Dopo le contestate elezioni del 9 agosto, i disordini in Bielorussia si sono intensificati. Aleksandr Lukashenko, presidente al potere da 26 anni, ha ottenuto il suo sesto mandato con una votazione che a detta di molti sarebbe stata pesantemente truccata. La leader dell’opposizione Svetlana Tikhanovskaya è stata costretta a fuggire in Lituania, da dove sta ora incitando la popolazione e scendere in piazza, a non restare in disparte e a organizzare manifestazioni pacifiche per protestare contro la situazione attuale.

All’indomani del voto erano 6.700 le persone arrestate. Secondo attivisti e osservatori dei diritti umani la polizia bielorussa maltratta i prigionieri. Alcuni degli arrestati  che sono stati rilasciati hanno infatti parlato di “torture diffuse” nonché di pesanti percosse che hanno dovuto subire da parte delle forze dell’ordine. Una giornalista della BBC ha diffuso un audio in cui si potevano sentire delle urla provenire da una centro di detenzione: “Ci hanno detto che i centri di detenzione sono diventati camere di tortura, dove i manifestanti sono costretti a giacere per terra mentre la polizia li prende a calci e li picchia con i manganelli”, ha riferito.

Le testimonianze sono numerose e raccontato una situazione drammatica. “Picchiano le persone in modo feroce, impunemente, e arrestano chiunque. Siamo stati costretti a stare in cortile tutta la notte. Potevamo sentire le donne mentre venivano picchiate. Non capisco tanta crudeltà” ha riferito un uomo alla BBC mentre mostrava i lividi sul proprio corpo. Il ministro dell’Interno bielorusso Yuri Karayev ha sottolineato che di assumerà la responsabilità dei feriti e si è scusato con coloro che hanno dovuto subire violenze nelle carceri.

Intanto il presidente Lukashenko fa fronte al crescente clima di tensione parlando davanti ai suoi sostenitori: “Cari amici, faccio appello a voi non perché difendiate me, ma perché, per la prima volta in un quarto di secolo, difendiate l’indipendenza del vostro Paese” ha dichiarato dal palco in una piazza di Minsk. Lukashenko si sarebbe inoltre messo in contatto telefonicamente con il presidente russo Vladimir Putin: “Alla prima richiesta, la Russia fornirà assistenza totale per garantire la sicurezza della Bielorussia” ha dichiarato l’agenzia di stampa bielorussa Belta aggiungendo che l’intervento russo avverrà “nell’eventualità di minacce militari esterne secondo le procedure previste dal patto militare congiunto”. Secondo alcuni analisti tuttavia si tratta di un bluff che dovrebbe fare vedere Lukashenko in una luce diversa, come “garante e salvatore dello status quo”.

In questo scenario gli Stati Uniti hanno già assicurato che faranno il possibile per garantire al popolo bielorusso di costruire la democrazia nel proprio paese. Lo ha aggregato il segretario di stato Mike Pompeo, sostenuto anche dai alcuni partner europei.