Si è concluso oggi il processo al giovane ragazzo che due anni fa aveva progettato in dettaglio una carneficina nella scuola che frequentava, la Scuola cantonale di commercio di Bellinzona. In questi ultimi tre giorni di processo, la vicenda è tornata a farsi sentire con dettagli agghiaccianti e ha riportato in superficie il sentimento di orrore e incredulità che hanno caratterizzato l’episodio sin dall’inizio.

La corte presieduta dal giudice Mauro Ermani ha dapprima ascoltato l’accusa del procuratore pubblico Arturo Garzoni. In aula sono state presentate delle prove, come le foto dell’arsenale del ragazzo, le planimetrie della scuola disegnate da lui stesso mentre pianificava l’attacco e un video sconcertante in cui ha documentato i suoi pensieri più bui, a un paio di settimane dal giorno prestabilito:

“Ormai ho deciso. La data è fissata. Qui non sono pronti. Ho visto oggi la mia vittima zero. Le cose si svolgeranno in questo ordine. Io entrerò. Non so se avrò lo zaino, e se terrò il fucile nella custodia della chitarra. Non devo portare rispetto a nessuno. Fino al 15 maggio mi disprezzeranno. Chiederò loro che valore danno alla vita, non so cosa mi risponderanno. La loro prima reazione sarà di sbigottimento, immagino. In quel caso tirerei fuori la pistola e formulerei nuovamente la domanda. Voglio lanciare un segnale forte, che duri per sempre, indimenticabile, che possa protrarsi nei secoli. In futuro nessuno darà per scontato che chi va bene a scuola non può fare una cosa simile. Dopo aver seccato quegli idioti nella loro auletta del cavolo ucciderò altre persone. Saranno tutte fatte a pezzi. Poi salirei verso l’alto. Una volta compiuta la strage mi sarò riscattato completamente. Poi invocherò chi mi ha aiutato in tutto questo: Hitler e gli altri autori di massacri negli USA. Infine mi infilerò una pistola in bocca ed il coltello nello stomaco. Il mio onore samurai. Fine.”

Parole che ad oggi fanno impressione anche a chi le ha pronunciate: “Rivedendo, oggi, il video, mi fa molto male” afferma l’imputato, sulla cui lista nera c’erano 11 nomi. Tutti gli altri sarebbero stati vittime casuali di una follia che sarebbe dovuta culminare con il suicidio dell’aspirante assassino: “Volevo andare a scuola ed uccidere delle persone, a caso. E infine suicidarmi con un colpo di pistola in bocca e una pugnalata allo stomaco”. Il ragazzo aveva anche scritto un testamento e dei comunicati stampa in inglese, in modo da avere più risonanza possibile e garantirsi una sorta di malvagia immortalità, come quella degli attentatori americani che hanno mietuto vittime nelle loro scuole.

Fortunatamente, grazie a compagni e docenti che avevano raccolto gli indizi che hanno segnato il profondo cambiamento nel ragazzo nel mese precedente all’arresto, la tragedia è stata evitata. Il giudice Ermani ha sottolineato: “La strage non è stata sventata grazie a operazioni di intelligence, come sostenuto dal procuratore pubblico. Il merito di avere fermato questo ragazzo è di alcune amiche e di alcuni docenti. Temevano, avendo ricevuto segnali e messaggi inquietanti, che il giovane si suicidasse. La polizia ha fatto il suo, per carità”.

Durante il processo di questi giorni ci si è chiesto più volte in aula quanto concrete fossero le possibilità che il giovane sarebbe davvero passato all’azione. La risposta è una sola: non lo possiamo sapere. Ma gli atti preparatori sono stati attenti, scrupolosi e precisi. Il ragazzo ha messo in piedi quella che è stata definita dal pp Garzoni “un’operazione non solo stragista ma paramilitare”. Ha anche aggiunto che le vittime avrebbero potuto essere almeno 20: “Si tratta di uno dei casi più inquietanti nella nostra storia giudiziaria. Uno scenario da incubo, da far gelare il sangue. Anche a livello europeo faccio fatica a trovare dei precedenti”. L’accusa ha chiesto 7 anni e mezzo di carcere, pena sospesa, per il reato di atti preparatori punibili di assassinio plurimo.La difesa, portata avanti dall’avvocato Luigi Mattei, aveva auspicato “una sensibile riduzione della pena”, ma soprattutto si augurava che al ragazzo fosse data la possibilità di continuare il suo percorso in un foyer romando.

Oggi la sentenza del giudice Ermani ha condannato il ragazzo a 7 anni e mezzo di carcere, sospesi, in modo da permettergli di curarsi in una struttura stazionaria psichiatrica: “Il ragazzo necessita di una presa a carico psichiatrica intensiva”. Nella giornata di oggi il giudice ha ripercorso le tappe che hanno portato l’imputato a quei pensieri disperati: il licenziamento dalle FFS nel 2014 con la conseguente depressione, l’imposizione di frequentare la SCC, le numerose delusioni in amore, la passione per le armi e per i personaggi estremisti. In conclusione, il giudice ha detto: “ La colpa dell’imputato è gravissima. Quello che stava per fare è mostruoso. Difficile trovare le parole per descriverlo. Le modalità che aveva messo in atto fanno rabbrividire. Anche lo scopo è perverso: urlare al mondo la propria rabbia perché non ha successo con le ragazze e perché lo hanno licenziato dal posto di lavoro. Pensiamo a quante vite sarebbero state spezzate, allo sconforto in cui sarebbero finite diverse famiglie. Non ci sono giustificazioni. Auguro all’imputato di trovare, attraverso questo nuovo percorso, la giusta serenità”.