Il governo degli Stati Uniti ha deciso di aprire una causa antitrust nei confronti della società che controlla il gigante dei motori di ricerca Google, Alphabet. La ha comunicato il dipartimento di Giustizia degli USA. La decisione arriva dopo un’indagine durata un anno intero e che ha rivelato una situazione di monopolio sugli altri motori di ricerca, ottenuto attraverso collaborazioni illegittime e accordi commerciali esclusivi con altre aziende. Il risultato è che a causa di Big G non esiste una vera e propria concorrenza di mercato in questo settore.

Il procedimento legale dovrebbe essere avviato da un tribunale federale di Washington, DC e rischia di creare non poco scompiglio nella Silicon Valley. È la prima volta infatti che un gigante della tecnologia viene sfidato in questo modo dal governo e questo potrebbe minare la vastità dell’attuale dominio di Google.

Secondo l’accusa, Alphabet utilizzerebbe gli ingenti profitti raccolti dalla pubblicità per comprarsi un posto permanente e indiscutibile su dispositivi come computer, tablet e smartphone. Particolarmente problematico l’accordo tra Alphabet e Apple, il primo infatti pagherebbe dagli 8 ai 12 miliardi di dollari all’anno all’azienda che produce gli iPhone per assicurarsi che Google rimanga il motore di ricerca predefinito sui loro dispositivi.  Tecniche simili, ma con altre aziende, sarebbero adottate per il sistema operativo Android, sempre di proprietà di Google. Nel mirino dunque le modalità con cui Alphabet si assicura che il dominio di Google rimanga intoccabile.

“Se il governo non applica le leggi sull’antitrust per permettere che esista una concorrenza, potremmo saltare la prossima ondata di innovazione, se succede, gli statunitensi potrebbero non godere mai dei benefici portati dal prossimo Google” ha dichiarato il portavoce del dipartimento della Giustizia Marc Raimondi.

Alphabet si difende: “Il punto è che le persone non usano Google perché sono obbligate a farlo, ma perché lo decidono loro stesse”. In un post sul blog di Google, l’azienda sottolinea come il procedimento messo in atto dal governo statunitense rischia di svantaggiare i consumatori, dando visibilità a prodotti di qualità peggiore. Sostiene inoltre che anche se Google cerca di essere il più visibile possibile per l’utente, quest’ultimo può anche liberamente usufruire dei prodotti dei loro concorrenti, qualora lo desiderasse. Tra questi prodotti citano il motore di ricerca Bing, di proprietà della Microsoft.