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Il 27 settembre 2020 si avvicina sempre di più. Quel giorno dovremo votare per decidere se approvare o meno il credito per nuovi velivoli militari, a soli sei anni dalla bocciatura dell’acquisto dei Gripen. Il costo di questi nuovi aerei da combattimento sarà pari a 6 miliardi di franchi per il solo acquisto e di 24 miliardi complessivi se si considerano i costi di manutenzione.

I contrari all’acquisto – fra cui in modo particolare anche noi della Gioventù Comunista, promotrice di un comitato giovanile contro questa nuova spesa militare che riunisce anche altri movimenti – prendono spesso come esempio l’Austria nell’ottica di dimostrare l’inutilità dei nuovi caccia.

L’Austria, infatti, il cui governo non è certamente anti-militarista, ha un territorio doppiamente esteso rispetto alla Svizzera, ma una flotta militare grande la metà rispetto alla nostra. Questo esempio è recentemente stato confermato anche da un servizio della Radio Télévision Suisse (RTS). Esso ha messo in mostra che, nonostante fra la Svizzera e l’Austria vi siano delle somiglianze, come il numero di abitanti o la non-adesione alla NATO, Vienna dispone di una flotta aerea di soli 15 jet, mentre la Svizzera ne ha il doppio e prevede addirittura di sostituirla completamente. I due Paesi hanno insomma due diverse strategie militari: contrariamente alla Svizzera, infatti, l’Austria non ha un sistema di difesa del cielo, bensì di sorveglianza dello spazio aereo, composto da due aspetti. Il primo è di carattere passivo ed è caratterizzato da radar in funzione giorno e notte alle frontiere, mentre il secondo è di carattere più attivo ed è assicurato dai velivoli Eurofighter pronti al decollo in caso di effettivo pericolo.

Insomma, anche in seguito a questo servizio della RTS, l’esempio austriaco continua a dimostrare che la flotta elvetica è sovradimensionata e che una strategia differente rispetto a quella svizzera di oggi è possibile, meno costosa e più adatta alle esigenze della polizia aerea. A ripeterlo da anni, siamo noi comunisti: la Svizzera farebbe meglio a concentrarsi su altri aspetti della sicurezza, come quella informatica e la lotta al terrorismo. L’acquisto di nuovi aerei militari, ovviamente tutti di produzione NATO (e quindi problematici dal punto di vista della nostra neutralità e sovranità poiché ci vincolano tecnologicamente all’asse UE-USA), risulta alla luce dei fatti irresponsabile, a maggior ragione di fronte alla situazione di crisi legata alla pandemia di Coronavirus.

Luca Frei, Coordinatore della Gioventù comunista