Il 2 marzo Bertoli non ha chiuso le scuole. Ha fatto bene? Interrogato, rispondo, ma mi affretto a dichiarare che la risposta non c’è. Intendo dire che ci sono soltanto risposte opinabili. Il Ticino è di fronte al Coronavirus. Far finta di niente sarebbe cinico e indifendibile. Ma anche prendere (spinti dal panico) decisioni draconiane e apocalittiche, sarebbe rovinoso, poiché il panico è il peggior consigliere possibile. Si tenga presente che l’autorità tenderà in generale a prendere provvedimenti “pesanti” per una ragione molto semplice: se facesse di meno e capitasse un guaio, verrebbe messa in croce senza pietà. Sinora la nostra autorità si è mossa con calma e moderazione.

Una vera soluzione, lo ripeto, non c’è, ma uno spiraglio ce lo offre la parola “proporzionalità”. Il che significa concretamente che occorre monitorare l’evolversi dell’epidemia e prendere misure crescenti o decrescenti, secondo il livello di gravità osservato. Ma anche questo approccio può essere criticato, così: “avete aspettato troppo e il virus si è diffuso nel territorio!”

Torniamo a bomba. Chiudere le nostre scuole? Per una volta (non capita spesso) do ragione a Bertoli: no. La situazione nel Ticino obiettivamente non è così grave. Per di più i bambini e i ragazzi – fuori dalle aule – saranno veramente al sicuro? Metterei infine in evidenza il seguente aspetto, positivo: i docenti potranno istruire gli allievi e indirizzarli verso un comportamento disciplinato e corretto.

Francesco De Maria, opinione pubblicata sul Mattino odierno