San Nicola diventa Nonno Gelo

Ovvero come il folclore e le tradizioni culturali russe si intrecciano con la storiografia moderna e contemporanea.

Sulle origini di Babbo Natale (Santa Claus – San Nicola) sorvolo, in quanto è facilissimo per chiunque documentarsi in Internet accedendo a decine di migliaia di pagine che ne descrivono le origini e gli sviluppi fin nei dettagli più infinitesimali.

Preferisco dedicarmi al suo alter ego slavo, soprattutto russo, Nonno Gelo, che si differenzia in molteplici aspetti, e ritengo sia più interessante dal punto di vista culturale e storiografico.

Iniziamo dal costume: si veste di blu, azzurro o bianco, raramente di rosso (“contaminazione” piuttosto recente, per emulazione forzata con l’omologo occidentale), generalmente ornato con raffigurazioni di fiocchi di neve visti al microscopio e ingigantiti e con vari e sofisticati stilemi ricamati di evocazione bizantina.

A differenza di quello occidentale, quello slavo non deriva da un santo ma da un demone, Morozko, che secondo il folclore popolare disponeva del potere di congelare le persone, gli venivano infatti attribuite tutte le morti per assideramento, che in Russia solo negli ultimi secoli si contano a milioni (soprattutto a causa delle varie guerre e carestie correlate e aggravate con il gelo invernale).

L’accezione di demone non è analoga al significato proprio della cultura cristiana e cattolica in particolare, diffuso nel mondo occidentale. Nella cultura slava Morozko appartiene alla categoria dei démony, che non erano affatto malvagi, semmai “neutri”, in equilibrio tra bene e male, punivano i malvagi e premiavano i giusti e soprattutto applicavano le leggi di natura, per le quali se ci si avventura ad affrontare il rigido inverno russo senza adeguate protezioni e cautele ci si assiderava inevitabilmente.
Già durante il Pieno Medioevo anche la figura pagana di Morozko dovette subire adattamenti, per sopravvivere nell’immaginario popolare alle ingerenze della religione cristiana che si andava diffondendo. Perdendo gradualmente quel poco di malvagità che gli veniva ancora attribuita, fino a divenire un dispensatore di regali ai bambini, divenendo pertanto il più bonario Ded Moròz, cioè Nonno Gelo.

In Epoca Moderna (Tardo Rinascimentale) siccome di stava diffondendo in Russia il culto del vescovo di Myra (nel Patriarcato di Costantinopoli, noto soprattutto in Italia come San Nicola di Bari), ed anch’egli portava regali ai bambini il 6 dicembre, si convenne che Ded Moròz dovesse fare altrettanto ma a fine anno, il 31 dicembre, festività intensamente vissuta in Russia. Questa convenzione e transizione, poi consolidatasi come tradizione, avvenne sicuramente a partire dagli inizi del ‘700 ad opera dello zar Pietro il Grande che per uniformarsi ai paesi occidentali adottò finalmente il calendario giuliano (abolendo quello bizantino).

Nonno Gelo non ricorre agli Elfi come assistenti ma a Sneguročka (etimologicamente significa “fanciulla di neve”), una bellissima ragazza dai costumi sgargianti, anch’ella di origini pagane, sarebbe la figlia dell’inverno e della primavera, quindi figlia di Nonno Gelo e di Vesna.

Nemmeno i bolscevichi con il loro ossessivo ateismo e le loro assurdità e oscenità culturali e propagandistiche riuscirono a impedire il proseguimento di queste tradizioni. Seppur vietate per almeno i primi vent’anni di dittatura, poi dovettero scendere a compromessi e compiere vere e proprie acrobazie propagandistiche per accettare e adattare tali costumi all’ideologia di regime, cosa che avvenne sul finire degli anni ’30. Operazione di politica sociale e culturale resasi necessaria per contrastare il sopravanzare del concorrente capitalistico occidentale di Babbo Natale (Santa Claus), che rischiava di soppiantare Nonno Gelo.

Altra caratteristica tipica e distintiva di Nonno Gelo è che di solito si muove da solo e a piedi, eccezionalmente si avvale di una slitta trainata da un troyka, cioè da tre cavalli.

Nonno Gelo con la sua assistente (e figlia) Sneguročka (fanciulla di neve)

Adesso argomentiamo Nonno Gelo nella sua versione identificativo con il Generale Inverno, cioè il migliore alleato della Russia, del Sacro Suolo della Patria. Che si aggiunge al fango, alla polvere, alle immensità delle sue distese territoriali, oltre 17 milioni di kmq, che rendono praticamente impossibile qualsiasi appoggio logistico alle truppe d’invasione (per quanto possa essere efficiente), per cui sarebbe da ritenersi folle qualsiasi progetto di conquista e dominio, ma la megalomania ha spesso condizionato i progetti espansionistici dei tiranni.

Spesso vengono citati i falliti tentativi di conquista di Napoleone nel 1812 e di Hitler nel 1941, ma in realtà i tentativi inerenti la storia moderna e contemporanea sono almeno quattro, e gli altri due sono perlopiù trascurati, non solo a livello mediatico ma anche dalla didattica scolastica e quindi nell’immaginario collettivo.

Il primo a provarci fu Carlo XII di Svezia all’inizio del ‘700. All’epoca il regno di Svezia era una delle principali potenze europee, infatti Carlo XII disponeva dei titoli di Re di Svezia, Granduca di Finlandia, Duca di Brema-Verden, Duca del Palatinato-Zweibrücken.

Carlo XII era un condottiero eccezionale, ottima stratega e tatticista, diplomatico e politico di primo piano, espanse notevolmente i confini del regno di Svezia conducendo guerra alla Danimarca, alla Norvegia, alla Sassonia, alla Polonia, alla Lituania e due campagne contro la Russia. Era praticamente sempre in guerra, con un potentissimo esercito quasi sempre vittorioso riuscì a costruire un impero, finché non fu sconfitto (soprattutto a causa del rigidissimo inverno russo) in un paio di battaglie in Russia e pochi anni dopo morì in combattimento durante l’assedio della fortezza di Fredriksten in Norvegia.

Il secondo evento bellico che viene trascurato, che cronologicamente e storiograficamente sarebbe il terzo, come successione, è avvenuto durante la Grande Guerra, poi denominata I Guerra Mondiale. Il Generale Inverno fu il principale fattore che impedì alle truppe imperiali alleate, germaniche e austroungariche, di invadere con successo la Russia, il cui esercito all’epoca era numeroso ma non particolarmente temibile ed efficiente e guidato da generali perlopiù incompetenti, anacronistici e in rivalità tra loro.

Durante la II Guerra Mondiale furono centinaia di migliaia le truppe tedesche, bulgare, rumene, italiane, ecc., che sono morte assiderate a causa del Generale Inverno, con temperature mediamente inferiori ai 40 gradi sotto zero.

Attualmente Il Generale Inverno è solamente più considerato nella sua veste folcloristica e “turistica” di Ded Mòroz (Nonno Gelo) ed è collocato geograficamente nella suggestiva cittadina di Velikij Ustjug (delle dimensioni di Casale Monferrato), situata nella Russia Europea a un migliaio di km da Mosca, località nota per il suo raffinato artigianato e la sua storia monastica e mercantile. Appena una ventina di anni fa l’allora sindaco della municipalità ebbe l’idea di inventarsi e costruire, tramite i locali abili artigiani, la residenza di Nonno Gelo, e da allora ogni anno nella cittadina si riversano circa 200mila turisti, divenendo la principale fonte di reddito per la popolazione del luogo.