Prima degli attacchi terroristici avvenuti a Parigi nel 2015, il settimanale satirico francese Charlie Hebdo aveva stampato occasionalmente caricature del profeta Maometto, cosa proibita dalla fede musulmana. È iniziato oggi il processo che vede 14 sospetti accusati di coinvolgimento negli attacchi della sede parigina della rivista e all’Hyper Cacher kosher, un supermercato alimentare a Porte de Vincennes, a est di Parigi.

Il tribunale ascolterà le testimonianze di 144 persone che erano presenti nella scena degli assedi che durarono tre giorni e dove furono uccise 17 persone, oltre a sentire 14 periti e 200 familiari delle vittime. I due uomini che fecero irruzione il 7 gennaio 2015 negli uffici del settimanale, i fratelli Said e Chérif Kouachi, che avevano dichiarato la loro fedeltà ad al-Qaeda e l’intenzione di vendicare il profeta, uccisero nove giornalisti, un addetto alla manutenzione dell’edificio e due agenti di polizia. Il giorno dopo, un altro attentatore che aveva giurato fedeltà allo stato islamico, Amedy Coulibaly, prese d’assalto il supermercato Hyper Cacher uccidendo quattro persone di origine ebraica e tenendo in ostaggio per diverso tempo alcuni clienti. Tutti e tre i terroristi armati furono uccisi dalla polizia, ma 14 presunti complici tra i 30 e i 70 anni saranno giudicati in questo processo con l’accusa di cospirazione terroristica e complicità nell’omicidio per aver avuto un ruolo centrale nella preparazione e la fornitura dell’arsenale di armi utilizzate in una serie di attacchi che hanno sconvolto la nazione francese. Oltre 170 i rapporti compilati dagli investigatori in cinque anni. Tre dei sospettati saranno processati in contumacia, dato che sono scappati subito dopo gli attacchi rifugiandosi in zone controllate dall’Isis in Siria e in Iraq.

All’indomani degli attacchi, milioni di manifestanti hanno marciato per le strade cantando “Je Suis Charlie” in difesa della libertà di parola. Il settimanale francese, di lunga tradizione anticlericale, è diventato infatti negli anni a seguire un simbolo nazionale. L’attacco che ha colpito Charlie Hebdo è stato condannato sia in Francia che all’estero, ma alcuni ancora oggi lottano con l’idea della rivista come loro punto di riferimento. La Francia ospita una delle più grandi popolazioni musulmane d’Europa. Il ministro dell’Interno, Gérard Darmanin, ha definito “storico” il processo e ha dichiarato che la lotta al terrorismo islamista è una delle principali priorità del governo.

L’editore della rivista francese, dove i nuovi uffici assomigliano a Fort Knox per le numerose porte d’ingresso speciali con guardie armate che li circondano, ha deciso di ripubblicare le controverse vignette del profeta Maometto per segnare l’inizio del processo. Un ex collaboratore di Charlie Hebdo sopravvissuto all’attacco, Philippe Lançon, ha dichiarato ai giornalisti che la rivista a volte è eccessivamente fissata con i musulmani. “Di tanto in tanto, sarebbe meglio concentrarsi altrove”, ha detto Lançon.

Prima dell’inizio del processo, il presidente francese Emmanuel Macron, durante la visita ufficiale in Libano ha difeso la libertà di “bestemmiare” in Francia. “Dall’inizio della terza repubblica, in Francia c’è la libertà di bestemmiare, che è legata alla libertà di coscienza. Sono qui per proteggere queste libertà”, ha dichiarato Macron esprimendo cordoglio per le famiglie di coloro che sono stati uccisi in modo così codardo.