di Friedrich Magnani

E pur si muove, verrebbe da dire, in questo caso, la macchina europea, dopo l’uscita dal cilindro, della nuova proposta franco-tedesca, sull’architettura del Recovery Fund. Sembra, paradossalmente, che la sentenza di Karlsruhe, abbia provocato un sussulto di europeismo, nella cancelliera Angela Merkel, in vista della prossima e forse sua ultima, presidenza del semestre europeo, che partirà il 1° luglio.

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Per la prima volta, si allude, a una fattispecie di eurobonds, pur senza citarli, quando si legge tra le righe, nel comunicato franco-tedesco, la dicitura : “Francia e Germania, propongono di autorizzare la Commissione Europea a finanziare il piano di rilancio (di 500 miliardi), prendendo a prestito sui mercati (mercati..?), a nome dell’Unione Europea, i fondi necessari, con la garanzia del budget europeo” (che però è di 155 miliardi..).

E come si possono prendere a prestito sui mercati finanziari, i fondi necessari, se non con l’emissione di obbligazioni? Ovviamente, lo strumento è volutamente taciuto. Segno, che il tabù della mutualizzazione del debito è lungi dall’essere superato e che le trattative sui contributi aggiuntivi degli Stati membri, potrebbero essere lunghissime e gli ostacoli, innumerevoli.

L’imprevisto colpo di reni di Angela Merkel, è stato sicuramente indotto, dalle possibili conseguenze della sentenza di Karlsruhe, sulla tenuta dell’eurozona e quindi, della Germania, che non può permettersi la responsabilità di distruggere l’impianto europeo, in pochi mesi, nel mezzo di una crisi, con il ritiro della Bundesbank (azionista principale, dell’istituto di Francoforte), dal piano di acquisti della BCE.

Perché mai Angela Merkel, dovrebbe passare alla storia, come la demolitrice della Banca Centrale Europea e quindi, dell’Euro? Certamente, l’ultima parola spetterà al Bundestag, se ad agosto, le toghe rosse tedesche, non dovessero accontentarsi delle spiegazioni della BCE, sulla proporzionalità del contestato programma di acquisto di titoli. Ma l’esito positivo, è scontato.

In verità , la sentenza della Corte di Karlsruhe, trova radici nell’insofferenza sempre crescente di molti conservatori tedeschi e del mondo bancario, verso la politica dei tassi negativi della BCE. L’idea sottaciuta, rimane che la Banca Centrale Europea, stia da troppo tempo drogando i Paesi meno virtuosi dell’Eurozona, senza costringerli a ridurre il proprio debito, (ma come si può ridurre il debito, con crescita zero?) e che questa politica, abbia una costo, per i risparmiatori tedeschi.

Era il 14 settembre 2019, quando il quotidiano Bild, illustrava in prima pagina, un conte Draghi-la, intento a succhiare i risparmi dei tedeschi. L’azione della BCE, avrebbe indotto le banche tedesche, a caricare i costi dei tassi negativi, sui depositi della clientela. Si stima, secondo un sondaggio della Bundesbank, che un 60% delle banche, lo avrebbe già fatto nei confronti della clientela corporate e almeno un 20%, nei confronti di quella retail. E come diceva Jacques Delors, non tutti i tedeschi credono in Dio, ma tutti i tedeschi credono alla Bundesbank.

Pochi giorni prima l’affondo del Bild, il presidente dell’associazione bancaria tedesca, Hans-Walter Peters, aveva già giudicato le misure di Draghi, sproporzionate, rispetto all’obiettivo della stabilità dei prezzi, sulla falsariga del presidente dell’associazione delle casse di risparmio tedesche, Helmut Schleweis, che aveva duramente attaccato la politica monetaria espansiva della BCE, rea, a suo dire, di aver prodotto più danni, che vantaggi, al sistema bancario tedesco.

La conferma di queste affermazioni, arriverà pochi mesi dopo, il 21 novembre 2019, con il declassamento dell’agenzia di rating Moody’s, che cambierà da stabile a negativo l’outlook, sul sistema bancario di Berlino, a causa della scarsa redditività delle sue banche, nel contesto dei bassi tassi d’interesse. A farne le spese, secondo Bernard Held, Senior Credit Officer di Moody’s, sarebbero soprattutto, quelle piccole banche commerciali, che si finanziano con i depositi, e di cui la Germania è piena.

Eppure Mario Draghi, a settembre, aveva posto una toppa a questa falla, ponendo interessi negativi sui depositi delle banche tedesche, in riserva presso la BCE, solo per importi che avessero superato di sei volte, la quota obbligatoria prevista. Questo, in previsione del piccolo taglio, degli innumerevoli istituti di credito della Germania.

Oggi infatti, il sistema tedesco, è di gran lunga quello con il maggior numero di piccole banche, casse di risparmio e banche cooperative, basate su un modello di business tradizionale e con forti legami alla politica. Banche che sfuggono alla vigilanza BCE e che hanno già dato prova di malfunzionamento, in occasione dell’ultima crisi finanziaria, al punto, da rendere necessari salvataggi statali, per centinaia di miliardi di euro. Forse che la quérelle con la BCE, serva da foglia di fico, per nascondere la gestione non sempre trasparente, di questi istituti di credito? Ai posteri, l’ardua sentenza.

Questo spiega comunque, le ragioni della sentenza di Karlsruhe. Ma a dire il vero, la Corte costituzionale tedesca, non è nuova a queste picconate. Già nel 2012, aveva messo in dubbio la costituzionalità, della ratifica tedesca al Trattato sul MES, richiedendo che il contributo della Germania, non superasse i 190 miliardi di euro (oggi infatti, la Germania, ha un Mes “à la carte”). Nel 2014, si era invece pronunciata sulla legittimità del programma d’acquisto OMT, della Banca Centrale Europea, (il primo bazooka di Mario Draghi), rimandando però alla Corte di giustizia del Lussemburgo, l’ultima decisione in merito.

La sentenza del 5 maggio, differisce dalle altre, per le enormi ripercussioni politiche, ragione per la quale, appare sempre più improbabile che la Merkel, vi possa dare seguito. L’uscita della Bundesbank dal consorzio della BCE, sancirebbe la fine dell’Euro e quindi, della prosperità tedesca. Aveva visto bene, il primo ministro lussemburghese Pierre Werner, uno dei padri dell’euro, quando diceva: “la moneta unica, unificherà come una gabbia, ma se non si costruisce nulla per consolidarla, salterà”. E questo, Angela Merkel, lo sa molto bene.