Dopo che “la protesta nera” ha messo a ferro e fuoco l’America, Donald Trump si è mostrato al pubblico più devoto che mai. Una sorta di antropologia filosofica, devota alla religione e al potere o, meglio, all’ordine statale: una sorta, insomma, di imperialismo romano, che si vota alla “religione di stato” e all’ordine sociale, mentre la società sta, però, crollando.

A un’America ormai in mano all’anarchia e ai vandalismi, Trump ha provato a rispondere così: porsi sul sagrato della John’s Episcopal Church, conosciuta come “la chiesa dei presidenti” presa di mira dai rivoltosi, che vi hanno appiccato un incendio nei giorni scorsi, e brandire la Bibbia nella mano destra. La sera prima, dalle retrovie delle linee di difesa della polizia contro i rivoltosi, Trump aveva fatto uscire i poliziotti a cavallo. “così si riporta l’ordine” ha detto, più per rassicurare l’opinione pubblica che perché ci credeva veramente.

Dopo l’uccisione di George Flyod, arrestato nero, ad opera di un poliziotto bianco, l’America si è risvegliata nell’anarchia: negozi sventrati, vie dello shopping distrutte, palazzi devastati (e non sono mancate risse, molto violente, tra i civili): da Iowa a Hudson, da Washington a New York, tutti gli Stati Uniti sono avvolti dalle fiamme, che tardano a spegnersi, divampate da Minneapolis.

C’è chi critica la mossa di Trump, troppo “conservatrice e patriottica”, c’è chi vede nel video che mostra il Tycoon e consorte a porre omaggio a Giovanni Paolo II, un ordine, da parte di The Donald, a Melania, di sorridere (aneddoto che nel video non si vedrebbe, per la verità), l’unica cosa che balugina in questa tragica e anarchica vicenda è la devastazione di un’America ormai dilaniata da una vera e propria guerra civile. Si può solo auspicare che torni l’ordine, quell’ordine che tanto auspica Trump il quale, però, è sceso di dieci punti rispetto al rivale democratico Joe Biden. Ma tutto si decreterà il 3 novembre.