SI è tenuta oggi, in modalità virtuale, la videoconferenza organizzata dall’ASI, in termini di prospettive future dopo la pandemia del Covid19. Riportiamo di seguito quasi tutti gli ospiti intervenuti. 

Alcune istantanee con gli ospiti della conferenza di stasera

L’avvocato Fabio Soldati, moderatore dell’evento, ringrazia Adriano Weiss (nella foto di copertina), medico oncologo e presidente dell’ASI, Associazione Svizzera Israele e del Fati, Forum delle Associazioni Ticinesi, nata a Lugano l’11 settembre 2019, ed introduce l’evento.

“Qualcuno disse che la vita è come un brutto quarto d’ora in cui vi sono dei momenti squisiti” inizia così Soldati, “se avessi potuto cancellare il brutto quarto d’ora che è stato il 2020 fino ad ora, lo avrei fatto senza esitare. Come dico però spesso ai miei figli, altri però hanno vissuto guerre, discriminazioni razziali, fame e malattie: dobbiamo perciò accettare questo periodo che ci porti un momento di riflessione, con la consapevolezza dei privilegi straordinari del Ticino. Ad oggi siamo a zero contagi: la situazione sembra normalizzarsi, mentre deve però rimanere la consapevolezza del rischio di ciò che è stato”.

Prosegue, tra gli altri ospiti, Christian Vitta consigliere di stato e direttore del dipartimento delle finanze e dell’economia, che si fa portavoce della prospettiva economica durante il Covid19: “il periodo più intenso di questa fase di crisi” dice “si è veduto a fine marzo, con la chiusura dell’economia cantonale ticinese, avvenuta definitivamente dopo un susseguirsi di chiusura di attività: abbiamo avuto per la prima volta un derby a porte chiuse, abbiamo dovuto annunciare che manifestazioni ed eventi vari erano stati annullati, per poi arrivare, nella settimana più calda, a chiudere le scuole e alla chiusura completa dell’economia, fuorché per le attività essenziali. Quando abbiamo annunciato la chiusura di queste attività era un sabato: a Berna c’è stata una situazione di incomprensione per più giorni ma personalmente ero fiducioso che Berna avrebbe capito e che i motivi fossero chiari: dopo un’intensa settimana attendevamo una decisione dal consiglio federale il mercoledì, che è arrivata il venerdì, molto positiva: con la costituzione delle finestre di crisi si sono coniugate così sia le decisioni governative che l’aspetto sociale, poiché si comunicavano tempestivamente alla popolazione le decisioni del consiglio federale. Senza questa chiusura avremmo superato la capacità di capienza del sistema sanitario ticinese. Da Berna alla Lombardia: dovevamo lavorare su due fronti, per illustrare continuamente la nostra posizione: mentre per Berna eravamo troppo “pessimisti”, per l’Italia eravamo forse meno restrittivi di quello che loro si attendevano, anche se poi la nostra chiusura dell’economia ha anticipato di 24 ore la chiusura dell’Italia, da loro annunciata la domenica, da noi di sabato; da qui si è poi avviato il dialogo con l’Italia.” Vitta prosegue poi a illustrare un attento quadro economico: “in questa crisi” dice “la novità è stata che essa era mondiale, sistemica, arrivando a toccare tutte le economie. Se ne è accorta anche la Svezia, che pur evitando di fare il lockdown, ha avuto comunque pesanti ripercussioni essendo l’economia svedese principalmente basata sull’esportazione, impedita durante la crisi.” Il quadro economico globale che Vitta delinea è a tinte piuttosto fosche: “stiamo già superando” spiega “sia per l’Eurozona che per gli USA gli effetti della crisi finanziaria del 2008, la disoccupazione negli Stati Uniti sta già raggiungendo il 15%, dato elevato e superiore allo shock petrolifero degli anni ’70 -’80, e a quello della crisi finanziaria dove si andava attorno al 10%. Oggi nessuno ha una risposta certa se ci sarà uno scenario di ripresa rapida a V, oppure se sarà più lenta e lunga a U: di certo saranno mesi molto impegnativi. Non sono in grado di dare scenari sicuri, perché vi è sempre il rischio che possano esserci nuove ondate. Il nostro PIL svizzero sta scendendo al – 6,7% secondo i dati della Seco, mentre per altre fonti, di poco più ottimiste, al – 4,5%; il Canton Ticino sarebbe invece a un – 5,6 per centro di contrazione del PIL. Per la Svizzera, le esportazioni dei beni, (con astrazione per il settore farmacologico che non ha risentito della crisi), siamo già ben al di sotto del crollo registrato nel 2008. A seconda dei sondaggi fatti in questo periodo, anche la fiducia del consumatore è crollata e siamo più in negativo rispetto alla crisi del 2008.” Vitta passa poi a delineare lo scenario della disoccupazione: “siamo al 3,5% a livello svizzero” dice “ma – precisa “è ancora in vigore il lavoro ridotto, quando cesserà, il tasso sarà destinato a crescere, con la crisi del 2008 eravamo al 4 % e ad oggi stiamo andiamo in quella direzione”. Male anche il mercato finanziario: come dal 2008 si passò dal +3 al -1, così oggi si sta scendendo in negativo. Per quanto riguarda il cambio franco euro Vitta riporta che siamo a 1 – 1,06, in discesa, (già l’anno scorso eravamo verso l’1 – 1,10), mentre col dollaro siamo all’1 – 1,09, però costante.

