Per la prima volta dopo parecchi anni la disfida comunale a Lugano non si riduce al trito “derby” tra Lega e PLR. È tempo di prestare attenzione alla Sinistra (le “angurie”, come affettuosamente le chiamiamo).

Aurelio Sargenti ha diretto Lugano 2, che non è mai stata la mia sede di servizio. Ero un docente del cosiddetto “Liceo rosso” ma negli anni Novanta ebbi alcune classi a Canobbio. Ricordo come alunni Marco Chiesa Lorenzo Quadri (che alcuni miei studenti facciano carriera in politica è probabilmente un caso, ma anche Paolo Beltraminelli era andato lontano). Il mio direttore a Lugano 2 era Gerardo Rigozzi, esponente di spicco del PLR.

Direi bella la prestazione di Sargenti: fresca, diretta, non ingessata. Bisogna che mi dia un po’ più da fare con la sinistra, hanno delle potenzialità.

Come dite? Io sono di destra, e spero che vinca la destra. Un’intervista di Francesco De Maria.

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Francesco De Maria  Lei non si sente un po’ troppo anziano per questo genere di competizioni? Che cosa pensa della candidatura di Fulvio Pelli?

Aurelio Sargenti  Anziano a 65 anni? Rispetto ai candidati alla Presidenza degli Stati Uniti 2020, come l’ex vicepresidente Joe Biden o Bernie Sanders, sono un giovanotto. A parte gli scherzi a 65 anni non si è anziani, ma più saggi. E si sa quanto conti l’esperienza in politica, così come la fantasia, il coraggio e l’energia dei giovani.

La candidatura di Fulvio Pelli avrebbe avuto più senso per il Municipio, dove (stando ai sondaggisti) i liberali rischiano qualcosa. Mentre ha poco senso nel Consiglio comunale, dove i liberali hanno ben 18 consiglieri (10 in più di noi socialisti). L’esperienza di Pelli può essere molto utile al partito liberale anche fuori dal CC.

Ci parli del Liceo di Lugano 2, che lei ha diretto per alcuni anni, fino alla pensione.

Mi fa piacere questa domanda: quanto tempo ho? Potrei parlarne per ore; qui mi limito a dire che il Liceo di Lugano 2 (il LiLu2), e lo dico senza modestia, è  –  come tutte le nostre scuole medie superiori – un ottimo istituto e, negli ultimi anni, anche un centro culturale aperto al comprensorio dal quale provengono gli studenti. In otto anni siamo riusciti a collocare il “nostro” liceo all’interno delle molte offerte culturali con un suo profilo preciso. Abbiamo ospitato più di 120 relatori. È essenziale che il Liceo Lugano 2 continui a essere un luogo di cultura e non solo un’agenzia formativa dispensatrice di diplomi e di parole d’ordine verso un futuro professionale ben definito e possibilmente ben remunerato. Un luogo (cito il filosofo francese Michel Smadja) dove si impari a ‘diventare un cittadino’, cioè un essere umano che non vuole agire solo per il proprio interesse, ma che vuole elevarsi al di sopra dell’immediatezza e mirare al bene comune. Tutto ciò è stato possibile grazie ai miei colleghi del Consiglio di Direzione e ai docenti, senza dimenticare i molti studenti che hanno animato il Comitato Studenti, le giornate autogestite, le giornate organizzate da Amnesty International LiLu2: ragazzi fantastici, come ho avuto modo dire nella mia intervista rilasciata a «La Regione» (21 giugno 2019). Quarant’anni di insegnamento a contatto diretto con i giovani, di cui gli ultimi otto da direttore, sono stati una bellissima opportunità.

Oggi nel turbine del Virus è il momento di chiudere le scuole? Lei chiuderebbe Lugano 2 ? Se no, perché?

