Abbiamo trovato nel portale questo Zibaldone del nostro compianto amico Gianfranco, scomparso nel luglio 2016, la cui prima parte ricorda un interessante episodio legato a Flavio Cotti, e lo riproponiamo ai nostri lettori.

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Pubblicato il 4 aprile 2016

C’era anche Dürrenmatt

soldatiSenza memoria siamo spiritualmente morti. E senza oblìo siamo psicologicamente paralizzati. (Senza rispetto per gli anziani, aggiungo io, in un’epoca in cui il far largo ai giovani è diventato un mantra, siamo degli st….., dove la scelta è limitata a due soli termini di uguale punteggiatura. La mia preferenza va a quello più volgare). Da una certa età in su il timore dell’Alzheimer o dell’ictus diventa una costante dei nostri pensieri. Dal rischio incombente dell’oblìo che è dimenticanza, perdita di memoria fisiologica e perciò ineluttabile, siamo terrorizzati. I soli a dimenticare senza rimpianti sono i bambini e i giovanissimi.

Peter von Matt comincia all’incirca così, il 14 gennaio 2011, un discorso celebrativo in occasione del ventennale della nascita dell’Archivio della Letteratura Svizzera presso la Biblioteca nazionale di Berna. L’idea di realizzarlo era scaturita dalla necessità di preservare dalla dispersione l’archivio personale di Dürrenmatt, in ossequio alla convinzione che i lasciti devono essere affidati alla mano pubblica.

DürrenmattTralascio i preamboli e gli incontri tra i 5 o 6 promotori dell’istituzione. Il 9 dicembre 1988, al celebre Hôtel Bellevue di Berna, Dürrenmatt, accompagnato tra altri da von Matt, incontra, ad un pranzo di lavoro, Flavio Cotti e i suoi principali collaboratori, per dare il suo definitivo consenso alla cessione dell’archivio. Di particolare buon umore lo scrittore si addentra sin dall’antipasto in una discussione dei massimi sistemi, inizio e fine dell’universo, soprattutto la fine della terra, che avverrà quando il sole si gonfierà fino a diventare una cosiddetta gigante rossa e brucerà tutti i suoi pianeti. Inutili, sul momento, i tossicchiamenti del consigliere federale per riportare il discorso sull’argomento previsto. Dürrenmatt, imperterrito, passa dalla Nebulosa di Andromeda a quella di Orione e poi a Sirio, che un tempo era stata una gigante rossa come il sole, per poi ridursi a una cosiddetta nana bianca.

CottiIl pranzo era terminato e lo scrittore ancora concionava, con quel sorriso fine che von Matt avrebbe in seguito rivisto quando pronunciò il suo celebre discorso “La Svizzera come prigione”, dicendo con l’espressione più serena le cose più feroci. Un funzionario del Dipartimento entrò a quel momento nella sala, si diresse verso il consigliere Cotti e gli sussurrò qualcosa all’orecchio. Cotti impallidì, si scusò e si precipitò fuori dalla sala. Dürrenmatt passò allora dal cosmo al cervello umano, perfettamente a suo agio. Cotti ritornò, si sedette al tavolo e, dando prova di una nuova (e per me insolita) risolutezza interruppe lo scrittore e riportò il discorso sull’argomento per il quale era stato programmato l’incontro. Il grande drammaturgo: “Sì sì, lo avrete (il lascito), ma dovrete allestire un archivio fatto così e così ….”. Continua von Matt: “Sollievo generale, grande gioia”.

Fu in tal modo che nacque l’Archivio della Letteratura Svizzera. La subitanea uscita di sala di Flavio Cotti era dovuta al fatto che Elisabeth Kopp aveva informato proprio in quel momento il Consiglio federale della sua lunga e controversa telefonata al marito.

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Ad inizio febbraio ho ascoltato il discorso che la Signora Simonetta, che tanto buona e petalosa appare ma non è, ha rivolto a tutti i concittadini (che considera suoi pupilli da riportare sulla retta via) per convincerli a respingere l’iniziativa UDC-SVP per l’espulsione obbligata dei criminali di importazione. Un tipico, da parte sua, susseguirsi di furbesche manipolazioni semantiche, di approssimative mezze verità, di allusioni e fraintendimenti, quasi per convincere l’ascoltatore che nella realtà era il governo che voleva espellere i criminali, contro la volontà del popolo che vorrebbe ad ogni costo tenerseli in casa per poterli risocializzare. La votazione è andata come tutti sanno, con un responso chiaro e convinto, ma il discorso della Signora, mellifluo e insinuante, è stato una manipolazione di fatti e intenti.

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Ho sentito parlare di Angela Merkel come futura (e spero anche prossima, così smetterà di far danni in Europa) segretaria generale dell’ONU. E ho anche letto di un ex direttore della Banca d’Inghilterra che pensa che il giudizio “storico” sull’operato della cancelliera e sulla sua personalità risulterà molto più severo di quel che non sia attualmente, pur tenendo conto dell’infelice uscita a proposito dell’accoglienza che la Germania può e deve offrire alla fiumana di asilanti che ci sta sommergendo. Il mio personale giudizio sulla Signora è quindi, da anni oramai, “storico”.

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Il paese che ha più dollari di tutti gli altri nelle riserve della sua banca centrale è, per concorde opinione mediatica, la Cina. L’inflazione, il più efficace e produttivo collaboratore dei debitori a scapito dei creditori, vegeta assopita nei pressi o sotto lo zero, malgrado tutti gli sforzi delle banche centrali. I tassi d’interesse, azzerati oramai da anni, tendono viepiù al negativo. Logico quindi che i banchieri centrali cinesi comincino a preoccuparsi e intensifichino un’acquisizione, tramite i suddetti dollari, fasulli perché stampati in quantità illimitate, di beni reali, terreni, costruzioni, aziende, materie prime e così via.

I telai tessili Saurer (se ricordo bene già in possesso, anni fa, di Tito Tettamanti), ai tempi al vertice mondiale della qualità, di svizzero hanno adesso solo il nome. In sostanza sono cinesi. La Syngenta è un grosso conglomerato agrochimico, preso di mira dal più forte concorrente a livello mondiale, l’americana Monsanto, madre di tutti gli organismi geneticamente modificati. A quanto sembra, i cinesi sono riusciti a togliere l’impresa basilese dalle grinfie made in USA proprio usando dollari fasulli made in USA. Un colpo da maestri, due piccioni con una fava, sbarazzarsi di carta da basura in cambio di un’azienda di punta. Che sia l’inizio di una nemesi storica?

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Letto, sulla “Weltwoche”, un’intervista a Ronald S. Lauder, presidente del “World Jewish Congress”, a proposito dell’eredità Gurlitt (un collezionista tedesco scomparso due anni fa che deteneva nascosto in cantina un tesoro pittorico, a quanto sembra solo in piccola parte di dubbia provenienza come risultato di furti dei nazisti). Il tono arrogante e ultimativo dell’intervistato mi è “fortemente non piaciuto”. Anche per un presidente di un’associazione della forza di quella che Lauder presiede una briciola in più di diplomazia non verrebbe per nuocere.

Gianfranco Soldati