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Vivendo di fatto in clausura, sono over 65 ed amando leggere, mi è capitato fra le mani l’ultimo volume della Storia d’Italia del grande giornalista e storico Indro Montanelli (con dedica): L’Italia dell’Ulivo.

Non posso dire di essere stato un amico di Indro, ma posso dire di avere avuto con lui un buon rapporto. Ebbene, rileggo di tanto in tanto la chiusura del libro, in particolare quando sono scoraggiato da ciò che succede nel “Bel Paese”. La chiusura è tristissima “ Per me non è più la mia Patria. È solo il rimpianto di una Patria”.

Ma cos’ha causato il suo rammarico? Lo dice lui stesso: “un conglomerato impegnato a discutere, con grandi parole, di grandi riforme a copertura di piccoli giochi di potere ed interesse”.

Capisco perfettamente le sue amare riflessioni quando osservo ciò che è successo nelle ultime settimane.

Cose che vanno al di là del bene e del male. Il problema di fondo è che il paese non sa esprimere il meglio dei suoi figli perché va detto, ce ne sono anche di quelli bravi! Potremmo fare un lungo elenco; ma il punto è che al vertice c’è troppa burocrazia, classe dirigente e politica di scarso livello. In altre parole, troppa fuffa, come si può facilmente osservare, a cominciare dal Primo Ministro.

Non si sa bene da dove arrivi. Spara delle balle incredibili ad esempio “il provvedimento più importante della storia dell’Italia repubblicana, ovvero il piano da 400 miliardi di Euro”. Ma che vergogna! Esiste al momento solo una garanzia statale per quelle poche imprese che riusciranno ad avere un affidamento e gli eventuali soldi li dovranno usare per pagare le tasse, bollette e personale. Alla fine consegneranno i libri in tribunale. Il “bimbo in collo” sarà per le banche e quindi pagheranno ancora i cittadini.

Ieri, altra perla inaccettabile di Conte. In televisione a reti unificate ha attaccato, acido, irato, i leaders dell’opposizione, i quali, stando ai sondaggi, conterebbero per quasi la metà dei voti.

Questo per quanto riguarda il Premier, ma vogliamo spendere due parole sul Ministro degli Esteri che passa il suo tempo all’aeroporto per ringraziare degli aiuti umanitari, quelli cinesi pagati a metà, come se fosse merito suo?

Forse non sa che durante le tragedie, terremoti etc è normale che si mandino aiuti? Io non lo critico perché vendeva bibite allo stadio, come fanno alcuni, quello non è un problema, anzi si potrebbe dire che ne ha fatta di strada.

Nel mio caso, avendo perso il padre in guerra, ho iniziato a lavorare all’età di 14 anni in una piccola banca come fattorino e penso di poter dire di aver avuto un’ottima carriera. Ma ho studiato di notte per 10 anni fino ad una laurea, presa a pieni voti con tanta umiltà e sacrifici. Questo personaggio invece sostiene che ha dato lui alla UE la soluzione su come gestire il Coronavirus…

Incredibile… Ormai non se ne può più. Non si va al voto nonostante tutti sappiano chi vincerebbe, resta invece il trionfo dell’ignoranza ed arroganza.

Che fare? Affinché molti non seguano le orme di Montanelli, cioè mettersi in un eremo, bisogna cambiare. Riconoscere la gente brava, onesta e capace.

Applicare la “meritocrazia” in tutto. Gli italiani non si meritano i leaders come quelli che ho citato. Bisogna cambiare!

Si parla spesso del tramonto del modello delle “democrazie liberali”; è una bugia. Come diceva Churchill “le democrazie sono il male minore dei sistemi”. Il modello meno peggiore nonostante tutto.

Il problema della crisi non è il modello, ma la qualità della gente che lo incarna, lo applica. Tutti criticano “la ricchezza delle Nazioni” di Adam Smith come l’emblema di un modello capitalistico fine a sé stesso, ma dimenticano, o non sanno, che accanto al suo capolavoro, Adam Smith scrisse anche “La teoria dei sentimenti morali” affinché si evitassero gli “sbandamenti” del “solo mercato”.

Per concludere nel caso Italia, ma vale anche altrove, è ora di cambiare registro: occorre urgentemente “meritocrazia”.

Scegliere i migliori che con amore abbiano dedizione per quello che fanno, con rispetto per il prossimo.

E, soprattutto, mandare a casa gli incapaci.

Vittorio Volpi