La chiusura della scuola, cioè del luogo in cui si educa e si fa cultura, è l’ultima ratio, come ha detto bene il preside del Liceo Volta di Milano (si legga la lettera ai suoi studenti da me pubblicata su facebook). È qualcosa cui le autorità ricorrono in casi rari e veramente eccezionali. Non sta a me dire se è questo il momento giusto (forse mentre rispondo alle sue domande le scuole sono già chiuse), non sono un esperto né fingo di esserlo, rispetto e mi fido delle autorità. La velocità con cui una malattia può spostarsi da un capo all’altro del mondo è incredibile; non esistono frontiere che le possano fermare. Uno dei rischi più grandi in vicende del genere, ce lo insegnano Boccaccio e Manzoni, è l’avvelenamento della vita sociale, dei rapporti umani, l’imbarbarimento del vivere civile. Speriamo di essere intelligenti e solidali per evitare tutto ciò.

Ho avuto come capi dipartimento, nell’ordine, Sadis padre, Speziali, Buffi e Gendotti. Dal 2011 il DECS è affidato a Manuele Bertoli. Paragoni i 9 anni di gestione socialista ai decenni di gestione liberale. Un altro mondo? Un’altra filosofia? Un’altra pratica?

Con Speziali, capo del DECS, ero un giovane docente, pieno di entusiasmo, di passione e di voglia di fare; sono cresciuto in esperienza con Buffi prima e Gendotti poi alla guida del DECS; nella maturità con Manuele Bertoli. Ogni paragone è sempre difficile perché i tempi cambiano, come le situazioni politiche (è più forte Messi o Pelè?  Federer o Sampras?). Ricordo che con Speziali capo del DECS nel 1974 gli studenti hanno occupato il Liceo Cattaneo di Lugano e il Liceo Economico Sociale di Bellinzona (io ero tra questi ultimi studenti occupanti)  

[avrei potuto correggere questo errore ma, maliziosamente, lo lascio. Capo del dipartimento era in quell’anno Ugo Sadis. Al Liceo cantonale scoppiò una specie di “Sessantotto ritardato”. I ragazzi si ribellarono e il rettore Regli fu costretto a chiamare la polizia. Non sapendo più che cosa fare Regli si dimise. Ugo Sadis, uomo accorto e pragmatico, si accordò con i docenti di sinistra, una presenza forte e incisiva nell’istituto, e vi venne instaurata la cosiddetta “direzione collegiale” che durò sino al 1990];

con Buffi è nata l’Università, dopo il naufragio del CUSI. Manuele Bertoli ha preso le redini di un dipartimento che da decenni è sempre stato nelle mani dei liberali: una bella e rivoluzionaria novità, non facile da digerire, per cui erano molti i cacciatori (e lo sono ancora oggi) appostati dietro la siepe pronti a sparare! Bertoli in questi anni avrebbe potuto semplicemente amministrare, correndo così pochi rischi politici. Invece ha voluto giustamente fare politica, per esempio introdurre delle modifiche che a lui sembravano utili per migliorare la scuola dell’obbligo. Qualche errore l’ha certamente fatto; penso a come i suoi funzionari hanno avviato il progetto “La scuola che verrà” o, parlando sempre di funzionari, ai mal di pancia e alle tensioni che si riscontrano in questi ultimi anni tra gli operatori culturali e tra gli intellettuali del nostro Paese dovuti a una direzione quasi mai autorevole della Divisione cultura. I liberali, ma non solo loro, non hanno ancora accettato un direttore socialista del DECS per cui si sono adoperati e si adoperano a rendergli la vita difficile: per esempio non gli hanno permesso la sperimentazione in poche scuole medie del progetto “La scuola che verrà”: mai successo prima!  Infine aggiungo che il DECS è senz’altro un dipartimento difficile da dirigere: avendo frequentato la scuola dell’obbligo, tutti si ritengono degli esperti della educazione. Anche se Bertoli potrebbe far meglio, non tanto nelle idee, nei concetti politici, ma nel modo di portarli avanti, di gestirli.

