Che tuttavia riprende con una nuova interprete

Accusato di aver ucciso la moglie a Bellinzona nel 2017, l’eritreo 39enne è stato processato ma il processo ha subito rocambolesche interruzioni, il giorno prima per un “crollo psicologico”, il giorno seguente, invece, per una grave bestemmia.

Durante la prima pausa del dibattimento a Lugano, avvenuta il 14 dicembre, il 39.enne accusato di aver assassinato la moglie nel 2017 a Bellinzona non si è sentito bene dal punto di vista del profilo psichico: la dottoressa del carcere ha consigliato così la sospensione per una visita medica.

Il processo a carico del 39 enne eritreo accusato di aver ucciso la moglie, una connazionale 24.enne, gettandola dal quinto piano di un palazzo a Bellinzona il 3 luglio 2017 al termine di una lite su un presunto tradimento, si è pertanto interrotto alle 14.30 di due giorni fa, con la decisione che sarebbe ripreso la mattina seguente (ieri) alle 9.00.

Il 39 enne ha continuamente negato la propria responsabilità, sostenendo invece che la ragazza fosse depressa e volesse suicidarsi. Il polso rotto della vittima, però, fa pensare a una colluttazione avvenuta prima del tragico evento.

L’uomo è stato rappresentato dall’avvocatessa Manuela Fertile; durante la pausa, però, l’imputato ha subito subito un crollo psicologico; è stato quindi visitato, e la Corte delle Assise criminali ha quindi deciso che il dibattimento non sarebbe ripreso. Secondo il medico, il presunto omicida “Ha avuto una reazione acuta alla sua situazione attuale avendo dovuto ripercorrere fatti che gli causano sofferenza»; si è dunque proceduto con una leggera terapia ansiolitica.”

L’indomani, dunque, il processo è stato ripreso, ma l’uomo, che non parla italiano, bensì il tigrino, una lingua tribale, ha usato un’espressione che l’interprete ha tradotto con una bestemmia. Non è dato di sapere se la traduzione fosse fedele.

Il giudice Marco Villa si è profondamente adirato: l’interprete dell’imputato ha così lasciato l’aula dopo un’accesa discussione con il giudice. Ora, l’assenza di un traduttore rischiava di far slittare il proseguimento del dibattimento al prossimo anno. La bestemmia sarebbe stata “scandita in maniera chiara e gratuita”, e così il giudice Marco Villa “di fede cristiana” ha biasimato veementemente il traduttore. Grazie a una nuova interprete, reperita in tutta fretta, il processo è ripreso.

La morte della giovane era stata ricostruita dal procuratore pubblico Moreno Capella, titolare dell’inchiesta: secondo la quale, verso le 22.50 del 3 luglio 2017, l’uomo aveva chiuso in camera i figli e si era rivolto contro la giovane moglie, convinto (erroneamente, secondo il PP) che ella avesse una relazione adulterina. La ragazza avrebbe negato, l’uomo l’avrebbe allora colpita con sberle e schiaffi, afferrata da tergo al collo con violenza, e minacciata («ti faccio fuori»). L’avrebbe poi seguita sul balcone e l’avrebbe gettata dal quinto piano.

Secondo l’imputato, invece, la donna si trovava già cavalcioni sul parapetto ed egli avrebbe solo tentato di salvarla. I testimoni del vicinato, però, raccontano che la coppia stava sì litigando, ma la donna non era sul parapetto.

Il processo continua.