A Morena Ferrari Gamba, consigliera comunale a Lugano, vice presidente della sezione PLR e presidente del Circolo culturale Battaglini, abbiamo chiesto noi stessi un articolo sul tema del giorno, lo “scontro” (i giornalisti scrivono così) Borradori-Bertoli.

Ci ha accontentati rapidamente, e gliene siamo grati.

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Sono una cittadina, un’imprenditrice e anche un politico, senza pretesa di essere uno statista. Come cittadina, e anche madre, cerco di capire ed informarmi per farmi una mia opinione in questo marasma di dati e affermazioni contraddittorie, spesso quasi terroristiche-terrorizzanti. Come imprenditrice mi preoccupo per l’azienda, per i dipendenti, e come molti in questo periodo mi trovo in difficoltà (ringrazio per i celeri interventi dello Stato). Infine, come politico, cerco di vedere le questioni da un punto di vista istituzionale, ancor di più in questo difficile periodo.

Visto che su questo virus non vi è alcuna certezza, dopo aver ascoltato le diverse parti (esperti e attori economici, culturali e sociali), la sfida sul futuro è principalmente nelle mani della Politica. Una Politica che, invece di concentrarsi su una comunicazione ossessiva o su battaglie ideologiche che offuscano il pensiero, deve pensare al domani, contando non solo sulla responsabilità dei propri cittadini, ma anche sulla forza e la solidità dei governi e delle istituzioni. Dovrà ridefinire le priorità di investimento, ripensare ad una società basata su una collaborazione responsabile tra pubblico e privato, tra Stato e cittadino, dando più peso alla formazione e alla ricerca, alle politiche ambientali, così come alla promozione di un nuovo modo di fare impresa.

Nell’immediato vi è l’allentamento delle attività economiche, delle scuole e della cultura. La salute è importante, lo è altrettanto la ripresa della vita sociale ed economica. Se non viene fatto questo esercizio il rischio è quello di una crisi ben più grave e i primi sintomi si vedono già. Parliamo di una guerra, ma è un virus. Se continuiamo a parlarne in questi termini, seminiamo gli ingredienti sufficienti a produrla, allargando le maglie a chi chiede pieni poteri, diminuendo per debolezza le nostre libertà. Germoglia il seme della diffidenza, aumentano rabbia e fratture nella società, fino ad arrivare davvero ad una guerra. Perciò, cerchiamo di non perderci e di non alimentare un dibattito aggressivo. Altrimenti, il “saremo tutti migliori” sarà la più grande bugia! Discutere, certo, ma alla fine ci vuole l’umiltà di riconoscere che il nostro è solo un punto di vista. Del Covid-19 non ce ne libereremo tanto presto. Bisogna che tutti rispettino sempre le regole basilari che questo virus ci ha insegnato per contrastarlo. Questa, per il momento, è l’unica verità che abbiamo in mano. Per il resto, abbiamo applaudito un’autorità in cui crediamo, e seppur con qualche scetticismo, abbiamo accettato quanto ci viene “concesso” e abbiamo chiesto: un pochino di libertà e riapertura delle attività a fasi. Perché per la scuola no? Comprensibili sono i timori di famiglie, docenti e cittadini. Ma sono gli stessi timori che hanno tutti, medici, infermieri, parrucchieri, impiegati e tutti coloro che devono recarsi al lavoro.

La Scuola è uno dei pilastri più importanti della società e credo che nessuno lo possa negare. Ebbene, la formazione non può però essere immaginata troppo a lungo “a distanza”, così come non possiamo tenere segregati i nostri giovani per sempre. La scelta di attendere fino a settembre è più sconsiderata che iniziare ora, anche per preparare meglio l’apertura del nuovo anno scolastico. Il Consiglio Federale decreta l’apertura l’11 maggio, ai Cantoni di organizzarsi secondo le direttive date da UFSP che non intravede pericoli particolari per i giovani (compreso i nostri medici Merlani, Garzoni e pediatri). La scelta obbligata ticinese, e non solo quella dell’On. Bertoli, è un approccio più prudente e permette almeno un minimo di contatto tra docenti e allievi. La sola scuola a distanza ha dimostrato molte lacune, dove non tutti hanno avuto le stesse condizioni di accesso, non tutti gli insegnati sono riusciti ad organizzarsi come avrebbero dovuto o voluto, anche per oggettive difficoltà nell’uso dei mezzi, e non tutto può essere insegnato a distanza. Il diritto ad una formazione equa è un diritto per cui si è lottato a lungo e il luogo preposto non è nelle case e sulle spalle dei genitori, ma nelle sedi scolastiche dove si interagisce e si cresce. Abbiamo compreso in questo periodo sospeso quanto fosse importante il contatto e la vicinanza, per i giovanissimi vale molto di più e impedirlo si fa un torto a loro, anche dal punto di vista psicologico. Infine, per rimanere sul piano istituzionale, è un brutto segnale la contrapposizione da parte di alcuni comuni verso il Cantone. La decisione di non allinearsi su basi di percezioni personali o del sentire popolare o peggio ancora perché è troppo complicato provarci, non è auspicabile. L’idea del “villaggio gallico” potrebbe essere romantica, ma questo non è un atteggiamento serio se crediamo nel nostro sistema federale.

Morena Ferrari Gamba