Dopo 
una maratona di quattro giorni con aspre discussioni, i leader europei hanno concordato questa mattina un accordo per istituire un fondo da 750 miliardi di euro destinato al recupero economico dopo la  pandemia da coronavirus e ai piani di spesa a lungo termine. Sono state ora superate le opposizioni iniziali di alcuni paesi per le modalità e le misure con le quali le nazioni ricche dell’Unione europea si impegneranno ad aiutare quelle più povere. Il piano prevede l’indebitamento congiunto dei paesi membri europei attraverso finanziamenti, in parte anche a fondo perduto, senza precedenti.

Di fronte alla prospettiva del peggiore colpo economico dalla fine della seconda guerra mondiale, è stato raggiunto un compromesso. La svolta è arrivata a seguito dell’ultima proposta del presidente del Consiglio Europeo Charles Michel, di versare 390 miliardi di euro in sovvenzioni e 360 miliardi di euro in prestiti da spendere entro i prossimi quattro anni per la ricostruzione economica.

Il principale disaccordo di questi difficili negoziati, tra i leader dei paesi soprannominati “frugali”, ovvero Paesi Bassi, Svezia, Danimarca e Austria, e gli altri leader europei, era rappresentato dalla quantità di denaro da inviare ai paesi duramente colpiti come l’Italia e la Spagna e quanto controllo avrebbero dovuto avere i paesi donatori sul modo in cui i fondi vengono spesi. L’unione europea ha sempre offerto prestiti in caso di crisi e non sovvenzioni, chiedendo in cambio riforme economiche. I paesi frugali volevano mantenere questa linea, ma non gli altri leader europei. Il compromesso è stato quello di ridurre la somma delle sovvenzioni e concedere maggiori e significativi sconti ai paesi frugali sui loro contributi di bilancio europeo condiviso. 

Se il paese che riceverà le sovvenzioni non realizzerà le riforme economiche, qualsiasi leader dell’Unione europea può fermare l’erogazione dei prestiti per consentire al Consiglio Europeo di ridiscutere la situazione. Un meccanismo che ricorda quello che è successo con la Grecia.

Italia, Spagna e Polonia, sarebbero i maggiori beneficiari dell’accordo, ma sono anche i paesi responsabili delle difficoltà economiche pre-pandemia che hanno condotto alla loro crisi attuale. Il primo ministro olandese Mark Ruttle, a cui ha fatto eco il suo omonimo austriaco Sebastian Kurz, ha affermato che non vuole inviare denaro in quei paesi se non danno in cambio garanzia di riforme economiche. “I Paesi Bassi vogliono veramente le riforme in cambio di prestiti”, ha dichiarato Ruttle, “e se i prestiti devono diventare sussidi, allora le riforme devono essere davvero attuabili consentendo ai leader europei dell’UE di avere il controllo”, ha aggiunto.

Gli analisti affermano che i Paesi Bassi hanno tratto enormi benefici dall’essere membri di un mercato senza  barriere come quello dell’Unione europea, compreso il fatto di aver avuto la possibilità di attirare aziende da quei paesi che ora Ruttle deride, offrendo loro basse aliquote fiscali.

Un risultato finale, dunque, rappresentato da un disordinato insieme di compromessi che ha cambiato l’equilibrio tra i 27 paesi membri, già soggetto a nuove dinamiche dal momento della Brexit.