Alessio Zanichelli, anch’egli poeta, sta lavorando a una tesi di master sulla poetica di suo nonno Attilio, famoso poeta di Parma

Alessio Zanichelli sta conseguendo una tesi di Master all’Università della Svizzera Italiana su suo nonno Attilio, famoso poeta parmigiano. Oggi racconta così a Ticinolive.ch, le sue poesie, la poetica del nonno  poeta Zanichelli e i suoi progetti.

Dott. Zanichelli l’iniziativa #iostoacasaequestaseravileggounapoesia della poetessa Emanuela Rizzo, da Parma sta avendo vastissima diffusione. Ce la può raccontare?

Non sono un dottore! Sto terminando un Master universitario, ma non credo di proseguire con un dottorato. L’iniziativa di Emanuela Rizzo è nata in seno a un piccolo gruppo di poeti che spesso frequento quando vado a Parma, tra i quali la stessa Emanuela. È iniziata per sopperire alla mancanza fisica e senza rinunciare alla lettura a voce della poesia; si tratta di un’attività che amiamo organizzare di solito dal vivo, ma in questa situazione di emergenza sanitaria Facebook ha ricoperto un ruolo strategico per coprire la distanza geografica. In un secondo momento, abbiamo ricevuto molti apprezzamenti da persone amanti della poesia o semplici curiosi appassionati di scrittura. Per questo motivo, abbiamo creato una pagina dedicata all’iniziativa per tutte le persone che desiderano condividere una loro lettura a voce e che, in sostanza, manifestano spontaneamente la passione per la pratica di lettura condivisa. Ogni giorno, sempre più persone aderiscono e dimostrano piacere nella lettura di testi di poesia o di altra ispirazione letteraria. Questa iniziativa ha collaborato anche con l’editore Quaderni del Bardo Edizioni, il cui direttore Stefano Donno ha messo a disposizione la sua piattaforma Youtube per il caricamento delle videoletture, previa richiesta degli autori, postate inizialmente con l’hashtag della nostra iniziativa. Siamo molto contenti per questo entusiasmo partecipativo; abbiamo avuto il piacere di ospitare anche delle letture di disabili cognitivi opportunamente accompagnati da educatori della cooperativa sociale “Casa Gioia” di Reggio Emilia, un centro per il sostegno delle persone affette da autismo e ritardo nello sviluppo psicomotorio.

Com’è che, grazie a lei, si è diffusa anche a Lugano?

Articolo d’Archivio sul Poeta Attilio Zanichelli e Franco Fortini

In realtà è accaduto seguendo semplicemente la rete delle amicizie a me più vicine (e non soltanto virtuali!). Ho invitato con il passaparola alcuni amici o compagni di studio svizzeri. Mi sono accorto che anche in Ticino esistono iniziative simili alla nostra, le quali si avvalgono degli stessi strumenti. Ma il messaggio di solidarietà è la costante in questo momento, ovunque ci si trovi: il fatto che io abbia aderito inizialmente a una iniziativa nata a Parma in un cenacolo di poeti amici è stato immediatamente notato anche dagli amici ticinesi che mi seguono sul social. Dunque, il messaggio è stato naturalmente recepito e ho visto che qualcuno ha aderito anche dal Ticino, vincendo l’iniziale timidezza a esporsi in video-lettura. Si tratta per lo più di studenti sparsi non soltanto nel distretto luganese.

Lei è il nipote del famoso poeta parmigiano Attilio Zanichelli. (1931 – 1994). È vero che sta lavorando a una tesi sulla poetica di Suo nonno?

