Il Paese in Europa, che si riprenderà meglio da questa improvvisa crisi, sarà sicuramente la Germania. E il merito, è dovuto a una buona dose di fortuna, unita, alle capacità tedesche e all’abilità della cancelliera Angela Merkel, che ha saputo in questi ultimi anni, rimanere sulla cresta dell’onda, senza esser mai sopraffatta dagli eventi. Il DIW (Deutsches Institut für Wirschaftplanung), il centro di ricerca economica di Berlino, ha già rivisto pochi giorni fa, i dati sulla contrazione del pil tedesco per il 2020, che potrebbe essere inferiore rispetto alle stime (6,3 %, dal 9-10% iniziale).

La fortuna, ha voluto che le basi per la creazione della macchina da export tedesca, fossero già state poste dal predecessore di Angela Merkel, Gerhard Schroeder, che rimodernizzò la Germania e riuscì a farla uscire dal pantano della riunificazione e dei suoi enormi costi, pagati anche in parte, dal resto dei Paesi europei.

Come nel 1991, quando con l’ingresso nello SME, (l’embrione dell’attuale unione monetaria), degli Stati della Germania orientale, al cambio di 1DM contro 1 ostmark, 17 milioni di tedeschi furono accolti nell’economia di mercato a salari pari rispetto all’ovest. Un impatto, che comportò una pressione inflazionistica tale da indurre la Bundesbank all’aumento dei tassi d’interesse, a tutto vantaggio del marco e a svantaggio della lira, che non riuscì a mantenersi nella banda d’oscillazione dello SME e si svalutò.

Nel lungo termine, i costi della riunificazione, azzopparono anche la Germania e nel 2003, otto anni prima della prima crisi greca, fu lei, la malata d’Europa. L’allora presidente della Commissione europea, Romano Prodi, assieme a Francia e Italia, le condonarono il deficit eccessivo e nessuna procedura fu avviata. Nel frattempo, approfittando del momento di grazia, Gerhard Schroeder, avviò una delle più grandi riforme del mercato del lavoro, che la Germania abbia mai conosciuto. La concertazione tra aziende e parti sociali fu la base per la ripartenza competitiva della Germania. Angela Merkel, al momento della sua prima nomina, nel 2005, si trovò di fatto, il lavoro svolto.

E da qui, inizia l’epoca vittoriana della potenza economica tedesca. Un epilogo molto simile ai fasti commerciali del “British Rule”, a cavallo dei due secoli, quando sull’Impero inglese, non tramontava mai il sole. La Germania è riuscita, all’ombra di Stati Uniti e Cina, a ricavarsi il suo dominio, sull’automotive e l’alta qualità tecnica e ingegneristica, con un accumulo di surplus commerciale. Non geopolitica, ma puro mercantilismo. Sotto il “regno” della Merkel, le esportazioni tedesche sono passate da 786 a 1328 miliardi di euro.

Per la durata del suo cancellierato, Angela Merkel, assomiglia, per molti aspetti, a una nuova regina Vittoria, come ha ricordato Stefano Casertano, su Milano Finanza, alcuni giorni fa, in un articolo dal titolo “ Perché Angela Merkel, è la nuova regina Vittoria”. Grazie a una scaltrezza levantina e al potere della dissimulazione, Angela Merkel, è riuscita a superare tutte le crisi, senza mai soccombere. Solo gli stupidi, non cambiano mai idea. E Angela Merkel, sembra averla cambiata spesso. Dal nucleare, ai migranti. Dal rigore economico al laissez-faire inaspettato dei nostri giorni. Perfino la Corte di Karlsruhe, che sembrava minare inesorabilmente le sorti dell’euro, è stata silenziata, grazie al lavoro sotteraneo di Angela Merkel e al sostegno del Bundestag. E’ di fine luglio, la mozione del parlamento tedesco, che avalla l’operato della BCE e la lettera del ministro delle finanze tedesche Scholtz, all’alta corte. Oltre alla recente nomina del nuovo presidente della Corte costituzionale tedesca, più vicino alle idee della cancelliera.

A corollario, la buona gestione della crisi del virus, che ha proiettato ormai Angela Merkel, nell’Olimpo dei grandi premier tedeschi. La sua popolarità è arrivata al 71%. Grazie al suo modo di essere contemporaneamente pragmatica, fluida e post ideologica, è riuscita ad annientare le opposizioni, senza colpo ferire. Chiamata benevolmente “mutti” (mamma) dai tedeschi, incarna le doti di resilienza di quelle madri, che lavorano nel silenzio e dietro le quinte, come sostiene Michael Braun, corrispondente del quotidiano berlinese Die Tageszeitung, nel suo libro dal titolo.” Mutti, Angela Merkel spiegata agli italiani”.

Angela Merkel, non avrà forse molto gusto estetico, come le rimproverò una volta, lo stilista tedesco, Karl Lagerfeld, ma ha il fascino di quella intelligenza riflessiva e calcolatrice, tipica, delle menti matemetiche. Una superbia intellettuale silente e dominatrice, in uno stile sobrio e sommesso. Sicuramente, Angela Merkel, è stata forgiata dalla dura esperienza della DDR, come ci ricorda l’analista politico Laurent Chalard sul Le Figaro, con un articolo “Angela Merkel, produit d’Allemagne de l’Est?” . Un’esperienza che le ha formato il carattere e che la insegnato la capacità di non svelare troppo velocemente le proprie idee e di adattarsi alle situazioni.

Refrattaria alle decisioni impulsive, Angela Merkel, rimane fedele al suo corso interno e alle sue idee liberali. La continuità e la sinergia, tra la cancelliera e il mondo industriale tedesco, ha avviato la Germania verso una politica estera prettamente mercantilista, vincente. L’interesse ecomomico, prima di quello politico. Come disse profeticamente, il giornalista e scrittore italo tedesco, Curzio Malaparte, in un suo articolo nel 1953, sulla rapida ricostruzione post bellica tedesca, “La Germania non avrà più bisogno di fare un’altra guerra, per occupare l’Europa”.

Friedrich Magnani