La paura fa novanta

La seconda ondata di Covid-19 è a mio avviso opinabile, ma una cosa è certa: è arrivata la seconda ondata di isteria collettiva. Più pericolosa e ancora più diffusa della prima, in quanto chi, nel frattempo, è stato colpito o ha avuto dei cari colpiti dal coronavirus, vede suffragate le notizie che giornalmente vengono comunicate nella forma più adatta a seminare il panico. La paura fa novanta! Mai un detto popolare fu più appropriato. Aumentano i contagi e – non importa se le ospedalizzazioni sono diminuite e i ricoveri in cure intense e i decessi sono quasi a zero – si sono improvvisamente moltiplicati i cultori dell’«io l’avevo detto» che reclamano a gran voce l’adozione di misure tanto draconiane, quanto spesso altrettanto assurde. Si invoca un secondo “lockdown” – il governo accarezza l’idea di imporlo per un paio di settimane, ma c’è già chi ulula in preda al terrore che due settimane non bastano, bisogna chiudere tutto e a tempo indeterminato – incuranti dei danni economici che ha già provocato il primo. «La salute prima di tutto!», si pontifica sui social media. Ma, appunto, per preservare la salute occorre innanzitutto essere vivi, e non morti di fame come succederebbe se all’economia fosse impedito di operare.

La paura del virus …

È indubbio che la paura più diffusa è quella del proliferare del virus. L’isteria collettiva è giunta a un punto tale che chi si azzarda a metterne in discussione la sensatezza o anche solo invita alla calma, è immediatamente tacciato di irresponsabile negazionista dell’evidenza e classificato d’ufficio nella categoria degli stupidi. Ci si dice «Chi siete voi per mettere in dubbio gli autorevoli pareri degli esperti?», sorvolando bellamente su due cose: primo, che gli esperti non sono unanimi, per ogni parere a favore delle tesi più nere ce n’è un altro molto meno allarmante di un esperto non meno qualificato. Secondo, che la domanda potrebbe essere quindi rovesciata in «Chi siete voi per pretendere di imporre i pareri di certi esperti (nella fattispecie, quelli che confermano le vostre paure)?»

… ma anche la paura di sbagliare

Da parte dei singoli cittadini che temono, infrangendo qualche regola, la condanna e la messa alla berlina da parte del pedissequo «mainstream», un atteggiamento che, specialmente nella vicina Italia, è stato incoraggiato addirittura da un invito alla delazione rivolto alla popolazione. Ognuno si sente censore del comportamento del vicino: dalli, dalli all’untore che va in giro senza mascherina. Un po’ come l’automobilista confederato che ti sta davanti in terza corsia dell’autostrada, rigorosamente a 120 Kmh impedendoti il sorpasso, perché anche tu devi assoggettarti alla legge sulla circolazione. Per impedirti di correre a qualche Kmh più del consentito, ti spinge alla ben più riprovevole infrazione del sorpasso a destra.

Accade così che anche chi non condivide l’isteria collettiva, si adegua alle regole per non essere additato al pubblico ludibrio.

C’è poi la paura di sbagliare dei governanti. Troppa è la pressione su di loro da parte della popolazione e dei media. Se chiudono le scuole, sono esagerati, se le aprono sono dei delinquenti. Se chiudono i locali pubblici, mandano in fallimento un intero settore economico, se li lasciano aperti sono degli irresponsabili. Succede allora che prendono solo delle mezze misure, le meno (per fortuna) invasive che sia possibile, per cercare di tenere il piede in due scarpe e pararsi le spalle da eventuali critiche a posteriori. L’uso obbligatorio della mascherina all’interno dei locali aperti al pubblico (e fin qui ci può anche stare) e, come in Italia – ma si accarezza l’idea d’introdurlo anche qui – anche all’aperto. I contagi aumentano lo stesso, a dimostrazione che la mascherina è inefficace, ma almeno non si potrà dire più tardi che non hanno fatto niente.

C’è infine un’altra paura, quella degli organizzatori di manifestazioni pubbliche. Partiti, società sportive, associazioni di vario genere rinunciano organizzare le assemblee sociali perché, metti caso che un partecipante finisca in quarantena, le ripercussioni sarebbero indescrivibili.

Terminerà prima il Covid-19 o l’isteria collettiva?

Francamente, temo che la seconda durerà fintanto che durerà il primo. È infatti difficile che la gente rinunci a questo atteggiamento apprensivo. Specialmente se continuerà a essere alimentato da una comunicazione volutamente tendenziosa da parte di autorità e media, apparentemente interessati a coltivare ulteriormente il panico seminato negli ultimi otto mesi. Verosimilmente, la paura continuerà a fare novanta ancora per un po’.

Eros Nicola Mellini (dal Paese, per gentile concessione)