Gli economisti ci dicono che è in atto un processo di traslazione dell’economia da Ovest a Est (Niall Ferguson: “Il grande declino”).

La mela dell’economia già ora si spezza a metà a nord del Kazakistan. Fra pochi decenni, India e Cina, rappresenteranno metà dell’economia mondiale arrivando ad avere assieme una popolazione di 3 miliardi di persone.

Dal punto di vista geostrategico si profilerebbe in un mondo multipolare, sebbene la Cina avrà un peso rilevante nell’economia e politica mondiale e sarà il contendente degli Stati Uniti. Fra di loro però si fa strada  una possibile guerra fredda, Washington-Pechino, di cui sono visibili i prodromi in questi giorni.

Recentemente Claudio Landi di Radio Radicale si domandava “se non siamo in presenza (in Asia) di vere e proprie scosse di assestamento, in attesa di un nuovo ordine geopolitico”. A parte il conflitto sempre più aspro fra Usa-Cina sul virus e sul conflitto commerciale, si stanno verificando episodi concreti di conflittualità che nascono da problemi latenti, nodi del passato che vengono al pettine.

Cina e India – Wiki commons (Simeon Scott 2005)

Vediamone alcuni. In primis, sui confini indiani nel Ladakh sempre contesi.  Secondo il Financial Times nei giorni scorsi si sono verificati scontri “brutali con decine di morti” nonostante l’accordo che prevede il disarmo per tutti i soldati coinvolti.

New Dehli dichiara una trentina di vittime, mentre la Cina non rilascia commenti. Per fortuna il conflitto è subito stato ripreso dai ministri di Cina e India, ad alto livello, che hanno concordato una tregua. Il  Premier Narendra Modi ha dichiarato chiaramente che “l’India vuole la pace, ma se saremo provocati, saremo pronti e capaci di dare una dura risposta”. Per la cronaca, fu guerra Cina-India nel 1965 per gli stessi motivi, discussione sui confini lunghi migliaia di chilometri.

Altra spiacevole circostanza in una diversa area calda: un’esplosione ad opera di Pyongyang ha spazzato via il “liaison Office” intercoreano, simbolo delle speranze di pace fra Pyongyang e Seoul. Questa palazzina a Kaesong nella Corea del Nord, vicina a Panmunjon (38°parallelo) è il luogo in cui venne firmato l’armistizio nel 1953. Armistizio;  perché non si è mai arrivati ad un trattato di pace. Nel 2018 il governo Sud coreano con il consenso del Nord aveva speso più di 8 milioni di dollari per questa sede diplomatica, primo esempio per migliorare le comunicazioni fra i due paesi  dalla guerra civile.

Prima di far brillare la dinamite, il “maresciallo” Kim Jong-un ha minacciato di occupare la DMZ (zona smilitarizzata) che separa i due paesi, ma c’è un caveat che crea incertezze. Non è il “bombarolo” a parlare, bensì la sorella Kim Yo-jong a dire che il palazzo di Kaesong “sarebbe finito in una scena di tragica devastazione”. La logica della mossa di Pyongyang è causata da episodi non graditi del Sud.

Dei rifugiati al Sud dalla Corea del Nord hanno inscenato proteste al confine lanciando palloni aerostatici che hanno fatto piovere volantini sovversivi sul Nord.  Il governo di Seoul avrebbe dovuto proibirli (ne hanno tutti i mezzi)…

Sorvolando sul linguaggio truculento, non diverso dal consueto gergo aggressivo, la domanda che si si pone è perché a minacciare è stata la sorella del leader?  È certo che  la Yo-jong sta scalando il potere. È ormai nel politburo ed appare spesso al fianco del fratello. Non sarà che Kim Jong-un sia veramente malato o in convalescenza (di non si sa bene cosa, se malattia o operazione?)  Si ricorderà che era persino stato dato per morto. La sorella è pronta a sostituirlo?Interrogativi che come solito non hanno risposte certe, attesa la opacità nelle comunicazioni di Pyongyang (non per nulla definito paese eremita).

Perché questo schiaffo al Premier Moon Jae-in dopo i suoi innumerevoli sforzi fatti per avviare un dialogo? La risposta,  per alcuni analisti, risiede nel fallimento del dialogo con Trump sul nucleare. Kim chiedeva un’attenuazione delle sanzioni contro la Corea del Nord che fanno male. Trump invece voleva tit for tat: blocco del nucleare in cambio delle sanzioni. Questa presa di posizione contro il governo di Seoul fa parte di messaggi di minaccia a Washington.

Passando ad altri contenziosi, non meno preoccupanti, le manovre navali cinesi nei mari del Sud per impaurire i taiwanesi. Le elezioni di gennaio della Repubblica di Cina (Taiwan) sono state un duro colpo per Pechino, dimostrando l’avversione ad una unificazione.  Sempre più insistentemente la diplomazia cinese riafferma “c’è una sola Cina” e cita sempre meno “un ritorno pacifico”. Sappiamo che significa…

Altro focolaio, la legge sulla sicurezza, imposta da Pechino ad Hong Kong che entrerà in vigore prossimamente, metterà a dura prova l’aspirazione di molti giovani della provincia autonoma  (un paese, due sistemi)  che sognavano di vivere in un paese con regole democratiche.

Potremmo continuare con l’elenco dei pericoli. Ciò che per ora è chiaro, è che per l’economia sarà sicuramente il “secolo asiatico”, mentre la stabilità del sistema politico è tutt’altra cosa….

Vittorio Volpi