Scacco matto a favore di Trump: a riprova della sua denuncia di affari loschi in Ucraina condotti dal suo avversario Joe Biden (denuncia sempre smentita e mai affermata) questa volta sono spuntate delle mail del figlio di Biden, Hunter, che confermerebbero che questi avrebbe presentato a suo padre un alto dirigente di Burisma, la società energetica ucraina in cui era stato assunto, con uno stipendio da capogiro (50 mila dollari al mese).

Hunter Biden, figlio dello sfidante di Trump

Biden al contrario ha sempre negato di aver coinvolto il figlio nei suoi affari all’estero, ma prima che l’allora vice presidente fosse accusato da Trump di aver fatto pressioni sui funzionari del governo di Kiev affinché licenziassero un procuratore che stava svolgendo indagini “scomode”, Hunter Biden, primogenito (e unico rimasto in vita) dei figli dell’attuale sfidante di Trump presentò a suo padre un alto dirigente della società energetica ucraina in cui lavorava.

Il 17 aprile Vadym Pozharskyi, un membro della dirigenza di Burisma, inviò a Hunter Biden un messaggio in cui si menzionava un incontro avvenuto tra lui e suo padre, Joe: “Caro Hunter “recita così la mail scovata oggi “grazie per avermi invitato a DC e per avermi dato l’opportunità di incontrare tuo padre e di aver passato un po’ di tempo insieme. È un onore e un piacere”.

Un innocente incontro, quello del padre di Hunter e la società presso la quale quest’ultimo era assunto a 50 mila dollari al mese? C’è di più: nel 2014, Pozharskyi chiede esplicitamente consigli a Hunter su come “usare la sua influenza per conto dell’azienda”.

Una bella contraddizione, quella tra l’evidenza di un incontro non certamente limpido avvenuto tra Burisma e Biden e l’affermazione di quest’ultimo, al dibattito con Trump, di non aver avuto mai rapporti con l’Ucraina.

Inoltre, a proposito di rapporti, è emerso un filmato in cui Hunter, in dodici minuti, ha un rapporto sessuale con una donna non identificata, mentre fuma crack.

Donde sono emersi tutti questi scioccanti dati? Da un computer portato nell’aprile 2019 in un centro riparazioni in Delaware, lo stato di Biden.

Ah, maledetta tecnologia…