da OPINIONE LIBERALE, per gentile concessione

Nel ventesimo della morte nei ricordi di chi è stato al suo fianco anche fuori dall’arena politica. Questa settimana con il racconto intimo e affettuoso della figlia Nina Buffi. Tra aneddoti e analisi legate all’attualità.

Opinione Liberale  Chi era Giuseppe Buffi dietro le quinte dell’arena politica in cui è stato a lungo protagonista?

Nina Buffi  Lo ricordo come una persona molto appassionata, con una grande ambizione, ma non un’ambizione personale, fine a sé stessa: mio padre ambiva soprattutto a lasciare qualcosa dietro di sé. Era una persona entusiasta, per cui il lavoro non è mai stato un peso, ma una vera passione. Credo sia una cosa molto bella. Aveva passione, ma anche molta determinazione nel raggiungere gli obiettivi che si era prefissato. Non solo politicamente.

Ci racconta un aneddoto legato alla politica e visto dall’interno, vissuto con gli occhi di “casa Buffi”?

Ero una ragazzina, avrò avuto 12 o 13 anni e ogni venerdì pranzavo al ristorante con mio padre. Durante uno di quei pranzi si avvicinò al nostro tavolo una signora che all’epoca mi sembrò molto anziana e iniziò a parlare insistentemente con lui. Evidentemente c’erano temi d’attualità politica importanti su cui discutere.

Quella chiacchierata mi sembrò infinita e ad un certo punto alzai gli occhi al cielo, perché ero stufa di aspettare… Dopo che la signora se ne fu andata, mio padre si arrabbiò, e anche parecchio, perché aveva beninteso notato il mio gesto. Smaltita l’arrabbiatura mi spiegò l’impor- tanza per un politico di mantenere un certo tipo di atteggiamento nella vita pubblica, anche in situazioni come quella.

Una sorta di insegnamento sul campo, insomma.

Ho percepito già allora la difficoltà di spiegare ad una ragazzina quale fosse il ruolo del politico e i compromessi che è chiamato ad accettare tra vita pubblica e privata. Io in quel momento non capii cosa volesse spiegarmi esattamente, ma l’episodio mi è rimasto molto impresso.

Cosa direbbe oggi Giuseppe Buffi di fronte alla crisi sanitaria ed economica che stiamo vivendo?

Di questo tema ho discusso proprio recentemente con mia mamma. Avrebbe certamente cercato di appellarsi all’unità d’intenti – sia a livello di popolazione, sia a livello della politica – per affrontare il virus e uscire dalla crisi. Avrebbe detto e ribadito l’importanza di restare allineati con l’unico scopo di battere il virus, cercando di convincere tutti a condividere questa impostazione. Cercando di mantenere le persone unite nell’affrontare la crisi. Questo è certamente un tentativo che avrebbe fatto. Se ci sarebbe riuscito? È difficile da dire, però di certo avrebbe messo grande impegno nel cercare di infondere speranza e ottimismo. Penso che avrebbe avuto il carisma per riuscire nel suo intento.

Suo padre oggi sarebbe un politico con un profilo social?

Era un uomo molto curioso in tutti gli ambiti. Quindi è una possibilità che non escluderei. Ricordo quando alla fine degli anni Novanta era spesso alle prese con il suo primo laptop, che usava per scrivere i suoi articoli. Ogni tanto aveva qualche difficoltà, ma la sua curiosità lo spingeva a proseguire con il nuovo strumento. Credo che quella stessa voglia di capire lo avrebbe spinto ad approfondire la conoscenza anche dei social media. Cosa avrebbe pensato, però, credo sia difficile da dire.

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Anche Ticinolive possiede un’intervista con Nina Buffi, che è sì vecchia ma molto bella e ricca di contenuti. Porta la data (non certo casuale) del 20 luglio 2015 ma forse è stata realizzata addirittura prima.

Probabilmente pochi l’hanno letta. Mi permetto di riproporla, cedendo alla tentazione del “riciclaggio”.

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20 luglio 2015

La nona di Beethoven, le macchine di Leonardo… e il rovescio di Wawrinka! – Intervista a Nina Buffi, tennista scrittrice

Nina non l’ho mai incontrata di persona ma prima o poi succederà. Mi è subito riuscita simpatica, per quella sua gran voglia di scrivere, per quel suo credere nella scrittura. L’arma (in senso buono) più potente al mondo, mille volte più potente di una bomba atomica, è la parola. Nina me l’immagino anche – pur senza averla mai esaminata – forte in matematica. Con una laurea come la sua una non può essere “debole” in matematica! E ha studiato il latino e il greco antico, non è fantastico?