La Scuola che verrà è stata un buco nell’acqua. Ho fatto campagna contro (pur senza mettermi nel Comitato referendista) e Ticinolive ha pubblicato l’intervista decisiva (mia) con il professor Zambelloni (più di 15.000 letture, un risultato eccezionale per un piccolo portale di nicchia). Dove ha sbagliato Bertoli? Perché la sua rielezione non è stata minimamente compromessa?

Credo di aver appena risposto. Gli errori si sono fatti nel modo di procedere con “La scuola che verrà”, un progetto pensato da pedagogisti con poca o nessuna esperienza diretta della scuola (anche se poi si sono cercati e trovati dei buoni correttivi). Perché la sua rielezione non è stata minimamente compromessa? Perché il Partito socialista non parte né finisce con Manuele Bertoli! Chi ha votato per lui l’ha fatto perché crede che i socialisti debbano essere presenti nel Consiglio di Stato. E Bertoli, al di là degli errori commessi in relazione a questo progetto, ha dimostrato in otto anni di essere all’altezza del suo compito e di aver fatto meno errori dei sui colleghi.

Veniamo ora all’essenziale, cioè all’elezione comunale. Tutti strillano “la sinistra raddoppia in municipio!” ma il dato del 2016 recita 16,7 %, molto lontano dal doppio seggio. Ci vuole un aumento spettacolare! I RossoVerdi si sentono in grado di produrlo?

Lei si sbaglia: gli elettori non strillano, ma invocano il raddoppio per cui il 5 aprile avremo due municipali rosso-verdi a Lugano. Certo il coronavirus non aiuta e rende più incerto per noi il raddoppio. Questo periodo così difficile, stravolto da un nemico invisibile come può essere un virus, favorisce i partiti che parlano alla pancia dell’elettore e non alla testa, cioè la Lega. Ma io ho fiducia, una fiducia riposta nei risultati avuti nelle ultime votazioni federali .

Qualora la lista unica avesse un solo eletto, Schönenberger potrebbe insidiare Zanini Barzaghi?

Non credo. Nicola Schönenberger è un bravo politico e ha tutte le capacità per essere un ottimo municipale; Cristina Zanini Barzaghi è stata 8 anni in municipio e ha fatto bene: merita di andare avanti per il terzo e ultimo mandato.

Un sottile ed attento analista politico, Alessio Moretti di Ticino Today, ha perorato la causa di Simona Buri, poi esclusa dalla lista, asserendo provocatoriamente “non la vogliono perché è troppo forte”. Che ne pensa?

Alessio Moretti è un analista politico non sempre sottile né attento. Non era presente all’Assemblea dei socialisti che ha escluso Simona Buri dalla lista per il Municipio per cui non ha potuto sentire le ragioni e infatti il suo resoconto era pieno di errori. Credo così di aver ben risposto alla sua domanda.

Il PLR ha la possibilità di vincere l’elezione per il Municipio a Lugano? Qual è la sua opinione sulla rinuncia del Vicesindaco liberale? Quanto potrà incidere sul risultato del partito?

Non credo che il PLR possa vincere le elezioni; anzi dovrà stare attento a non perdere uno dei due municipali. La perdita del vicesindaco Bertini è stato per il partito liberale un autogol subito nei tempi supplementari (c’era tempo per fare meglio).

Lugano è una città in crisi? Una città avviata alla decadenza?

No, Lugano non è una città in crisi, ma una città che sonnecchia per non dire che dorme! E i municipali stanno bene attenti a non svegliarla, purtroppo!

Non c’è scampo per i commercianti del centro? In che modo aiutarli? È mai passato attraverso il Quartiere Maghetti?

Fino a quando il centro rimarrà disabitato i commercianti saranno penalizzati. Occorre pedonalizzare il centro e riportarvi le famiglie (trasformando gli edifici che ospitano uffici in appartamenti). È stato un errore anche portare a Cornaredo le sale cinematografiche mantenendo in centro il Casinò: occorreva fare esattamente il contrario. Il Quartiere Maghetti è nato male!