“Il Canton Ticino” conclude Vitta “è stato più colpito rispetto agli altri per la chiusura marcata dell’economia. Il settore più colpito è stato il Turismo, nel quale si conta il – 35% dei pernottamenti, in tutto l’anno. A ripartire sarà il settore dell’edilizia, che ricoprirà il buco attuatosi, con la riapertura. Resta invece l’incognita per l’esportazione, che dipende anche dall’andamento a livello internazionale. Come Canton Ticino si parla di misure di stanziamento di 500 milioni e gli aiuti complessivi, comprensivi anche degli aiuti federali, dovrebbero raggiungere gli 1,2 miliardi.  Altri paesi hanno promesso misure, ma, a differenza della Svizzera, senza attuarle concretamente. L’agire della Confederazione è invidiato” conclude Vitta “grazie a una politica di gestione delle finanze pubbliche. Tutto ciò è appagante, perché la Svizzera aveva le riserve per far fronte a una crisi così rapida ed inaspettata”.

Prosegue Paolo Beltraminelli, ex presidente del dipartimento della sanità e della socialità, che a marzo ha contratto il Covid19 e da cui ora può dirsi guarito, raccontando la sua esperienza:

“Sono stato tra i primi, malgrado sia stato prudente, purtroppo – e ho ricostruito le cause del mio contagio – uno starnuto non subitamente riparato con la mano, ricevuto il 6 di marzo, mi ha portato l’11 marzo ad avere una tosse secca per poi, il giorno dopo, nella notte, svenire improvvisamente. Ricoverato, pensavo a qualche problema legato allo svenimento, poi, però, il tampone era positivo, e la tac mostrava già un inizio aggressivo di polmonite. Sono stato portato alla Carità, (la Clinica luganese non era ancora stata adattata per essere un ospedale Covid), e da quel venerdì 13 marzo, per le 2 settimane successive, sono stato ricoverato in terapia intensiva. È stata un’esperienza molto dura, perché la polmonite, bilaterale e severa, interstiziale – si vedevano macchie dappertutto – si estendeva, ero così debole da non riuscire a parlare, avevo febbre e una grandissima incertezza che provocava ansia, poiché ad oggi non c’è una vera medicina contro il Covid: è il tuo corpo che deve combattere e reagire. I medici erano molto attenti, premurosi ma preoccupati poiché vi erano stati casi che dopo 6-7-8 giorni erano precipitati con problemi per respirazione. Mi hanno ossigenato il sangue, per fortuna io non sono mai precipitato. Il personale è stato ottima, purtroppo c’è stato un aumento di contagi. Personalmente ho trovato eccezionale l’idea ed eccellente la capacità del Ticino: il settore sanitario ticinese è stato ottimo, dalla Carità alla clinica luganese Covid19, alle nuove costruzioni anche per la riabilitazione.