Un’intervista di Francesco De Maria.

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Ci parli dei suoi studi. Che cosa sono le nanotecnologie?

Nina Buffi   Le risponderò con un esempio. Provi a pensare a delle cellule grandi qualche millesimo di millimetro in grado, in presenza di arsenico, di produrre delle proteine fluorescenti. Converrà con me che sarebbe interessante poter utilizzare queste cellule come sensore, soprattutto se le dico che nei paesi del terzo mondo l’acqua contaminata dall’arsenico è causa di numerose malattie.  C’è però un problema: queste cellule-sensore devono poter venir utilizzate al di fuori di un laboratorio, sul campo, ad esempio in un remoto villaggio del Bangladesh. Ed è qui che entra in gioco la microtecnica e, più in particolare, il mio progetto di dottorato, il quale consisteva nel costruire una “scatola” in cui fosse possibile mantenere in vita queste cellule per alcuni giorni, esporle al campione d’acqua da analizzare e misurare la fluorescenza da loro prodotta. Per poter “manovrare” le cellule e adempiere a questi compiti la “scatola” doveva quindi contenere strutture dell’ordine di grandezza delle cellule (millesimi di millimetro, ossia micrometri) e in alcuni casi più piccole (milionesimi di millimetro, ossia nanometri).

Quali prospettive di lavoro si aprono a un laureato della sua specialità e del suo livello?

NB   Dopo un dottorato in microtecnica è possibile continuare nella ricerca universitaria, ad esempio con un post-doc, o andare a lavorare in una ditta nel privato in cui vengono sviluppati prodotti nell’ambito del biomedicale, dell’elettronica, della meccanica di precisione o ancora dell’ottica. Nel caso della ricerca universitaria si lavora su progetti che da un punto di vista intellettuale si rivelano spesso molto stimolanti proprio perché cercano di rispondere a domande che ancora non hanno una risposta. Allo stesso tempo però si tratta di un lavoro dai risultati spesso incerti e in cui a volte si può solo avanzare per tentativi. Nel caso di un lavoro più “tradizionale” invece, le strade da percorrere sono molto spesso già state battute: ci sono meno incognite ma sono anche meno stimolanti.

Lei intende lavorare, in futuro, nella ricerca e nell’insegnamento?

NB   No, non è quello che desidero. Il mondo scientifico, dal mio punto di vista, manca di emotività, di sentimenti. Dà delle risposte certo, ma non sono le risposte della scienza a farmi sentire viva, bensì quelle di chi ha saputo, tramite la scrittura, cogliere le speranze, le tragedie e le gioie degli uomini. Il mio sogno sarebbe quindi quello di riuscire a creare, nel mio piccolo, qualcosa di mio in questo ambito. Sono tuttavia cosciente del fatto che non sempre si ha la fortuna di poter realizzare i propri sogni e in questo senso considero il mio diploma come una sorta di materasso piuttosto morbido nel caso in cui la mia avventura con la scrittura non dovesse andare a buon fine.

Abbiamo una cosa in comune. Suo padre era giornalista (poi politico di professione). Il mio era… avvocato (di titolo) ma in realtà faceva il giornalista anche lui. Ai tempi della guerra di Spagna, ai tempi della seconda guerra mondiale. Lei, laureata in microtecnica, fa la giornalista freelance. Io, docente di matematica per tutt’una vita, faccio il giornalista per hobby. Piuttosto affollato questo ambiente di giornalisti, non trova? Non è facile “emergere”…

NB   No, non è facile. D’altro canto le sfide non mi hanno mai spaventato, anzi. Inoltre, quando si ha la sensazione di fare “la cosa giusta”, ovvero di seguire il proprio istinto, o, se vogliamo essere un po’ più razionali, di svolgere l’attività che più ci si addice per carattere, interessi e inclinazioni, le difficoltà, quasi, non esistono.

Faccio anche, con impegno, il commentatore politico. Intendiamoci, non mi segue nessuno, non riuscirei neanche a conquistare il voto di mia moglie. Quali sono le sue idee politiche?

