Cedere i nostri diritti in nome di una presunta sicurezza? (titolo originale)

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La nostra libertà, che ogni giorno si restringe, è ancora più gravemente insidiata dal Coronavirus, che serve da comodo pretesto all’instaurazione di pratiche di controllo poliziesco. Iris Canonica lancia un grido di allarme. (fdm)

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immagine Pixabay

La diffusione del covid-19 sta scatenando scontri a non finire, non solo nei dibattiti-show televisivi, ma anche in molti altri mass media internazionali, nazionali e cantonali, dove hanno preso a confrontarsi con sciabola e fioretto medici e specialisti che forse farebbero meglio a concentrare l’attenzione principalmente sul maledetto virus cinese e sugli eventuali rimedi, lasciando semmai ai politici il palcoscenico mediatico, a loro tanto caro.

OMS asservita alla Cina

Sì, parliamo di virus cinese perché, come ha scritto il giornalista italiano Andrea Amata, “ non si può disconoscere la paternità geografica della pestilenza che ha avuto una diffusione globale. Il coronavirus non è figlio di nessuno ma ha una provenienza incontrovertibile e l’unico dato di certezza va ribadito senza camuffamento terminologico”. Sulla reazione delle autorità cinesi e sulle forti e vincolanti pressioni e imposizioni di Pechino nei confronti dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ho già scritto su queste pagine la scorsa settimana. Quello che nel frattempo sta emergendo è che la metodologia e i rimedi adottati dalla Repubblica Popolare Cinese per affrontare il maledetto virus stanno facendo molti proseliti anche nel mondo occidentale.

Propaganda di Pechino

Il governo di Pechino, attraverso i suoi potenti canali propagandistici e con palesi fini politici internazionali, sta indubbiamente e abilmente facendo passare messaggi che riscuotono grande successo. Oltre al drammatico danno, qui abbiamo davvero anche un’enorme e pericolosa beffa. Tanto più che diversi paesi occidentali, quasi accecati e affascinati dalla presunta vittoria della Cina sul suo maledetto virus, i cui numeri reali sono tutt’altro che conosciuti, hanno declamato ai quattro venti di voler seguire quanto prima le orme e le metodologie delle autorità comuniste nel risolvere l’emergenza sanitaria. Ecco allora che sempre più nazioni ed enti sovranazionali si lanciano in altisonanti proclami, volti essenzialmente a controllare minuziosamente i movimenti di tutti i cittadini. Si tratta di un controllo sociale capillare, tradotto in inglese con il cosiddetto “contact tracing”, un tracciamento dei contatti, attraverso il quale si tende a definire, con l’utilizzo di strumenti digitali, come lo smartphone, una sorta di mappa del contagio.

Libertà individuali a ramengo

Gli è però che con questo controllo, imposto imperativamente in Cina ed in altri paesi asiatici, si violano crassamente le libertà individuali dei cittadini – in primis quella di movimento -, poiché ogni singolo cittadino viene spiato anche nei suoi più personali spostamenti e comportamenti. Lo abbiamo visto poche sere fa in TV: i cittadini cinesi, addirittura per salire sul bus e sulla metropolitana, devono presentare uno smartphone di controllo. Se in un regime autoritario, come quello comunista cinese, tutto ciò può per certuni – bontà loro – essere tollerato, questo è assolutamente intollerabile e pernicioso in qualsiasi sistema politico che voglia ancora fregiarsi della denominazione di “democrazia liberale”. In nome di una presunta sicurezza sanitaria, vogliamo svendere le nostre libertà?

Non si tratta, sia ben chiaro, solo della libertà di movimento, poiché anche i soliti e famosi paracarri della strada capiscono bene che quando si demanda al potere centrale, lo Stato o chi per esso, il controllo delle persone, poco ma sicuro che questo potere opererà come meglio crede in più ambiti, mentre la salvaguardia dei dati personali, inizialmente garantita, sarà semplicemente gettata nel water.

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L’applicazione

Ed è per questo che la proposta di un’app (applicazione) digitale per contenere la diffusione del maledetto virus cinese presentata, anche in Svizzera, nelle scorse settimane con il progetto europeo PEPP-PT (Pan-European Privacy Preserving Proximity Tracing) è assolutamente negativa per le nostre libertà e la nostra democrazia. E neppure la cosiddetta versione decentralizzata (DP-3T) può confortare.

Non per nulla, come riferisce il quotidiano NZZ, l’esperto epidemiologo del politecnico di Losanna ha deciso di abbandonare il progetto europeo non condividendone i contenuti e le finalità. Il fatto poi che esso sia totalmente privo di trasparenza, venga centralizzato in ambito internazionale, coinvolgendo più paesi – molti dei quali se ne infischiano bellamente della privacy delle persone – e con dati che si vorrebbero apparentemente anonimi (ma sappiamo tutti che, quando si inseriscono i dati in certi circuiti, di anonimo non resta nulla) lascia a dir poco esterrefatti.

La paura della malattia ci sta riducendo a persone irrazionali e prive di discernimento, disposte a cedere di tutto e di più, cancellando anche persistentemente i nostri principi costituzionali ed emarginando magari gli over 65, come sciaguratamente vorrebbe la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen?

Mi auguro di no, altrimenti altro che deriva della democrazia!

IRIS CANONICA