Tempo fa scrissi sul «Corriere del Ticino» (18 febbraio) un articolo elettorale intitolato «Elogio della competenza». Sottolineavo la rincorsa, da parte dei partiti politici che si preparavano ad allestire le liste per le elezioni comunali, al candidato «acchiappavoti» a scapito di altri dotati «soltanto» delle competenze specifiche richieste: quelle che sono lievito della politica e garanzia di buona amministrazione.

L’8 aprile scorso su «La Repubblica» Michele Serra, nella sua rubrica «L’amaca», esprime con acume e intelligenza che io non ho lo stesso concetto parlando di scienziati, medici, ricercatori ed epidemiologi. In particolare: «Fino a tre mesi fa se un imbecille […] si sentiva in grado di smentire un virologo che aveva studiato per tutta la vita, era soltanto un imbecille. Oggi lo stesso imbecille, qualora volesse insistere […] sarebbe da considerare anche un nemico pubblico. Ecco una cosa che è davvero cambiata, speriamo per sempre, con la pandemia […]: una travolgente domanda di competenze».

Né Michele Serra né chi scrive (toute proportion gardée) abbiamo inventato l’acqua calda: abbiamo solo richiamato ciò che si dovrebbe (e oggi con maggior ragione) fare: dare voce e spazio ai competenti in qualunque ambito essi operino; riconoscere con loro «la necessità dello studio e dell’esperienza, non surrogabili dalle parole a vanvera del primo che ha voglia di dire la sua». E ciò dovrebbe valere in tutti campi, sia nella scienza sia nell’amministrazione della polis.

Questo però non significa che i competenti siano perfetti, immuni dalla critica. Bene hanno fatto coloro che hanno contestato con buoni argomenti alcune decisioni prese nelle settimane scorse dalla nostra autorità cantonale, mentre male fa il popolo della Rete a bollare scioccamente queste voci contrarie come un delitto di lesa maestà. Guai se la critica onesta, intelligente e costruttiva venisse a mancare; guai se il dibattito critico sulle decisioni prese dai legislativi, dagli esecutivi fosse assente. Soprattutto in uno Stato di diritto, soprattutto nei momenti di grande difficoltà sociale e politica.

Trascorso questo tragico periodo forse la conoscenza – che non si acquista, ma si conquista, come ero solito dire ai miei studenti maturati – avrà «qualche amico in più. L’incompetenza qualche amico in meno». Ricordiamocelo.

Aurelio Sargenti, già direttore del Li Lu 2

Opinione pubblicata nel CdT e riproposta con il consenso dell’autore e della testata