NB   Non seguo molto la politica. Non tanto perché non m’interessino le idee politiche in sé, quanto piuttosto perché vengo spesso scoraggiata dai compromessi necessari alla loro messa in pratica. Detto questo credo che una delle sfide maggiori di questo secolo sia quella ambientale, ragione per cui m’identifico spesso con le opinioni dei partiti verdi.

Come giudica lo stato attuale del partito che fu di suo padre, il PLR? Perché è andato in crisi?

NB   Seguo poco la realtà politica ticinese e non sono in grado di darle una risposta precisa. Sono però dell’opinione che manchi una figura carismatica, interessata esclusivamente agli interessi del paese e in grado di fare l’unanimità (oltre che capace). Ma questo è un problema che va ben oltre i confini del PLR o del cantone.

Perché la gente adora parlar male dei politici?

NB   Da un lato perché visti nel proprio piccolo i problemi sembrano avere una sola soluzione, mentre il politico, che solitamente ha (o dovrebbe avere) una visione a trecentosessanta gradi, fatica a trovare misure che si adeguino alle necessità delle diverse parti in causa. Da qui le tipiche frasi che iniziano quasi sempre con un “saprei ben io”. Non so se la gente “adori” davvero parlare male dei politici, semmai, rispetto a un tempo ci sono meno inibizioni nei confronti delle cariche politiche, il che, spesso sfocia nella mancanza di rispetto e nello sfogare le proprie frustrazioni su chi si ha l’impressione non risolva i nostri problemi.

Oggi come oggi si fa politica in modi incivili?

NB   Trovo che in Ticino e in Svizzera i modi siano, in generale, abbastanza pacati. Lo stesso non si può dire, ad esempio, della vicina penisola, dove i toni, spesso, vanno sopra le righe. Sono dell’idea che un buon politico debba saper spiegarsi e convincere senza urlare e senza usare insulti, ma d’altro canto è probabilmente vero che per “svegliare” una nazione, a volte, sono necessarie le maniere forti.

Secondo lei gli Svizzeri sono razzisti?

NB   Qui immagino si riferisca alla votazione e ai dibattiti sugli stranieri. Non parlerei di razzismo semmai di timori più concreti, come ad esempio quello di perdere o di non trovare un posto di lavoro. Timori che da immigrata in un altro paese non posso condividere ma che ritengo vadano ascoltati e capiti.

Veramente lei fa la maestra di tennis? Qual è la sua categoria in competizione?

NB   Sì, per un anno ho dato lezioni di tennis nella scuola di Sandro della Piana a Losanna. Quando avevo diciannove anni ho raggiunto la classifica di n2, ero la numero 23 in Svizzera. Poi, un po’ perché ero stufa un po’ perché gli studi al politecnico erano impegnativi, ho smesso. Ho ripreso qualche anno dopo, senza però più disputare (o quasi) tornei.

Guadagna molto con la sua attività?

NB   No, ma la vita a Berlino costa poco, basta un euro e si è in un bar a sorseggiare un cappuccino.

Mi racconti la sua più bella vittoria.

NB   Champéry. Campionati svizzeri. Ottavi di finale. Giocavo con una giocatrice particolarmente attesa perché era di casa e da un anno si allenava in Spagna. Era superiore a me ma io ho cominciato a fare il mio gioco che tutti odiavano: ributtavo indietro qualsiasi pallina a qualche centimetro dalla riga di fondo senza mai sbagliare. Dopo tre ore di batti e ribatti, di sguardi frustrati nei confronti della mamma e dell’allenatore (da parte sua) e di lanci di racchette (da parte mia), improvvisamente, mi sono resa conto di aver vinto. Il tennis è “solo” uno sport e soprattutto nessuna di noi due avrebbe mai solcato i campi del Roland Garros, però quel giorno, sul quel campo, ho provato emozioni che non ho più ritrovato in nessun altro ambito.

Mi dica una cosa di Federer, una di Wawrinka e una di Martina Hingis.

NB   Difficile non scadere nel banale. La Hingis mi dà sempre la sensazione di una ragazza a cui è stata rubata l’infanzia. Federer dovrebbe smetterla di rilasciare dichiarazioni politicamente corrette, non so voi ma io sono stufa di quei (riferiti agli avversari) “oggi ha giocato bene, merita la vittoria, …”. Wawrinka invece ha il rovescio più bello del pianeta. Ha in mente quei messaggi che nei film mandiamo agli extraterrestri? Ecco, io assieme alla nona di Beethoven e ai progetti di Leonardo ci metterei il rovescio di Warwrinka.

