Ospedale universitario di Wuhan – Wiki commons (Zhangmoon618) https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/deed.en

Un grande intellettuale come George Orwell (La fattoria degli animali e 1984) dopo la sua amara esperienza nella guerra civile in Spagna capì che cosa fosse il comunismo e la triste realtà dei sistemi totalitari (partito-stato) che ben descrisse nel bellissimo “Omaggio alla Catalogna”.

Scriveva: ”perché nessun comunista, cioè nessun buon comunista, potrà mai ammettere che io abbia fornito un resoconto veritiero dei fatti e se seguisse la linea del suo partito, sarebbe costretto a dichiarare che ho mentito…”

I geni sono sempre attuali, ripensando ad Orwell mi viene in mente un suo giudizio che andrebbe scolpito nella pietra: “Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato”.

Mi porta al presente. La dissidente cinese Chan Koonchung (autrice del controverso “The fat years”) si domanda come sia possibile che in Cina gli abitanti abbiano già dimenticato il dramma della pandemia. Oggi credono, sostiene, che la Cina abbia trionfato dimenticando (rimuovendo) la rabbia e disperazione che hanno subito e si domanda come sia stato possibile.

Secondo lei la popolazione ha deciso di dimenticare, ma il governo li ha aiutati “dando una spinta” in questa direzione. I sistemi totalitari hanno facilità nel sostituire la realtà e favorire il depistaggio che alla fine influenza alle radici l’opinione pubblica.

Grazie alle narrative cinesi ci sono anche da noi molti beoti che continuano ad avere un’opinione falsata della Cina. Bravissima nella propaganda, condita da alcuni omaggi di mascherine, per affermare la sua buona e generosa amicizia.

Il virus e le annesse conseguenze hanno finalmente iniziato a far chiarezza sull’accaduto. Ben 160 paesi insistono che si faccia luce attraverso un’indagine indipendente per capirne l’origine (che molti dirigenti cinesi attribuiscono a “sabotaggi” americani) e, soprattutto, sui ritardi da parte di Pechino nell’informare l’Occidente. Tale ritardo, di svariate settimane, ha significato decine di migliaia di morti.

Lo sottolinea chiaramente (e mi ripeto) la Repubblica di Cina (Taiwan). Taipei fu informata a fine anno di una malattia sospetta a Wuhan. Avendo esperienze in merito, hanno immediatamente bloccato i voli da Wuhan, verificato la catena di contatti provenienti da quella località , indigeni o meno, ed emanato norme tempestive e stringenti.

I risultati di Taiwan sono clamorosi. Un paese che ha 3 volte la popolazione della Svizzera ed è 1/3 di quella italiana se l’è cavata con 7 decessi. Ceteris paribus, vorrebbe dire 3 decessi nella Confederazione ed una ventina per l’Italia. Purtroppo la nostra realtà dei fatti è stata drammaticamente diversa e a bocce ferme dovremmo tutti chiederci il perché, dove e come avremmo tutti potuto fare meglio.

Fortunatamente non tutti i mali vengono per nuocere. Anche la stampa italiana, spesso in letargo sui fatti cinesi, ha iniziato a scrivere di Cina, non solo in termini laudativi.

Citiamo alcuni passaggi:

Pechino aveva promesso di ridurre la sua flotta di pescherecci da 12mila a 2mila (con pesca allo strascico), ora sono 16mila.

Pechino ha deciso di “imporre” nuove leggi sulla sicurezza ad Hong Kong: che si profila in parte con l’abbattere l’accordo “un paese, due sistemi” sancito dal patto per 50 anni Inghilterra-Cina.

A Londra verrà offerto a milioni di hongkonghesi vissuti ad HK prima del ’97 una protezione legale. Nascono a Londra associazioni di falchi anticinesi (Luigi Ippolito, Corriere della Sera).

Hu Weifeng, medico urologo, deceduto a causa del virus, censurato dalle autorità è stato causa di oltraggio nella popolazione. Scrive Paolo Salom (il Corriere della Sera) “ma certo un altro mattone è stato sottratto alla Grande Muraglia che protegge il regime, fino a quando reggerà?”

Dall’editoriale del Financial Times “La Cina sta aumentando le minacce nei confronti di Taiwan, una vibrante democrazia che merita più supporto”. E potremmo continuare…

In sostanza, finalmente, ci si sta accorgendo che dobbiamo saperne di più e meglio di un paese, di un’economia che non è quella di San Marino, ma fra poco, la prima con più del 15% del PIL mondiale.

Vittorio Volpi