Attilio Zanichelli fu mio nonno e sono orgoglioso che sino a oggi è stato spesso commemorato assieme a molti altri poeti della città di Parma. Attualmente, sto lavorando a questa tesi di master USI (Università della Svizzera Italiana), sulla poetica di mio nonno, presso l’ISI (Istituto di Studi di Italianistica) afferente all’università. Sono molto fortunato, perché ho il privilegio di avere quale relatore il professor Fabio Pusterla e come correlatrice la prof.ssa Antonella Anedda, entrambi poeti molto famosi sia in Svizzera che in Italia, oltre che personalità accademiche (nel caso di Pusterla anche insegnante presso il liceo 1 di Lugano). L’idea di lavorare sulla poetica di mio nonno è nata proprio durante una lezione di Letterature regionali e tradizioni europee, tenuta dal prof. Pusterla.

Poeta sociale, per alcuni critici autore di una poesia “arrabbiata”, ma anche, per certi versi, esistenziale. Lei come definirebbe stilisticamente le Poesie di Suo nonno Attilio?

Foto di Archivio di un Articolo sul Poeta Attilio Zanichelli

È senza dubbio una poesia che attecchisce nelle figure mitopoietiche del territorio parmense e lo fa in modo molto singolare e sulle suggestioni dell’esistenzialismo, in realtà poco comune tra i poeti parmensi. Potrei definire in poche parole l’evoluzione dei suoi stilemi con la metaforica fluviale, ripresa anche dal critico Paolo Lagazzi nel volume Officina parmigiana in una recensione per l’opera più rappresentativa della prima stagione poetica di mio nonno, Giù fino al cielo, edito per Guanda nel 1973 e con la prefazione di Attilio Bertolucci. Attraverso la figura violenta di un fiume in piena – e in antitesi con il contesto politicamente coevo e problematico della fabbrica operaia – si può individuare nella versificazione torrenziale del nonno il senso di questa iniziale “arrabbiatura”. Questa modalità di scrittura è durata fino al fatidico incontro con Franco Fortini che segnò notevolmente la seconda stagione poetica del nonno, trasmettendogli duri insegnamenti sui significati più nobili di una scrittura veramente impegnata socio-politicamente, attraverso appunto un prosciugamento a partire dalle sponde sintattiche del verso ribelle e arrabbiato, smussandone gli spigoli e orientando in modo più chiaro il messaggio ideologico insito nella sua poesia. Il nonno trovò in Franco Fortini un importante mecenate, pubblicando per Einaudi Una cosa sublime, ma anche collaborando a diverse antologie e riviste letterarie, ad esempio “Nuovi Poeti Italaini”, in un’edizione dell’1980 cui collaborarono anche Natalia Ginzburg e altri importanti scrittori, o “Nuovi Argomenti” che in quel momento era coordinata non soltanto da Fortini, ma anche da Pasolini e Moravia. A ogni modo, diciamo che il ruolo di “poeta sociale” come ha suggerito qualcuno è nato da una lenta e progressiva evoluzione per la scrittura di mio nonno, chiamato spesso dalla critica anche “poeta-operaio”: il messaggio era fortemente imperniano nel riscatto sociale della classe operaia ai tempi dell’inesausta routine fordista nelle fabbriche italiane. Mai comunque il nonno immolò la poesia alle ideologie partitiche, che lo volevano definitivamente ridotto nell’angusta etichetta, anzi… in realtà mio nonno non rinunciò mia alla sperimentazione linguistica e in questo forse marinando ironicamente qualche lezione di Fortini… Tuttavia lo fece senza mai rinunciare comunque allo studio, anche filosofico, sul ruolo impegnato della letteratura. Nel mio lavoro di tesi, senza anticipare troppo gli sviluppi, sto ribaltando un po’ l’etichetta di “poeta-operaio” che limita al mero dato biografico la valenza invece universale del linguaggio poetico! Ho già iniziato a discutere con un bravo ricercatore di Bologna, Stefano Colangelo, che si occupa del binomio “Poesia e Fabbrica” proprio in quel contesto coevo al nonno, trovando validi incoraggiamenti a non limitare la lettura del nonno all’ideologia di quel particolare momento della storia politica italiana.

Cosa le ha trasmesso la poetica di Suo nonno?

