Lottiamo contro il razzismo, per la giustizia sociale! (titolo originale)

* * *

Riceviamo e pubblichiamo.

Il testo (discorso pronunciato ieri in piazza a Bellinzona) non impegna il portale e il giudizio su di esso viene lasciato al lettore. Ticinolive pubblica, abbastanza spesso, il pensiero dell’estrema sinistra, poiché è doveroso farsi un’idea.

Messe a confronto con una causa originale estremamente limitata (fermo restando il valore che dev’essere riconosciuto a ogni vita) le conseguenze divampanti – chiaramente organizzate e finalizzate – che scuotono oggi il mondo sembrano fuori misura. Ma le vediamo, dobbiamo comprenderle e dobbiamo temerle.

Probabilmente il mitizzato Floyd – Spartaco del Terzo millennio, eroe – ha ben poco a che vedere con il Floyd reale. Ma non è questo che conta!

* * *

foto Wiki commons (Lorie Shaull) – https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0/deed.en

Come diceva qualcuno ribellarsi è giusto e anche bello! Negli Stati Uniti è in corso una vera e propria rivolta sociale. E la cosa non può che essere positiva. Ogni giorno centinaia di migliaia di persone manifestano in decine di città in tutto il Paese.

Una protesta che nasce dalla giusta indignazione per un terribile omicidio, perpetuato a sangue freddo da quattro poliziotti insensibili alle parole di sofferenza e di dolore con il quale George Floyd diceva di non riuscire più a respirare. Quello che è successo a lui è successo a tante altre persone. Dai tempi della segregazione e dei linciaggi, tanti sono morti per mano dei bianchi, per non essere stati abbastanza docili o semplicemente per essersi trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato o semplicemente per avere la pelle di un altro colore.

Gli agenti di polizia che hanno soffocato George Floyd per nove interminabili minuti hanno fatto come molti altri prima di loro, anche di recente. Se il loro crimine non fosse stato filmato e trasmesso, il loro falso rapporto che citava un “incidente medico” sarebbe stato l’unica prova.

Ci sono voluti giorni di mobilitazione prima che i quattro agenti responsabili venissero arrestati e incriminati.

Gli Stati Uniti, il paese che spesso ci viene presentato come modello di democrazia, sono in realtà un paese costruito sulla schiavitù. La segregazione e il feroce sfruttamento del lavoro libero hanno preso il sopravvento per costruire il capitalismo moderno. Oggi il razzismo e la discriminazione pesano ancora sui neri, quella parte dei proletari che hanno i lavori più duri e i salari più bassi, che vive nelle case e nei quartieri più poveri, quando non popolano le carceri. Non è un caso che siano stati colpiti più duramente di altri dal coronavirus (rappresentano il 15% della popolazione, ma il 60% degli infettati). In un certo senso, anche i lavoratori bianchi soffrono di razzismo, perché il dominio del grande capitale si è basato su questa divisione tra bianchi poveri e neri poveri.

La grande partecipazione di giovani bianchi alle manifestazioni e alle rivolte è sicuramente il segnale che qualcosa nel profondo della società americana si sta muovendo. Ma questo non significa che gli Stati Uniti non restino un paese fondato sul razzismo; lo dimostra in modo chiaro la presidenza Trump che, con l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali, scommette sulla più sporca demagogia razzista e di sicurezza e promuove una repressione senza precedenti delle manifestazioni.

L’attuale vento di rivolta è anche il risultato del brutale degrado delle condizioni di vita dei salariati e delle salariate americane. George Floyd viveva di lavori occasionali. Era stato un camionista, poi una guardia giurata in un ristorante. Poi, dopo la prigione, era rimasto disoccupato. È stato ucciso non solo perché era nero, ma anche perché era povero. Quella povertà è la povertà di decine di milioni di persone nel paese più ricco del mondo. Oggi quaranta milioni di americani sono appena stati cacciati dal lavoro e non possono più pagare l’affitto o i prestiti che erano stati costretti a fare per sopravvivere, e campano rivolgendosi all’aiuto alimentare. Il coronavirus ha esacerbato la guerra che la borghesia sta conducendo contro i proletari, che vengono gettati per strada per preservare i profitti del capitalismo. Così, oggi, l’intero sistema sta cedendo.

Anche da questa parte dell’oceano assistiamo a episodi di violenza e storie di abusi da parte della polizia. Anche da noi la crisi sociale e economica si fa sentire e sarà pesante.

Nonostante tutte le differenze con gli Stati Uniti, quello che sta succedendo lì riguarda tutti i lavoratori e le lavoratrici qui, in Svizzera e in Europa e nel mondo intero.

Anche da noi la crisi sociale si approfondisce, e con essa il razzismo. In Ticino lo vediamo nella sistematica politica xenofoba e razzista di alcune forze politiche come la Lega e l’UDC; ma anche attraverso quel razzismo di Stato che si manifesta nella politica verso i richiedenti asilo; quel razzismo di Stato che si manifesta nel modo in cui, ad esempio, il dipartimento degli interni guidato da Gobbi, interpreta ed applica allegramente tutta la legislazione degli stranieri mettendo in discussione diritti elementari consolidati da tempo.

Oggi ci mobilitiamo per esprimere la nostra condanna del razzismo e delle violenze poliziesche; ci mobilitiamo a sostegno di quanti lottano negli Stati Uniti e altrove nel mondo; ci mobilitiamo assieme ad altri che l’hanno fatto e lo stanno facendo in molte città svizzere.

Ma ci mobilitiamo anche di fronte ad una pandemia e a una crisi profonda del capitalismo che ci dice, come ripetono da giorni i manifestanti in America, che il razzismo (e tutte le oppressioni) si combatte trasformando radicalmente il sistema economico e sociale nel quale viviamo: quel capitalismo che cambia le sue forme ma non la sua essenza di sistema fondato sullo sfruttamento degli esseri umani.

Ci mobilitiamo perché come ha detto la figlia di George Floyd “mio papà ha cambiato il mondo”, una frase che pronunciata da una bambina di 6 anni ha un significato profondo al quale non possiamo non dare seguito.

Angelica Lepori, deputata MPS