Secondo lo storico romano di età augustea (imperiale), Tito Livio, il primo re, fondatore di Roma, Romolo, figlio della vestale Re Silva e del dio Marte (Tito Livio non si fa scrupoli ad ipotizzare anche uno stupro), fratello (e fraticida) di Remo, alla fine della sua lunga e battagliera vita, viene assurto in cielo. Ma, proprio come Cristo, prima di ascendere in cielo, parlando a un quirita sostiene che Roma avrà eterna potenza e la sua forza si estenderà sul mondo intero. Potremmo asserire che la profezia si sia avverata grandemente.

Una equipe di archeologi ha scoperto ieri, 17 febbraio 2020, un sepolcro ipogeo (sotterraneo) a pochi metri dal lapis niger, ovvero la pietra con le iscrizioni (ad oggi mai decifrate) in alfabeto latino arcaico (protolatino) oggi custodita al Museo Nazionale Romano (Roma Termini).

Potrebbe chiaramente essere una qualsiasi tomba ipogea, ma la datazione al VI secolo a C, coincidente all’incirca con la datazione che gli annalisti e gli storici quali Livio fecero dei primi re, (la Repubblica sarebbe sorta infatti nel 509 a C), esso coincide cronologicamente, con i tempi di Romolo e la monarchia che trasformò, gradualmente quella città di contadini nella più grande potenza che la storia abbia mai conosciuto, poiché, come scrisse Elio Aristide, Roma fece delle sue mura i confini della natura stessa.