L’App cinese di cui tutto il mondo parla

Mentre molti che seguono le notizie si domandano perché “Tik Tok” sia salito agli onori della cronaca, altri si chiedono se non sia piuttosto un suono onomatopeico del movimento di un orologio (che farebbe però tic tac).

La realtà è che Tik Tok è un’App cinese nata solo nel 2017 e che ha avuto e sta avendo un successo strepitoso. Le cifre normalmente non mentono mai. Il successo di questo social network è, a dir poco, eclatante: 800 milioni di utenti nel mondo, 2 miliardi i downloads a livello globale, 50 miliardi di dollari Usa la valutazione di ByteDance, la proprietaria cinese di Tik Tok.

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Ciò detto, perché Tik Tok è diventato un problema politico virale per gli Stati Uniti ed il suo Presidente Trump? Perché Tik Tok è parte di una competizione sistemica tra Cina e Stati Uniti che ha fatto della tecnologia una delle sue armi di punta, il privilegiato campo di battaglia, inoltre è stagione elettorale negli Usa. Di conseguenza Tik Tok è diventato una nuova Huawei per Trump, al quale si è aggregata anche l’India che da parte sua ha bandito l’App. La raison d’être del problema per Trump è che l’App conta una decina di milioni di utenti negli Stati Uniti, fra le centinaia nel mondo.

L’amministrazione Trump sostiene che Tik Tok faccia capo ad una società cinese che “fungerebbe” da base (di raccolta informazioni?) all’interno degli Usa e di conseguenza una minaccia per l’interesse nazionale.

Come nel caso Huawei (rete 5G) a Washington si sospetta che la App cinese possa celare di fatto un tentativo di accedere ai dati degli utenti e quindi possa manipolare le informazioni per decine di milioni di cittadini americani.

La soluzione per Trump sarebbe la chiusura negli Usa di Tik Tok, piattaforma dove si scaricano video brevi, di ogni genere, ma mai ambigui, molto popolare, soprattutto tra gli utenti della cosiddetta generazione Z, ovvero dei giovani nati nella prima decade del 21esimo secolo.

Come sappiamo però il business è business. Un successo così strepitoso negli Usa sarebbe un vero peccato buttarlo nella spazzatura. E quindi, è apparsa all’orizzonte l’americana Microsoft, un colosso che dopo l’acquisizione di Linkedin è ansiosa di raggiungere le sue avversarie Facebook e Google sul fronte del fatturato pubblicitario.

Microsoft ha confermato l’indiscrezione di essere già in fase di negoziazione per il “pezzo” americano con gli azionisti cinesi di Tik Tok, i quali non perderebbero il loro attuale business, ma garantirebbe a Washington il controllo dei dati americani sottraendone però il controllo dai server cinesi e trasferendoli negli Stati Uniti.

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Va detto che alla ByteDance in Cina sono svegli. Da un po’ stanno lavorando per dimostrare di non essere controllati dal governo cinese. Al momento dell’annuncio della nuova legge di Hong Kong sulla sicurezza nazionale, considerato da molti un passo falso di Pechino perché destabilizzerebbe il patto fondato sul modello “un paese, due sistemi” firmato a suo tempo con il Regno Unito, ByteDance ha annunciato il ritiro da Hong Kong, ribadendo in via subliminale che la sua attività è libera da condizionamenti del governo centrale. In altre parole, meglio perdere gli 8 milioni di utenti a Hong Kong che le centinaia degli Usa, Australia, Canada, etc.

Probabilmente finirà con Tik Tok “made in Usa”, ma la storia in sintesi ci dice due cose.

Primo, il confronto con la Cina è uno dei principali cavalli di battaglia nella campagna elettorale del repubblicano Trump e non cambierà molto anche se vincesse Biden…

Secondo, il settore della tecnologia con tutte le sue ricadute ed effetti è e sarà il terreno di confronto principale fra le due grandi superpotenze Usa-Cina, con o senza Trump e senza esclusione di colpi.

Forse un nuovo tipo di guerra fredda che con ogni probabilità si scalderà negli anni.

Vittorio Volpi