Raphaël Brunschwig, classe 1984, direttore operativo del Locarno Festival, forma con il presidente Marco Solari una coppia affiatatissima e molto efficiente.

Il Festival vive ore d’ansia e non si sa se la Pandemia possa impedirne (o almeno condizionarne) la realizzazione. La prima metà d’agosto è apparentemente “lontana” ma in realtà bisognerà decidere entro pochissime settimane. Formuliamo i più calorosi auguri alla celebre manifestazione ticinese.

Ticinolive è grato al dir. Brunschwig per la sua cortese disponibilità e – naturalmente – non ha mancato di inviare al presidente Solari, che ha vissuto un’avventura pericolosa (per fortuna a lieto fine) un messaggio di amicizia e felicitazione.

L’intervista è di Maurizio Taiana.  (fdm)

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Maurizio Taiana   Direttore Raphaël Brunschwig, con la presente vorrei proporle una serie di domande relative al piccolo cosmo di Piazza Grande ed affini, nell’ottica dell’anniversario 500+1 dalla morte di Leonardo da Vinci, e la collaborazione tra voi e la galleria d’arte “Il Rivellino”.

Raphaël Brunschwig   Volentieri.

Abbiamo lasciato il 2019 con un grande riscontro del pubblico per Locarno 72. La formula di rinnovamento che ha esteso il festival ben oltre i confini di Piazza Grande è quindi promossa ?

Quello di Locarno è anzitutto un Festival del pubblico, anche se quest’ultimo negli ultimi anni ha cambiato sensibilmente le proprie abitudini. Basti pensare alla crisi delle sale cinematografiche e alle nuove forme di fruizione dei film, sempre più individuali. Noi non abbiamo smarrito il nostro seguito perché oltre a rimanere fedeli alla nostra ragione d’essere, ovvero il cinema e la scoperta, abbiamo puntato molto anche sulla dimensione di “evento”, favorendo tutto ciò che dà valore a un’esperienza collettiva.

Una Rotonda-cittadella per le famiglie, un’intera (ex)caserma per gli artisti, un salotto nel Castello Visconteo, vernissage in vari quartieri, persone felici che scorrazzano ovunque ed il suggestivo serpentone per guadagnarsi il «posto migliore» durante la proiezione. Se parlassimo per metafore, il festival sta vestendo Locarno dal capo a piè. In tal senso, avete deciso di sfondare deliberatamente la ‘quarta parete’ assimilando il pubblico in un ottica sempre più comprensiva delle varie arti, od è stata frutto del corso naturale degli eventi?

La lunga storia del Festival ha sempre dato ragione a visioni lungimiranti, a partire dal cinema in Piazza Grande, diventato il simbolo che ci contraddistingue a livello nazionale e internazionale. Quello che abbiamo fatto all’ex Caserma di Losone con il coinvolgimento di 200 creativi emergenti è stato un chiaro investimento nella (sub)cultura finalizzato a favorire la spinta innovativa delle nuove generazioni. Una componente talvolta anticonvenzionale ma di imprescindibile importanza per il Festival, che ha tra le proprie missioni quella di aggiornarsi costantemente per intercettare anche i nuovi pubblici attraverso l’apertura a visioni e linguaggi inediti.

Si vocifera che Sky ed il Gruppo Cariplo vogliano realizzare vari eventi nella vicina metropoli di Milano, tra cui una serie celebrativa su Da Vinci ambientata durante l’occupazione Francese, con alcune riprese al Rivellino e al Castello Visconteo. Locarno è pronta a fare cinema, oltre che a proporlo?

Con il PalaCinema e il salvataggio del cinema GranRex, il Festival è diventato una presenza permanente e sempre più tangibile in città, tanto da assumere una valenza identitaria e contribuendo a mantenere saldo il legame tra l’intera regione e l’audiovisivo durante tutto l’anno. Fondamentale per garantire questa continuità sono anche la presenza del CISA e il lavoro della Ticino Film Commission, il cui scopo è proprio quello di attrarre produzioni cinematografiche nelle nostre regioni. Dunque, benché la risposta alla sua domanda non spetti a noi, possiamo certamente dire che le premesse sono interessanti..

Nikolai Borodachev sulla terrazza del Rivellino. A sin. il critico cinematografico Ugo Brusaporco, presidente della giuria del premio “Boccalino d’Oro”

Venerdì scorso è morto Nikolai Borodachev, traghettatore del cinema sovietico nel primo mondo e direttore della Cineteca Russa. Parallelamente abbiamo Fyodor Bondarchuk (figlio di Sergei, che presentò Guerra e Pace nel Pardo ‘64) interessato a rilevare il lungometraggio sullo scultore Brancusi diretto da Peter Greenaway con le attrici ticinesi Carla Iuri e Margherita Soch. Locarno si avvicinerà ulteriormente alla nicchia sempre più amata del cinema russo?

