La tesi di fondo di questo articolo è la seguente: le grandi ricchezze individuali sono meno determinanti dei mega patrimoni collettivi. Sostenibile e ben argomentato.

Naturalmente – e non dev’essere trascurato – c’è il lato psicologico della faccenda. Se il pubblico apprende che un fondo sovrano “pesa” 800 miliardi di dollari, rimane più o meno indifferente. Ma se scopre che mister Pinco Pallo possiede 10 miliardi, allora incomincia a sognare. È diverso. Pinco Pallo diventa “superumano” grazie ai suoi “tre ettari cubici di denaro”, quelli di Paperon de’ Paperoni. (NOTA. Ettari cubici ovviamente non sta in piedi). Non bisognerebbe però dimenticare che nessuno è al riparo dalle mazzate del destino, dall’ultimo degli sguatteri all’Imperatore.

La ricchezza ha sempre avuto (e conserva) il suo fascino. Françoise Sagan (mi pare) diceva: “è ben vero che la vita è una valle di lacrime, ma preferisco piangere su una Rolls Royce piuttosto che nel metrò parigino durante l’ora di punta”.

Ora passiamo all’Avvocato, che disquisisce sui miliardi di vario genere, distinguendoli in 4 categorie.

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Ripeto quanto ho già detto su queste colonne. La superficiale (o addirittura errata) conoscenza dei fatti porta a conclusioni che spesso sono pregiudizi. La più che comprensibile irritazione dinanzi alla criticabile megalomania di alcuni personaggi carichi di miliardi, dimenticando pure i discorsi da portineria dei tabloid, lo sperpero di centinaia di milioni in yachts da 150 metri (comprendo che la mia critica non venga condivisa dagli operai dei cantieri che li hanno costruiti) mi ha portato a chiedere: ma chi sono questi miliardari? Quelli che nel mondo della finanza maneggiano e dispongono di migliaia di miliardi?

Con mia sorpresa non sono i paperoni che vengono spesso nominati sui giornali a dominare le classifiche. I veri grossi miliardari, con cifre che fanno impallidire i privati, sono i fondi statali (da non confondere con le finanze di singoli Stati). Il fondo norvegese alimentato dagli introiti del petrolio del nord ha un patrimonio di 1.148 milioni di dollari, la China Investment Corporation di 940 miliardi. Seguono l’Abu Dhabi Investment Authority (579 miliardi), Kuwait Investment Authority (534 miliardi), Hong Kong Monetary Authority (528 miliardi) e la lista è ancora lunga.

Anche Jeff Bezos (Amazon), il più ricco dei privati con i suoi 100 miliardi, fa la figura del poveraccio.

Foto Wiki commons (Steve Jurvetson) – https://creativecommons.org/licenses/by/2.0/deed.en

Ma vi è una seconda categoria tra i fondi statali e le fortune individuali. Quella delle organizzazioni pensionistiche e previdenziali. In testa troviamo la Social Security degli USA con 2.719 miliardi di dollari, il corrispettivo australiano con 1.857 miliardi e quello giapponese con 1.103 miliardi. Molto noti il California Public Employees’ Retirement System (CalPERS), con oltre 400 miliardi e il California State Teachers’ Retirement System con oltre 200 miliardi, per il personale statale e docenti della California. Ma ve ne è una miriade di altri.

Tanto i fondi statali quanto quelli pensionistici appartengono ai cittadini delle rispettive nazioni e agli assicurati. Ad esempio: a spannometro ogni norvegese tramite il Fondo è titolare di un gruzzolo di circa 200.000 dollari. Sono l’espressione dello sviluppo del risparmio collettivo che si affianca utilmente a quello privato.

Questi enti miliardari fanno valere il loro potere per influenzare la politica economica (ma non solo). Il fondo norvegese ha escluso gli investimenti in fonti energetiche fossili, sostiene investimenti ecologici e così via. CalPERS, con la quale ho avuto a che fare una ventina d’anni fa, è molto sindacalizzata e fa valere la sua potenza tra l’altro nella lotta contro le eccessive rimunerazioni dei manager.

Arriviamo alla terza categoria, quella dei miliardari persone fisiche. Generalizzando, ho constatato le diversità tra i miliardari USA, quelli russi, quelli cinesi, quelli arabi e africani. Gli americani Bill Gates, Jeff Bezos, Mark Zuckerberg si sono creati la propria fortuna dal niente. Geniali intuizioni, capacità intellettuale, coraggio imprenditoriale, più il vento in poppa (mutamenti nelle abitudini della società) li hanno portati a livelli impensabili. Alcuni sentono le responsabilità che derivano dalla loro situazione e sono presenti con iniziative di decine di miliardi nella filantropia, nell’aiuto a persone o a Paesi meno favoriti. Certamente non sono tutti così e non vanno per nulla santificati, ma è scorretto dimenticare questa caratteristica fra gli americani.

I miliardari russi, sempre generalizzando, si sono affermati con la rapina. Facevano parte delle gerarchie meno esposte dell’inefficiente apparato gestionale comunista e all’implosione dell’URSS si sono messi al tavolo dividendosi le enormi ricchezze del Paese tra di loro. Visione semplificata ma non destituita di fondamento. Quelli cinesi erano al posto giusto nel momento dell’esplosione dell’economia del Paese, quando Deng ha abbracciato i principi capitalistici. Le dimensioni e i bisogni arretrati dell’economia del Paese hanno dato l’effetto moltiplicatore al loro impegno e abilità affaristica. L’origine della ricchezza degli arabi e africani sta nel potere politico, o dinastico o dittatoriale, e nello sfruttamento a titolo personale delle ricchezze del Paese.

Il vero potere nei giochi della finanza è prevalentemente nelle mani delle due prime categorie, fondi statali e pensionistici, i quali oltre agli enormi mezzi propri hanno anche enormi possibilità di indebitamento. CalPERS intende indebitarsi per 80 miliardi di dollari da investire nelle società di private-equity, quelle note per l’abilità di accollare debiti alle società acquisite, ridurre i costi al massimo, ricorrendo spesso ai licenziamenti. Questi giochi interessano meno ai Bezos, Gates, Zuckerberg e altri, perché i loro miliardi sono giustamente bloccati prevalentemente nelle loro aziende.

Riserviamo quindi pure la nostra umana (e spesso giustificata) antipatia per i singoli paperoni, ma senza dimenticare che sugli aspetti della finanza, talvolta giudicata con perplessità, hanno molto meno influsso di quanto si creda. Notevolissimo oggi il potere, anche se diviso in una miriade di enti, del risparmio collettivo, che segue le leggi del mercato che permettono (con sensibilità) di creare ricchezza.

Dimenticavo una quarta categoria di miliardari: sono gli Stati, l’Unione europea, altre organizzazioni simili con programmi e bilanci di migliaia di miliardi. Sono anche loro miliardari: miliardari in debiti.

Tito Tettamanti

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Pubblicato nel CdT e riproposto con il consenso dell’Autore e della testata