Mi ha trasmesso ulteriore passione e amore per la poesia e la letteratura, naturalmente. Ma per me si tratta anche di un viaggio alla riscoperta delle mie radici emiliane, essendo andato più volte a Parma per consultare gli archivi di famiglia presso la casa della nonna, Italina Leonelli, vedova del poeta.

Per il poeta dovesi fonda la poetica? Nell’esperienza e nei gesti compiuti o nell’animo e nei gesti incompiuti?

Ho già anticipato alcuni elementi per rispondere a questa domanda quando ho parlato del binomio “Poesia e Fabbrica in poesia”, ma anche per quanto riguarda il primo incontro con il topos poetico del luogo fluviale. Si tratta evidentemente di una complessa dialettica che non può escludere i due poli da cui si dipanano le diverse esperienze di operaio e di poeta. Sono persuaso che la poesia colga una sua peculiare sintassi figurale, nel caso di mio nonno, al fine di avviare un complesso processo di trasfigurazione delle esperienze reali per riconfigurarle in un nuovo codice allegorico, frutto appunto della mitopoiesi. Si deve anche aprire lo sguardo alla ricerca, oltrepassando l’àut-àut di rigide collocazioni coeve, ad esempio la Neoavanguardia e il Neorealismo. È chiaro che con l’influenza più prossima di Fortini non possono più funzionare queste categorie assemblative.

Poeticamente, preferisce la poesia del vissuto o delle emozioni inconfessate? Ovvero, come avrebbe detto Pasolini, “l’aver amato” o ”l’amare”?

Non capisco bene la sua domanda, senza precisi elementi per inquadrarla nella mole di studi ad indirizzo pasoliniano. Penso che entrambi gli approcci non possano veramente escludersi a vicenda e quindi si tratti di un falso problema. Se pensiamo alla prima poetica pasoliniana della sua amata Casarsa emerge quasi una dimensione metafisica, embrionale del suo soggetto narcissico e astorico, ma anche uno sguardo fortemente imperniato nelle suggestioni dialettali e mitiche; mentre le opere più tarde come Transumanar e organizzar vedono nel valore conoscitivo quel che forse lei ha voluto suggerirmi ricordando qualche verso di qualche poesia in questa complessa opera.

Avendo origini italiane, come si rapporta alla poetica italo-ticinese? ci sono punti di contatto tra poeti italiani e svizzeri che lei riscontra?

Certo. Rispondo con l’esempio del poeta ticinese che amo di più, Giorgio Orelli. La sua importante figura è stata da Contini inizialmente inquadrata nella “linea lombarda”, la stessa che la critica ha spesso suggerito anche per le poesie contemporanee di Fabio Pusterla, il quale fu tra l’altro un discepolo molto vicino a Orelli. Inoltre, la vicinanza geolinguistica abbraccia un circuito italo-svizzero sempre vicino nelle sue genealogie storico-linguistiche, nonostante le particolarità più calde e radicate della poesia dialettale, forse lo specchio più vicino allo spirito dei singoli Genius loci.

Ora, al tempo della pandemia, come può agire la poesia?

“Al tempo del Coronavirus” la poesia manda un messaggio di speranza e un invito alla riflessione. Un invito all’emozione senza rinunciare al lucido distacco critico: raccoglimento, espressione creativa per mezzo della lingua e della voce, ma anche rivalutazione del quotidiano e delle scelte di sistema-vita che fin qui ci hanno accompagnato. Come nell’iniziativa di cui ho parlato, si tratta di un gesto di gratuità che rafforza i legami sociali, nonostante la lontananza fisica, riscoprendo il potere senza frontiere della solidarietà e dell’emotività umana davanti alle difficoltà esistenziali. In questo senso, sto riscoprendo anche il valore di un percorso di studi umanistici, nella sua valenza più pratica e civile.

Intervista a cura di Chantal Fantuzzi