Locarno ha certamente perso un amico. Questa però è una domanda che andrà posta alla nostra Direttrice artistica, Lili Hinstin, la prossima volta che sarà a Locarno…

Sempre nell’ottica di rinnovamento, possiamo sapere di più sulle nuove iniziative promosse che ci potremo attendere nella prossima stagione?

La crisi legata all’attuale pandemia ci da l’opportunità di essere anche più creativi del solito, ma è chiaro che questo sarà un anno particolare in cui le nostre decisioni saranno fortemente condizionate dal contesto esterno. In generale quello che si può dire è che con un panorama che conta oltre 6’000 film festival concorrenti, dei quali oltre 20 in svizzera, per poter continuare a rafforzare culturalmente, economicamente e politicamente la Svizzera italiana siamo condannati a metterci continuamente in discussione e a sorprendere con iniziative nuove che hanno tutte un comune denominatore: consolidare il mito e la magia che ogni anno rendono la piccola città di Locarno la capitale mondiale del cinema d’autore.

Qual è, secondo lei, il segreto di tutto questo successo? Ricercare, promuovere ed unire iniziative da parte di terzi aventi scopo comune, come in questo caso l’arte e la cultura nelle sue varie forme sarà la formula magica per imporre ancora di più sul piano nazionale ed internazionale Locarno?

Il segreto è semplice. Se pensiamo che dietro a un’edizione ci sono il lavoro a tempo pieno di 20 persone, e quello di 120 persone per un periodo che varia tra 1 e 11 mesi, per arrivare a un totale di 900 persone durante il Festival… se pensiamo a tutti i nostri partner, quasi 200, senza contare tutte le persone che ci supportano con le loro competenze specifiche negli ambiti più disparati, se pensiamo alle centinaia e centinaia di persone che mettono la loro vita nelle opere che presentiamo, se pensiamo a chi già prima di noi per oltre 70 anni ha messo lo stesso impegno, se pensiamo anche al nostro pubblico e infine all’effetto moltiplicatore delle iniziative collaterali alla programmazione cinematografica, ecco che, alla fine, sommati tutti questi sforzi, il successo di questo modello risulta facilmente spiegabile.

Pranzo al Rivellino, tutti ospiti di Arminio Sciolli. A capotavola il regista britannico Peter Greenaway, grande amico di casa; a destra nuovamente Borodachev.

PalaCinema, Castello Visconteo, Rotonda, le suggestive rassegne presentate al Rex e non da ultimo il Rivellino Leonardesco con la sua galleria. Che futuro prevede tra queste ‘entità’ che convivono, vivono e si esprimono a pochi passi l’una dall’altra?

…prevedo un futuro ricco di collaborazioni, a partire da quella già annunciata ma purtroppo rinviata a causa del COVID-19, legata all’esposizione di fotografie di Simona Pampallona, la fotografa di scena di Alice Rohrwacher che il Rivellino avrebbe dovuto ospitare lo scorso mese di marzo.

Oltre alla cerimonia del Pardo, esiste il premio Boccalino d’Oro, ospitato alla Galleria LDV, cosa ne pensa? Vedremo un giorno tale premiazione armonizzarsi con il festival?

Una delle cose belle del fare un grande festival in una piccola città è che tutta la Città si trasforma nel Festival. Le vetrine « pardate » dei negozi in Città vecchia non sono curate da noi, eppure in un certo senso fanno parte dell’ “esperienza” Festival, proprio come il Premio Boccalino d’Oro, che viene vissuto da molti come parte della stessa esperienza.

Se uscissimo da Locarno, e ci addentrassimo più in generale, che futuro vorrebbe per l’arte, il tempo libero, la cultura, nel nostro cantone?

Recentemente siamo stati coinvolti nello sviluppo di un Bachelor SUPSI in Leisure Management, a dimostrazione di come questo settore sia in crescita e assuma una dimensione sempre più rilevante nelle nostre vite: su questo frangente la Città Ticino ha delle carte molto interessante da giocarsi. L’auspicio è che si possa fare sistema e continuare a rafforzarci l’uno con l’altro, sia per attrarre persone dall’esterno, sia, soprattutto, per permettere a chi vive questa regione di continuare ad avere a disposizione spazi per sviluppare anche a quelle parti di noi stessi che, a causa delle imperanti logiche di efficienza e produttività, non sempre possono essere coltivate.