Il 2 dicembre scorso i leader di Cina e Russia (Xi Jinping e Vladimir Putin) hanno inaugurato il gasdotto “power of Siberia” che fornirà gas alla Cina con un percorso lungo 3000 chilometri.

Paesaggio siberiano – Foto Pixabay

La Cina è il maggiore utilizzatore di energia al mondo ed intende ridurre la sua dipendenza dal carbone grazie a un accordo trentennale di 38 miliardi di metri cubi annui.

Questo è il maggior progetto storico fra i due paesi e sarà seguito in breve tempo da un’altra pipeline siberiana. L’accordo non per nulla è stato definito “epocale” a Mosca e immaginiamo non diversamente a Pechino.

Le fonti di approvvigionamento si trovano a Kouytinskoye e Chayandiskoye e porteranno il loro gas verso Blagoveshchens, città russa sul fiume Amur, al confine russo-cinese. Come è noto la regione del Circondario Federale della Siberia ha infinite ricchezze energetiche e non solo.

Putin da tempo incoraggia lo sviluppo di una regione immensa, ma dove ancora tanto resta da fare per potenziarne la zona e le sue risorse e fortunatamente si trova di fianco, a Sud, il gigante economico cinese che ha bisogno delle fonti energetiche per sostenere la sua enorme economia. Per la Russia il cui export dipende molto dalle materie prime, ovvero il 65% delle esportazioni,  i nuovi sbocchi cinesi sono un grosso passo in avanti.

L’inaugurazione del progetto è un evento molto interessante, ma se non valutato sotto un profilo geostrategico, non sarebbe meritevole di una grande notizia. Non giustificherebbe la definizione di una “iniziativa globale” ed invece, come vedremo, lo è.

In primis conferma il nuovo alto livello di cooperazione raggiunto tra Russia e Cina. Due paesi che non hanno una storia serena. Ricordiamo che durante il periodo di Mao arrivarono a minacciarsi con lanci di bombe atomiche.

Come mai questa nuova amicizia? La risposta è “convenienza geostrategica” per entrambi. La Cina vuole un appoggio anche militare russo, se necessario. L’avversario comune è la presenza USA in Asia dove si profila uno scontro fra i due giganti, speriamo solo economico.

La Cina vuole diversificare le sue fonti energetiche per essere meno dipendente dal Medio Oriente. Non siamo più ai tempi “delle sette sorelle”, Ryad ha un filo diretto con gli USA e quindi è quella che detta i prezzi del petrolio, perlomeno per ora.

La nuova pipeline è nel giardino del vicino di casa. Per i russi è un successo che porta sviluppo in una zona enorme del suo territorio che arriva fino a Vladivostock, sul mar del Giappone. È una grande diversificazione dei suoi mercati di vendita e fortifica la sua alleanza con Pechino.

Alleanza alla quale è stata spinta dall’insipienza  politica americana, ma anche dai gravi errori politici di noi europei. Non dimentichiamo gli sforzi di Putin per ricercare una vicinanza con l’Unione Europea ed addirittura la partecipazione alla Nato. Forse, per mia ignoranza, questo importante successo russo-cinese mi è sembrato poco commentato a casa nostra ed è un peccato perché è così emblematico di come il mondo vada avanti, malgrado la nostra indifferenza.

 Questi grandi cambiamenti, guarda caso, avvengono in Asia dove a passi da gigante si sta muovendo l’economia ed il centro mondiale della finanza e della politica. Come scrive Niall Ferguson, la mediana dell’economia cade già sul Kazakistan e tra pochi decenni Cina e India saranno da sole il 50% dell’economia mondiale.

Di fronte alla nostra vita soddisfatta, in Asia orientale ci sono tutti gli ingredienti per crescere, svilupparsi. A ciò contribuisce soprattutto il pensiero confuciano che abbraccia il mondo cinese (Taiwan, Corea, Giappone, etc.)

Più pragmatismo, l’importanza dell’etica sociale, dinamismo, voglia di fare. In sostanza, l’asse Cina-Russia (che si basa su “trasparenza e rispetto reciproco”)  si profila come una forza geopolitica che avrà un forte peso sul futuro dell’Asia, restringendo sostanzialmente l’attuale forte influenza americana.

Allo  stesso tempo si fa avanti una Russia sempre più integrata con i mercati dell’Asia Orientale.

Vittorio Volpi