Perché i Molinari hanno diritto di rimanere al Macello?

Perché è da più di 20 anni che occupano quel posto presentando attività culturali alternative a quelle proposte dalla città e per tutti. Del resto anche il rettore dell’USI, Boas Erez, membro della giuria che dovrà scegliere il progetto per il nuovo Molino, ha dichiarato pubblicamente che l’autogestione (che occupa un terzo dell’intera area) può convivere benissimo con tutte le attività che si vorranno proporre in futuro in quel posto.

Il denaro delle banche è stato spesso denaro “del diavolo” ma ha dato molto a Lugano e al Ticino. Un uomo importante (che non posso citare per nome) mi ha detto una volta, socchiudendo gli occhi “quegli anni d’oro non torneranno mai più…”. E adesso?

Credo anch’io che gli anni d’oro non torneranno. Faremo ciò che sarà possibile fare per il bene dei nostri cittadini, con oculatezza, intelligenza, sensibilità, senso di responsabilità e solidarietà nei confronti dei meno fortunati … senza scomodare il diavolo.

L’aeroporto di Lugano, ormai privo di tutti i voli di linea, versa in uno stato precario, che alcuni giudicano senza speranza. Molte personalità ed esponenti politici tuttavia lo sostengono, con dichiarazioni sincere o di facciata. Il loro punto debole (a mio avviso) è che non vanno oltre l’Atto di fede (che sul versante leghista diviene totale ed esorbitante). Se le dicessero “i RossoVerdi vogliono una Lugano di serie B”, quale sarebbe la sua risposta?

A proposito dell’aeroporto lei ha già risposto alla sua domanda. Lugano non sarà una città di serie B solo perché non ha un aeroporto; Lugano sarà una città di serie B se non risolverà il problema del traffico, se non promuoverà una buona rete di piste ciclabili, la pedonalizzazione del centro, le abitazioni popolari; se non saprà proporre appartamenti per famiglie in centro. Inoltre, invece di inventarsi di tanto in tanto nuovi progetti, come le isole nel golfo e le spiagge immaginifiche, si cerchi almeno di realizzare in un lasso di tempo accettabile il polo sportivo e il centro congressuale. E si salvaguardi il verde in città.

Tobiolo Gianella ha dichiarato a Ticinolive: “l’aeroporto era salvo! Ma sono arrivati i referendisti e ne hanno minato la salvezza”. Questo è il punto: i milioni e il Cantone (aumento della quota al 40%) sono la salvezza?

Ricordo Tobiolo Gianella come un bravo e diligente allievo. Vedo che in questa occasione ha un po’ “sbroccato” (come lui stesso avrebbe detto ai tempi del liceo). Le rispondo così: ‘’l’operazione è riuscita, ma il paziente è morto”.

Esattamente 7 anni fa il Grande capo della Lega moriva repentinamente e, morendo, conquistava Lugano. Diamo un voto ai 7 anni di governo leghista della nostra Città.

Una bella insufficienza (raramente ho dato un voto sotto il 3 ai miei studenti). La Lega, partito di maggioranza relativa, si è limitata alla gestione corrente! E per restare in ambito culturale ed educativo ricordo l’opposizione che i municipali leghisti fecero al  LAC, un centro culturale di prestigio, che loro continuano a chiamare spregiativamente  GuttaLac.  Certo, come recita lo slogan azzeccatissimo dei cartelloni elettorali del sindaco, la Lega è sempre “presente”: sia al governo che all’opposizione. Per loro l’elettore non ha testa, ma solo pancia da nutrire di domenica con falsità e demagogia.

C’è magari una domanda magnifica che (senza volere, senza malizia) non le ho fatto? Se la faccia lei! (e risponda…)

Ce ne sarebbero molte, ma la pazienza di chi ci legge si è esaurita. Per cui chiudiamo qui prima di diventare degli importuni. La ringrazio per l’intervista.

Esclusiva di Ticinolive