Malgrado il governo lavorasse molto bene, ci è voluto un po’ di tempo per convincere la popolazione della gravità della malattia, – che era molto di più della “normale” influenza – e che interessava altri organi oltre che i polmoni. Dopo una prima esitazione, ho accettato volentieri di essere “testimonial” per sensibilizzare la popolazione sulle procedure e le precauzioni da tenere, con le misure igieniche. Dopo due settimane sono tornato a casa e per altre due sono stato a casa con difficoltà di debolezza, accorgendomi ancor di più di quanto fossi debole: per rimettermi in sesto del tutto, quindi, ho impiegato un mese intero. L’esperienza straordinaria – nell’esperienza dura – è stato avere un ottimo riscontro con la gente che mi chiedeva come comportarsi”. Beltraminelli conclude con una precisazione: “la polmonite da Covid ha interessato anche altri organi, oltre ai polmoni, come il cuore: il mio cuore aveva dei problemi di ritmo, il battito era diminuito molto, al punto che ad oggi sono ancora un po’ sotto controllo, ma per fortuna a due mesi di distanza, ho ripreso a lavorare e posso dire di essere stato tra i fortunati. Un malato come me ha avuto meno difficoltà a stare a casa, per la debolezza, capisco la difficoltà di coloro che invece stavano bene e che invece volevano muoversi e mi complimento con l’eccellenza delle autorità che hanno convinto i ticinesi, che si sono comportati benissimo, a cambiare in via eccezionale i loro stili di vita.”

Prosegue così Andreas Cerny, medico virologo, professore di medicina di Berna e direttore di Epatocentro Ticino: “penso che per la sensibilizzazione della popolazione ticinese, con testimoni come Beltraminelli siano molto importanti. Il Consiglio Federale si basa su una strategia di orientamento e controllo delle misure, igiene, distanziamento e mascherine, questa strategia in fondo è sicuramente basata sull’evidenza, però ribadire la necessità delle mascherine è necessario, l’omissione è molto pericolosa. Il secondo errore che secondo me viene commesso dagli esperti che parlano dell’attenuazione del virus, è che è necessario per vedere all’interno di una ripresa di malattia, un periodo di 4 o 6 settimane: a una seconda ondata non saremmo preparati, non abbiamo nessun rimedio efficace, quello che è migliorato è solo la cura in generale.

Non sappiamo neanche ora tanto bene l’attivazione del sistema, (che sicuramente saranno importanti per futuri pazienti); ad oggi, malgrado tutti ne parlino, non abbiamo ancora il contact tracing, mentre  per il vaccino siamo a  una situazione molto studiata, ma, malgrado se ne parli tanto, ce ne sono più di 100 in via di sviluppo, e uno dei problemi principali a riguardo è quello di capire il correlato dell’immunità: quali siano le caratteristiche che il sistema immunitario deve imparare per proteggersi dal virus; riguardo il tasso di sierologia siamo ancora in alto mare, i vaccini di regola per implementare richiedono lo studio approfondito, l’aspetto della sicurezza deve essere attentamente rivisto, basti pensare che il primo vaccino che è stato studiato adenovirus5 ha degli effetti positivi ma il 50% delle persone ha fatto effetti collaterali abbastanza importanti. Personalmente” conclude il Professor Cerny “non sono super entusiasta, anche per la scarsità dei mezzi a livello del fondo nazionale svizzero: la prima tranche di 20 milioni è stata ridicola, in proporzione al danno economico.”

