di Friedrich Magnani

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Alla fine è arrivato. Il Decreto Liquidità del Premier Conte, sembra aver accolto anche l’appello di 202 nomi del Paese che produce, oltre ai rappresentanti di Confcommercio, Confagricoltura e Confimprese. Esso garantirà 400 miliardi di euro alle imprese che si indebiteranno. Bisognerà poi vedere, se a correre più veloce, sarà il virus o la burocrazia.

In questo modo, l’Italia, si allinea, alla corposità degli aiuti, stanziati dagli altri Paesi Europei, per le proprie economie (i 550 miliardi della Germania e i 300 della Francia). Certo, sono lontani i tempi del Whatever it takes di Mario Draghi, ma la Banca Centrale Europea, malgrado i primi tentennamenti e gli errori di comunicazione, ha rispolverato il bazooka di Draghi, con un nuovo Quantitative Easing, da 750 miliardi di euro. E si è detta pronta a fare di più, se necessario. “Tempi straordinari, richiedono azioni straordinarie” ha sentenziato Christine Lagarde, il 19 marzo scorso, esattamente, una settimana dopo, il giovedì nero delle borse (-17% del FtseMib e -12% dello S&P 500), con lo spread Btp-Bund, che si apprestava a varcare la soglia dei 300 punti base. Una fiammata in risposta a quella famosa gaffe: “non siamo qui, per ridurre gli spreads”.

Ma la verità, come ha ricordato il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, è che i mercati, non avevano ben compreso, il pacchetto di misure della BCE. E il crollo delle borse è stato amplificato a dismisura, da fenomeni tecnici: algoritmi che hanno venduto azioni, reagendo all’incremento della volatilità.

Quindi, non fu una congiura contro l’Italia. La potenza di fuoco messa in atto dalla BCE, è considerevole. Questo acquisto massiccio di titoli governativi europei, permette almeno all’Italia, di non pagare inutili e gravosi interessi sul debito, soprattutto in questa fase di emergenza. Ma c’è un altro fronte, non meno importante, la sostenibilità del debito. E qui, c’è bisogno anche dello sforzo congiunto dei Paesi europei.

Le risposte dell’Eurogruppo, di martedì scorso, dopo una lunga nottata, non sono state incoraggianti. Secondo indiscrezioni del quotidiano francese, Le Figaro, la videoconferenza sembra essere terminata alle 8 del mattino, con varie alzate di voce, tra cui, quella del presidente dell’Eurogruppo, il portoghese Mario Centeno.

Il pacchetto di aiuti, su cui c’è già un accordo, si fonda su tre pilastri, Banca Europea degli Investimenti, Mes e Sace e raggiunge i 500 miliardi di euro, di cui 70, per l’Italia. Ma i Paesi in difficoltà, si aspettano un ammontare ben superiore, 1500 miliardi di euro. Una cifra che si avvicinerebbe a quella stanziata dagli Usa, 2000 miliardi di dollari, pari al 10% del pil.

Una cifra raggiungibile solo con l’aiuto del mercato, tramite l’acquisto di titoli di debito comuni, gli eurobond o i coronabond. E qui la strada si fa in salita, per la nota opposizione dell’ Olanda, alla bozza d’accordo franco-tedesca, su un nuovo fondo specifico, per l’emissione di queste obbligazioni.

L’emissione di titoli di debito comune, non sarebbe comunque immediata, anche nell’ipotesi che venga accettata. La Corte Costituzionale tedesca, ha già avvertito, che questa innovazione necessiterebbe dell’approvazione di almeno due terzi del Bundestag.

Ma quello che salta agli occhi, è il cambio di paradigma tedesco. Nel 2012, l’allora cancelliera Angela Merkel, sostenne che non avrebbe mai accettato l’emissione di eurobond, almeno, finché fosse rimasta in vita. Oggi, invece, sembra aver cambiato idea, anche se non lo può dire. E l’accordo franco-tedesco, ne è la testimonianza. Questo spiega la reazione di alcuni quotidiani conservatori tedeschi, come quella del Die Welt, di alcune ore fa, sull’operato della cancelliera.

Ma in questi giorni, l’opinione pubblica tedesca si è levata, quasi tutta, in favore dell’Italia. Sia lo Spiegel, che il Die Zeit, hanno ospitato sulle proprie pagine, appelli di economisti e politici tedeschi di spicco, sull’urgenza di non lasciare sola l’Italia. Chi l’avrebbe mai detto?

Per di più, una lettera aperta di sei economisti, dei più importanti centri di ricerca economica tedeschi e austriaci, apparsa sui principali quotidiani europei e riportato in inglese, sul NewStatesman, ha chiesto un emissione di eurobond pari a 1000 miliardi di euro, sulla falsa riga di quelli emessi dalla Comunità Economica Europea, ai tempi della crisi petrolifera del 1973.

Ad esser maliziosi, è anche vero che l’industria automobilistica tedesca vive delle forniture metalmeccaniche italiane, che rappresentano da sole, il 50% dell’export del Bel Paese, come ha ricordato alcuni giorni fa, il presidente di Federmeccanica, Alberto Dal Poz.

Ma l’impeto di generosità e prontezza, dimostrati in Germania, non ha precedenti. Non ce lo saremmo mai aspettati, dalla nota inelasticità teutonica. Forse, questa volta, la nota complicità franco-tedesca nell’Eurogruppo, ci sarà d’aiuto, non disperiamo.