“Due sole cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana. Ma sull’universo ho ancora dei dubbi” (Albert Einstein)

Bell’articolo di Iris, e bella, traboccante e sana la sua indignazione.

* * *

Giudizio universale, Cappella Sistina (particolare) – da Wikimedia commons

La notizia è di pochi giorni fa e non può certo lasciare indifferenti anche chi non segue assiduamente i dibattiti accademici sulla storia dell’arte. La blasonata università statunitense di Yale, considerata una delle più prestigiose del paese, ha deciso di interrompere il famoso corso introduttivo di storia dell’arte, dedicato al periodo che va dal Rinascimento ad oggi, poiché il suo contenuto rappresenterebbe una visione troppo parziale, occidentale – ossia europea – e maschile dell’arte mondiale. Di fronte a simili giustificazioni, che nulla hanno a che fare con la storia dell’arte e riprese ampiamente anche dalla stampa della vicina penisola, culla del Rinascimento artistico, ho voluto verificare l’origine di tale allarmante decisione e la sorpresa è stata ancora più negativa della notizia diffusa dai mass media.

Argomenti preoccupanti

Lo scorso 24 gennaio, è infatti apparso sul più vecchio quotidiano universitario degli Stati Uniti, lo “Yale Daily News” (a firma di Margaret Hedeman & Matt Kristoffersen e facilmente reperibile su internet), un lungo articolo nel quale vengono spiegati i motivi di questa cancellazione, che sono, senz’ombra di dubbio, assai pesanti e, a parer mio, molto preoccupanti.

Fra le affermazioni dei responsabili del dipartimento di storia dell’arte, nell’articolo viene anche riportato che “Questo cambiamento è l’ultima risposta allo sconforto creato agli studenti dall’idealizzazione del canone occidentale…, un prodotto di artisti nella maggioranza dei casi bianchi, eterosessuali, europei e maschi”. Di che essere davvero allibiti di fronte a simili giustificazioni, che sembrerebbero andare incontro a delle richieste (non si sa bene in quale misura) degli studenti.

Guerra ideologica

Si tratta indubbiamente di una guerra ideologica inclusivista, attraverso la quale si vuol far passare per fondanti e uguali – anzi, egualitarie – realtà artistiche diverse e differenziate, la cui ripercussione sullo sviluppo culturale e artistico mondiale, in un determinato arco temporale e storico, non ha avuto lo stesso peso e lo stesso impatto.

Perché mai, in nome di un inclusivismo arbitrario, si vuole relegare e relativizzare il Rinascimento e altri movimenti artistici e culturali degli ultimi secoli che hanno contribuito alla civilizzazione di un’importante parte della società e del mondo intero?

Si sta indubbiamente facendo un uso strumentale e pericolosamente ideologico della storia, culturale ed artistica, a fini politici molto chiari. In nome di questa ideologia inclusivista, globalista e politicamente corretta si stanno commettendo grossi danni e gli Stati Uniti stanno facendo da apripista a scenari non edificanti. Per la verità, non sono i soli, visto che, oltre ad alcune importanti università dell’Unione, anche altri noti istituti occidentali, nel Regno Unito per esempio, hanno deciso di eliminare o di relativizzare lo studio dei classici greci e latini. Lo sottolineava ancora l’altro ieri, venerdì 21 febbraio, sul quotidiano “il Foglio”, Giulio Meotti, rammentando come cinque anni fa il comitato che vigila sul multiculturalismo della Columbia University di New York chiese di introdurre un avvertimento (un “trigger warning”) nella lettura delle Metamorfosi di Ovidio, perché il testo “contiene materiale offensivo e violento che marginalizza le identità degli studenti nella classe”.

Pensiero unico al potere

Insomma, qui oltre all’ignoranza al potere, stanno mettendo anche il pensiero unico al potere, con tutte le drammatiche conseguenze del caso. Mandate in pensione le lezioni introduttive sul Rinascimento, in nome di un becero globalismo culturale e politico, a Yale hanno pensato bene di sostituirle con corsi il cui nome non lascia ben sperare. Nonostante quelli sul Rinascimento abbiano nel frattempo avuto un numero record di sottoscrizioni (vi sono state ben 400 iscrizioni, su un totale disponibile di 300 posti) per il prossimo anno accademico sono infatti previsti corsi come “Arte e politica” (un nome, una garanzia), “Global craft”, “La via della seta” e “Luoghi sacri”.

Tabula rasa della storia

L’università di Yale, non è certo nuova a queste sortite, considerato che già nel 2017 tentò di “decolonizzare” (un verbo da brivido) i corsi di letteratura inglese.

E che dire di quanto successo solo alcuni anni fa, quando i signori di un movimento alimentato dai soliti intellettuali di regime (che ormai da decenni dominano il panorama culturale e massmediatico nazionale e non solo) e volto a distruggere la memoria storica e i simboli legati a Cristoforo Colombo, reo di essere anch’esso un “infame” colonizzatore, hanno promosso negli Stati Uniti l’abolizione delle ricorrenze e le feste legate al grande navigatore, nonché la distruzione delle statue in suo onore?

Roba da matti! Se questa impostazione e questo approccio dovessero fare breccia anche in Europa, qualche “sciagurato” potrebbe chiedere di distruggere tutte le statue in memoria dei regnanti del passato (molti dei quali conquistatori) e anche alcune dedicate a certi Santi. Oltre all’uso strumentale della storia, si sta facendo tabula rasa della storia stessa. Un bruttissimo segnale.

IRIS CANONICA