Berlino fu la capitale di Federico il Grande e fu la capitale di Hitler. Si divise poi tra est e ovest e oggi è la capitale di una Germania riunificata. Perché Nina ha scelto  Berlino?

NB   Mi sono innamorata di Berlino fin dalla prima volta che l’ho vista. Passeggiando attraverso questi luoghi che hanno fatto la storia europea, ci si sente parte di un qualcosa d’incommensurabile. È come se le vicende umane che ci hanno preceduto se ne stessero lì a guardarci, e noi, camminando verso il nostro destino, ci sentissimo un tassello altrettanto importante di un futuro ancora da scrivere. Così, quando il mio ragazzo ha ottenuto la possibilità per un posto di post-doc qui a Berlino, non ci ho pensato due volte a partire.

Riesce a immaginare la Berlino del 33 ? E quella del 45 ?

NB   Quella che immagino è la Berlino vista attraverso i film. E qui penso ad esempio a “Le vite degli altri” o a “Good Bye Lenin”, che mostrano la vita nella Berlino Est. Si tratta di paesaggi grigi e tristi, i quali, se assunti con la dovuta precauzione, possono portarmi a quegli stati di tranquilla e piacevole malinconia che più mi fanno sentire viva.

Lei vive da artista, a Berlino?

NB   Se per artista intende orari sballati, incontri con persone “taaaaanto interessanti”, alcool  e pomeriggi passati in un bar a scrivere davanti a un caffè e qualche sigaretta, la risposta è no. Sono una persona metodica, che ha bisogno di organizzare le proprie giornate, di praticare sport e di dormire a sufficienza. Da questo punto di vista sono una persona molto noiosa.

Parliamo di letteratura, il suo grande amore. Lei vorrebbe scrivere come…

NB   Mi lasci sognare per un attimo. Vorrei avere la capacità di analisi di Kundera, il dono della sintesi di Oscar Wilde e il talento nelle descrizioni di Virginia Woolf.

Che cos’ha realizzato, sinora?

NB   Sto lavorando a un romanzo. Ho realizzato la prima stesura e ora, in base alle osservazioni, alle critiche e ai consigli ricevuti, mi sto cimentando con la seconda.

Saprebbe scrivere una poesia d’amore? Un racconto giallo? Un romanzo storico? Una pièce teatrale?

NB   Non lo so. Mi rifaccia la domanda tra qualche anno, quando mi sarò scontrata con i miei limiti, adesso sono in quella fase in cui si sta ancora imparando e si crede che tutto (o quasi) sia possibile.

Ama le lingue antiche?

NB   Al liceo ho studiato il latino e il greco antico: trovavo affascinante l’idea di tradurre testi vecchi di secoli, così come la logica stringente della grammatica, ma non avevo la passione, questo no.

Ha mai vinto un concorso letterario?

NB   No, non vi ho neppure mai partecipato.

Saprebbe fare la giornalista in tedesco? In inglese?

NB   In tedesco no, lo sto ancora imparando. In inglese ho redatto la mia tesi di dottorato, quindi mi sentirei in grado di trattare temi scientifici ma a spaziare in altri campi credo che avrei qualche difficoltà. In francese, invece, credo di poter scrivere di tutto (o quasi).

Qual è la pagina più bella mai scritta da suo padre?

NB   Le confesserò che non ho letto tutti i suoi articoli. All’epoca ero una ragazzina arrogante, forse un po’ in competizione con quel padre di cui tutti mi parlavano tanto bene, e mi rifiutavo di leggere i suoi articoli, asserendo che io, un giorno, avrei fatto di meglio. La sua sottile ironia, la delicatezza dei suoi testi e la sua capacità di semplificare senza togliere nulla al contenuto  le ho scoperte dopo, attraverso i due libri che sono stati pubblicati e alcuni articoli recuperati qua e là. Ecco forse, dovendo scegliere, citerei, per la sua umanità e compassione, l’articolo in ricordo di Plinio Verda e l’aneddoto della busta gialla: “Il tuo solo modo di ripagarti, nei casi in cui alla mancata riconoscenza faceva addirittura seguito la sgarberia o peggio ancora, era di conservare qualche documento riguardante i cattivi, gli arrivisti, i disonesti, dentro una grande busta gialla, gonfia purtroppo fino a lacerarsi su un lato. All’esterno di quella busta avevi scritto, in grandi lettere, Per conoscerli meglio”.