Artemide è la Potnia, che in greco significa “Signora”, la dea altera e irruente, ambigua e protettrice tanto delle vergini quanto delle partorienti. Quello che tuttavia sembra apparentemente un controsenso, è in realtà una qualità olistica e pervasiva dell’essenza della dea, patrona, per l’appunto, delle età della vita: fasi che non debbono essere mescolate, ma che coniugano la fine dell’una con l’inizio dell’altra. Artemide, per i romani Diana, è la dea che protegge le giovinette. Le bambine di Atene, dai cinque ai dieci anni, venivano mandate servire la dea nel santuario di Braurone, immerso nella quiete agreste e nell’irruenza silvestre: le fanciulle “facevano le orsette” ovvero veneravano la dea e l’orsa sacra ad ella che girava nel bosco sacro. Erodoto racconta come in epoca arcaica una bambina, giocando molestamente con l’orsa, fu da questa accecata, allora i fratelli uccisero l’orsa ma Artemide, indignata, mandò una pestilenza su Atene, che gli

“Artemide” di A. Azimonti

Ateniesi poterono espiare soltanto istituendo il culto dell’orsa sacra, appunto, alla dea. Artemide è infatti protettrice, oltre che delle fanciulle e delle puerpere, degli animali selvaggi: il re di Micene, Agamennone, uccide una lepre incinta: per punirlo, Artemide, fa sì che i venti siano avversi e impediscano che la flotta micenea salpi per Troia: Agamennone, allora, sacrifica alla dea la sua figlia primogenita, Ifigenia. Poiché Artemide, in tempi molto lontani, esige sacrifici umani. Eppure, una versione del mito più tarda (Euripide invece di Eschilo) narra che la dea, all’ultimo, scambi la fanciulla sacrificale con una cerva. Ifigenia viene così catapultata in Aulide, dove servirà per anni la dea, nel culto che prevede anche il sacrificio umano, e ad un certo punto si troverà quasi a sacrificare il proprio fratello, a lei sconosciuto, Oreste, per poi riconoscerlo in extremis e salvarlo. Artemide è la dea che presiede ai parti, a Roma veniva invocata col nome di Diana Lucina, ovvero colei che dà la luce ai nuovi nati. Appena nata, secondo Esiodo, aiutò la madre a partorire suo fratello gemello, Apollo.

Il dott. Azimonti, pittore già ospite di Ticinolive, ritrae la dea arditamente nuda, nelle sue membra bellissime e slanciate, nella sua nudità botticelliana. E noi, percettori Atteoni, miriamo questa epifanica divinità nella sua nudità che ci abbaglia, stupisce, che ci pone al bivio tra l’osservarla rapiti e l’abbassare lo sguardo di fronte a cotanta casta beltà.  In Artemide, infatti, ferocia e protezione si compendiano, così come si uniscono parto e verginità. Ella stessa non ammette l’amore sessuale: punisce Atteone, che ha veduta lei stessa nuda. punisce la ninfa Callisto, ancella del suo seguito, che è giaciuta con Zeus: tuttavia, per un’altra versione del mito, a punire la povera e bellissima Callisto è Era, la moglie esacerbata dai tradimenti di Zeus, patrona, tra l’altro, dei matrimoni. Come Artemide, dunque, è patrona dei parti, così Era è patrona dei matrimoni. Due dee, unite nella castità, l’una guerriera l’altra regina, eppure, l’una figlia del marito dell’altra, Zeus, che, appunto, la concepì con Latona.  Azimonti rende mirabilmente questo duplice riferimento alla divinità: Artemide e Era sono unite nella stessa opera: la cacciatrice, protagonista, splende al centro del dipinto e la sua figura, la sua forma, la sua morfé, campeggia troneggiante tenendo nella destra l’arco mentre, a terra, è appoggiata la faretra, sulla quale balugina l’iniziale D, del suo nome latino, Diana. Di fronte a lei, sta l’animale sacro alla sua collega divina, il pavone, sacro, appunto, ad Era. La dea giovinetta dialoga col simbolo del matrimonio, e così Artemide e il pavone si fronteggiano in un dialogo polisemico ed infinito, che rende il passaggio dalla vita prematrimoniale e il matrimonio, sottintendendo la procreazione. Artemide, la dea delle foreste, è patrona della caccia, della giovinezza, della nascita, ma non del matrimonio: è infatti la protettrice della Amazzoni* (guerriere che tuttavia procreano, ma non si sposano), Era è invece patrona dello sposalizio, il “tassello mancante” in questa narrazione: è Azimonti, dunque, a unire con mirabile abilitò e talento le “parti” come direbbe Aristotele “del tutto olistico della narrazione”: nell’opera, così, le tre fasi della vita, sottese, simboliche, splendenti, sono rappresentate felicemente unite, nel sodalizio tra Artemide ed Era.

*come protettrice delle Amazzoni, Artemide è infatti legata ad Ippolito, giovane principe di Atene, figlio dell’amazzone Ippolita e del re Teseo, amato dalla matrigna Fedra (sposata in terze nozze da Teseo) e protagonista dell’omonima tragedia di Euripide, che vede al centro l’idillio, l’amore platonico (anche se Platone non ammetteva le tragedie come educative) tra la dea e il giovane figlio dell’amazzone a lei devoto.

 

Chantal Fantuzzi