Prende la parola Beatrice Lorenzin, deputata del pd e ex ministro della salute italiana che dice “il COvid19 ha posto l’importanza globale del tema della salute: i virus ci hanno dimostrato che non rispettano i confini. Ci siamo trovati di fronte a questa pandemia impreparati, ma non avrebbe dovuto essere così: ce ne sono state altre negli ultimi decenni, la Sars, la Mers H1n1, ma anche la Zika dell’America Latina, o la Dengue, oppure l’Ebola che ci ha visto solo tre anni fa su un’epidemia diversa. Nel 2017 coordinai un forum sull’impatto dei cambiamenti climatici sull’uomo e gli animali. Lo scenario prevedeva che il virus, causa la globalizzazione, si spostasse molto, oltre i continenti. Dal 2002 avevamo dei piani pre pandemici, il sistema avrebbe quindi dovuto essere pronto. Nessuno, però, è stato pronto a livello globale. Noi, come Italia, siamo stati visti dall’Europa come naïf per le misure, ma, ad oggi, dobbiamo evitare un nuovo lockdown a ottobre, poiché abbiamo la probabilità che ci sarà una nuova ondata di Covid19: non abbiamo le risorse economiche per un nuovo lockdown. La Lombardia ha avuto grandissima sfortuna di essere l’epicentro, c’è anche una motivazione: è il distretto con la più alta concentrazione di rapporti con l’Asia. Che cosa non ha funzionato? Guardando la tv e parlandone con gli amici, credo ci sia una grandissima polemica: la Lombardia ha destrutturato il sistema del territorio e della sua produzione. Le sentinelle, quando a dicembre ha iniziato a divulgare la pandemia, avrebbero dovuto stare più in allerta, poiché i virologi, che c’era l’epidemia in Cina, a dicembre lo sapevano.

La Lombardia è stata il centro dell’epidemia in Italia, il Piemonte ha fatto gli stessi errori della Lombardia, ma abbiamo appiattito la curva, evitando che il virus arrivasse al sud. Dobbiamo riorganizzare il Sistema Sanitario italiano per cogliere per tempo i nuovi focolai, assumere nuovo personale sanitario e organizzare questo sistema di prevenzione su due livelli. L’Italia deve usare il MES: ci troviamo a dover fronteggiare una crisi senza precedenti, dobbiamo riuscire a tenere botta per organizzare una ripresa a V. il sistema italiano è un grande produttore di PIL, mettere qualche miliardo di euro su questa roba, significa creare un volano per i prossimi venti anni: utilizzare questa tragedia per renderla un punto di forza.

Parla dunque Carmel Luzzatti, per parlare di Israele di fronte alla pandemia “Israele” dice “oggi è già nella fase 2, il lockdown è stato aperto quasi completamente, e quello che vediamo negli ultimi giorni sono piccoli focolai che stanno crescendo, che costringono il governo a chiudere i licei e a mandare i ragazzi in quarantena. Israele dopo l’isolamento e la chiusura dell’aeroporto, ha adottato un livello di tracciabilità, nelle mani dei servizi segreti israeliani per combattere il terrorismo.

La tracciabilità, usando strumenti tecnologici, permette a chi raccoglie le informazioni, di sapere dove stia il terrorista. Si è capaci di sapere che il terrorista sta programmando un attento già da quando ha cominciato a pensarlo. La stessa cosa la stiamo facendo col virus: noi sappiamo oggi dove sarà il prossimo focolaio.  Sono gli stessi strumenti che permettono a Facebook di seguirci e capire cosa facciamo: possiamo avvisare quello che ha incontrato eventualmente un positivo al Covdi19, mantenendo così lo strumento sempre sotto controllo.

Essendo un paese tecnologico, Israele è molto moderno: da anni anche il medico di famiglia riesce a curare il malato a casa senza nemmeno vederlo: la banca dati è importantissima, perché schematizza le malattie. Da noi, durante la pandemia, i medici erano isolati dai malati. Possiamo vantare una collaborazione con Europa e America, ma non con la Cina, con la quale c’è stata poca collaborazione. Israele è un paese giovane, abituato a mettere in pratica le decisioni del governo”.

Conclude l’evento il professor Adrian Weiss, definendo il dibattito interessantissimo. “io credo” dice “che questo periodo debba essere visto anche come un’opportunità che ha portato il mondo ad avanzare molto più rapidamente: in soli tre mesi sono stati pubblicati più di 15 mila contributi medico scientifici. È stato un progresso medico scientifico, siamo avanzati in tre mesi come di tre anni. La cosa più importante è che quando tutto questo sarà passato non dovremo dimenticare”.