che la pentola è scoperchiata. Per Netflix invece una vicenda da James Bond che sfrutteranno come fatto con il film della fuga di El Chapo.

Vittorio Volpi