… senza spalancare frontiere. Quanto alla scuola…

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“Un graduale ritorno ad una simil-normalità è l’unica opzione”

Le attività economiche potranno dunque gradatamente ripartire. Era anche ora. Il lockdown non è una misura che può protrarsi per troppo tempo, pena disastri irreparabili sul fronte economico e sociale. Inattività forzata (per molti) e privazione di libertà elementari (per tutti) non possono andare avanti ad oltranza.

Che la fattura del coronavirus sarà salatissima, roba da “lacrime e sangue”, è ormai chiaro, anche se è ancora presto per tirare le somme. A breve c’è da attendersi un’altra triste conta: quella dei suicidi causa coronavirus. Ad esempio piccoli imprenditori che hanno visto distrutto il lavoro di una vita. O anche persone già fragili frastornate dal clima di isteria incontrollata. Un clima, alimentato dai media ormai monotematici, di cui qualcuno sta già approfittando alla grande per sdoganare immani boiate liberticide: ad esempio il controllo delle persone via telefonino. In considerazione del fatto, conclamato, che il covid non ce lo leveremo di torno per un bel pezzo, un graduale ritorno ad una simil-normalità è l’unica opzione.

Le mascherine
Giusto quindi riaprire gradatamente le attività rispettando le norme di distanza sociale e di igiene accresciuta. Tra le disposizioni da osservare va inserito anche l’uso della mascherina. La sua utilità è indiscussa. Non fornirà una protezione assoluta ma, se tutti l’avessero indossata fin da subito, avremmo di certo avuto meno contagi e meno morti. Attenzione però: riapertura graduale delle attività economiche non deve affatto significare frontiere spalancate! Se c’è una cosa che lo stramaledetto virus dovrebbe averci ha insegnato, è che le frontiere devono rimanere il più possibile CHIUSE. Quindi, tutti i frontalieri del terziario stanno a casa, e siamo già a 45mila su 70mila. Entrano solo i frontalieri indispensabili, previo rilevamento della febbre al confine. Tutti i datori di lavoro dovrebbero poi misurare la temperatura ai collaboratori ad inizio giornata, indipendentemente dal domicilio. Quanto ai padroncini, non vanno fatti entrare in Svizzera. Gli artigiani ticinesi con disperato bisogno di lavorare non mancano di sicuro!

E la scuola?
La ripresa delle attività economiche pone evidentemente la questione della riapertura delle scuole. Se i genitori tornano a lavorare i figli, in particolare quelli più piccoli, qualcuno li deve seguire. In Ticino si ipotizza la riapertura delle scuole dell’obbligo l’11 maggio. Difficile fare previsioni a tre settimane di distanza in uno scenario che cambia da un giorno all’altro. Si potrebbe anche immaginare uno slittamento al 18 maggio. Di sicuro occorre cautela. E chiarezza. Perché le informazioni che giungono da Berna sono contraddittorie. Da un lato si dice che i bambini vengono raramente contagiati e che “non sono vettori di diffusione dell’epidemia”; dall’altro si continua ad ammonire di evitare il contatto intergenerazionale. Delle due l’una. Ci si decida.

Se le misure di sicurezza che si riveleranno necessarie all’11 o al 18 maggio possono essere garantite, non è sbagliato che le scuole riaprano. Per bambini e ragazzi, poter tornare in classe anche solo per tre o quattro settimane prima della fine dell’anno scolastico è positivo. Tanti (come è il caso degli adulti del resto) non ce la fanno più a stare isolati in clausura.

Tuttavia, se riapertura deve essere, allora che sia effettivamente tale, senza invenzioni bislacche come la scolarizzazione a turni. E’ anche difficilmente pensabile l’estensione del modello di accudimento al momento in vigore ad un’alta percentuale di allievi: il risultato sarebbe quello di avere (ad esempio) metà dei ragazzi a scuola in modalità di accudimento, l’altra metà a casa con l’insegnamento a distanza, ed i docenti come gestiscono la situazione?

Se all’11 (o 18) maggio sarà possibile fare scuola in sicurezza, è pensabile che la scuola riapra. Se invece non sarà possibile, piuttosto che ricorrere a trovate pasticciate ed estemporanee, tanto vale aspettare settembre.

Lorenzo Quadri, municipale di Lugano, Lega dei Ticinesi