Presidente del Libano Michel Aoun

 

Dopo tre mesi di proteste e una crisi economica che si sta diffondendo in tutto il Libano, nessun passo avanti è stato compiuto dai politici libanesi che fanno fatica a dare vita ad un nuovo esecutivo. La violenza si è rianimata trasformando Beirut in un vero e proprio campo di battaglia tra il movimento di protesta e poliziotti antisommossa causando oltre 200 feriti di cui 80 ricoverati in ospedale, secondo gli ultimi dati della croce rossa libanese.

Con i continui conflitti politici interni, sono passati tre mesi di trascuratezza dei bisogni urgenti del paese e delle pressanti richieste di un popolo sofferente. Dopo una pausa, gli organizzatori hanno invitato per sabato mattina le persone di tutte le aree del Libano a partecipare in una manifestazione unificata nella piazza di Riad El-Solh a Beirut per fare pressione sui membri del Parlamento. Prima di convergere sulla strada che porta al parlamento, decine di manifestanti, alcuni nascondendo il volto con delle sciarpe, hanno iniziato a lanciare pietre e rami di alberi contro i poliziotti che stavano di guardia dietro le barricate. Malgrado gli appelli a mantenere la calma, gli scontri si sono intensificati con i dimostranti che hanno cominciato a lanciare anche petardi e cartelli stradali contro la polizia antisommossa che ha risposto da dietro le barricate usando manganelli e cannoni d’acqua oltre a sparare proiettili di gomma e gas lacrimogeni per disperdere la gente mentre un denso fumo bianco offuscava il centro di Beirut. Dopo diverse ore di scontri, la violenza è diminuita quando i manifestanti si sono dispersi in parte rifugiandosi all’interno della vicina moschea Muhammad Al-Amin e della cattedrale di San Giorgio.

“Più di una volta mi sono impegnata a proteggere le manifestazioni pacifiche rivendicando il diritto di protestare. Tuttavia quando le manifestazioni si trasformano in un palese attacco alle forze di sicurezza e alle proprietà pubbliche e private, questo viene condannato e non è mai accettabile”, ha detto Il ministro dell’Interno Raya Al-Hassan.

I manifestanti hanno risposto che la prima ondata di proteste non è riuscita a scuotere l’élite politica al potere del paese e che quindi è necessario un approccio più rigido. “Non è più pacifico perché non vogliono sentirci”, ha affermato una ragazza 23enne di nome Maya, “Stanno cercando di ricostruire il governo con la propria gente come se nulla fosse successo”, ha aggiunto. “A meno che le cose non cambino, la vita in Libano non vale la pena di essere vissuta. Siamo in una crisi economica e i politici hanno dimostrato di essere un vero fallimento. Non abbiamo nulla”, ha dichiarato un altro manifestante al cronista della rete televisiva Al Jazeera.

Le associazioni per i diritti umani hanno accusato la polizia di usare una forza sproporzionata per reprimere le manifestazioni e condannato gli arresti di persone in gran parte pacifica. La polizia ha pubblicato le foto di agenti in cura per ferite che hanno causato i manifestanti che hanno lanciato pietre e fuochi d’artificio e compiuto anche atti di vandalismo colpendo principalmente le banche.

Il Libano assiste a queste proteste contro il governo dalla fine della guerra civile durata dal 1975 al 1990. I manifestanti incolpano i politici per la diffusa corruzione e cattiva gestione di un paese fortemente indebitato. La sterlina libanese ha perso oltre il 60% del suo valore nelle ultime settimane e l’economia non vede alcuna crescita. Inoltre anche gli afflussi esteri si sono prosciugati. La formazione di un governo è un processo spesso contorto in Libano, dove un sistema complesso cerca di mantenere l’equilibrio tra i numerosi partiti politici del paese e i movimenti religiosi. I manifestanti vogliono demolire il vecchio sistema e chiedere un governo di esperti imparziali senza affiliazione alle parti al potere per affrontare i problemi economici e la grave crisi di liquidità. Il sistema politico libanese divide il potere sulla falsariga dei principali gruppi religiosi del paese che, secondo il movimento di protesta, rafforza la corruzione e arricchisce un piccolo gruppo di élite.

L’ultimo governo è caduto dopo le dimissioni del primo ministro Saad Hariri a novembre 2019 a seguito delle pressioni provenienti dalla strada, ma il parlamento è bloccato per la formazione di una nuova classe dirigente. Le persone sono esasperate e, secondo la Banca mondiale, la metà della popolazione rischia seriamente la povertà se la crisi politica non sarà presto risolta.