20091101 - ROMA - CRO : CARCERI: SUICIDIO BLEFARI, IMPICCATA IERI SERA CON LENZUOLA. Un interno del carcere di Rebibbia, a Roma, in un'immagine d'archivio. La neo brigatista Diana Blefari Melazzi, condannata all'ergastolo per l'omicidio del giuslavorista Marco Biagi, si e' impiccata ieri sera, attorno alle 22:30, utilizzando lenzuola tagliate e annodate. La donna - secondo quanto si e' appreso - era in cella da sola, detenuta nel reparto isolamento del carcere Rebibbia femminile. Ad accorgersi quasi subito dell'accaduto sono stati gli agenti di polizia penitenziaria che - si e' inoltre appreso - avrebbero sciolto con difficolta' i nodi delle lenzuola con cui la neo brigatista si e' impiccata in cella e avrebbero provato a rianimarla senza pero' riuscirvi. ANSA / ALESSANDRO DI MEO / ARCHIVIO / PAL

 


All’inizio di questa settimana, il presidente Joe Biden ha firmato il suo primo ordine esecutivo sulla giustizia penale, imponendo al Procuratore generale di eliminare gradualmente l’uso delle prigioni private da parte del Dipartimento di Giustizia e senza più rinnovare i contratti con le strutture di detenzione criminale gestite privatamente.

L’ordine riflette un rapporto del 2016 dell’Ufficio dell’ispettorato generale del Dipartimento di Giustizia (DOJ), il quale, esaminando una serie di prigioni private, sempre più violente delle loro controparti pubbliche, condannava il fallimento degli standard di base per garantire la salute e la sicurezza delle persone sotto custodia. Il rapporto conferma che le carceri private sono peggiori delle strutture gestite dal governo, con un tasso del 28% più alto di aggressioni tra detenuti. Con l’aumento del numero delle persone imprigionate nelle strutture private, è cresciuto anche il numero di immigrati detenuti in tali strutture. Negli Stati Uniti ci sono 2,3 milioni di detenuti dietro le sbarre.

Negli anni ’60, la maggior parte dei detenuti erano costretti a raccogliere cotone senza essere pagati. A quel tempo le prigioni erano rappresentate dalle piantagioni. Alcuni detenuti avevano perfino delle pistole e fruste che potevano utilizzare contro coloro che non rispettavano le quote di lavoro. I più bravi venivano assunti per gestire un sistema carcerario che generava profitto per lo Stato. La capacità di una prigione di portare denaro nelle casse statali ha attirato in seguito alcuni uomini d’affari che fondarono società per gestire le prigioni e vendere le proprie azioni in borsa.

Già nel 1844 lo stato della Louisiana privatizzò il suo penitenziario dandolo in gestione ad un’azienda che lo gestiva come una fabbrica. I detenuti venivano usati per la produzione di vestiti economici da fornire agli schiavi. I rapporti annuali dell’epoca, simili a quelli di oggi, non forniscono informazioni sulla violenza in carcere, ma si occupano esclusivamente della redditività del carcere.

Il principio guida era che il profitto che nel 19° secolo veniva realizzato sul lavoro degli schiavi, si poteva ottenere sul lavoro dei detenuti, piuttosto che riabilitarli. L’idea era quella di concretizzare un’industrializzazione meridionale che potesse competere contro i monopoli del nord diventati sempre più grandi. Cinque anni dopo aver aperto il suo primo penitenziario, il Texas divenne la più grande fabbrica meridionale degli Stati Uniti fornendo tessuti ad ovest del Mississippi.

Dopo la guerra civile aumentarono i detenuti, e quindi accelerò la privatizzazione perché gli stati non potevano permettersi di gestire i propri penitenziari. Un motivo usato ancora oggi per “giustificare” l’affidamento alle aziende private.

Nel XX secolo, i prigionieri venivano inoltre usati per posare i binari ferroviari, per costruire argini ed estrarre carbone. Alle aziende piaceva usare i detenuti a differenza dei normali operai, perché potevano essere incentivati dalla paura della tortura come forma comune di punizione. La spinta maniacale al profitto, ha creato alla fine un sistema più letale della schiavitù.

Le attuali prigioni private americane producono ancora profitti. Un rapporto del 2020 della Worth Rises, un’organizzazione che si occupa dell’industria carceraria e dello sfruttamento dei detenuti, ha identificato più di 4 mila società che traggono profitto dalla reclusione. Queste aziende americane assorbono ogni anno quasi 200 miliardi dollari di denaro dei contribuenti. Rinchiudere le persone sembra un’opportunità.

Ma queste aziende sono state oggetto di molte controversie. Come hanno dimostrato le varie notizie sui quotidiani, e fatti emersi ripetutamente nelle ricerche e nei casi giudiziari, la mancanza di un’adeguata assistenza medica (in quanto il contratto prevede che le visite mediche esterne siano finanziate dall’azienda privata) ha causato gravi danni alle persone detenute, tra cui perdita dell’udito e della vista, amputazioni e suicidi. L’assunzione di personale inadeguato, spesso sottopagato, risulta scarso numericamente per gestire prigioni con alto numero di detenuti. I programmi educativi poi, sono stati tagliati. Tutte misure rivolte al risparmio del denaro.

Secondo la formazione delle guardie giurate di una nota società americana, la CoreCivic (società che possiede e gestisce prigioni private fatturando 2 miliardi di dollari l’anno), gli agenti non devono intervenire nel caso due detenuti si dovessero pugnalare a vicenda. Il loro lavoro è quello di fornire valore agli azionisti utilizzando soltanto armi e radi. La conseguenza è che le prigioni americane private sono diventate incredibilmente violente, costringendo le guardie ad aumentare l’uso della forza attraverso anche l’uso di spray al peperoncino e proiettili di gomma.

Dopo il rapporto del 2016, l’amministrazione Obama annunciò che avrebbe iniziato ad eliminare le prigioni private. Messaggio che causò immediatamente la diminuzione del valore delle azioni dei giganti azionisti delle società carcerarie private. L’inaugurazione dell’amministrazione Trump portò all’immediato cambiamento di rotta sostenendo con forza le carceri private. Un ordine esecutivo di Trump denominato “Migliorare la sicurezza pubblica all’interno degli Stati Uniti”, ha generato una politica che ha aumentato il numero degli immigranti in detenzione. Inoltre la decisione del procuratore William Barr di eliminare la possibilità di cauzione ai richiedenti asilo, ha istituito di fatto una detenzione a tempo indeterminato per questi immigrati fino al giudizio dei loro casi.

L’ordine di Biden ripristina la promessa di Obama di porre fine ai contratti con le società carcerarie private. Lo ha proclamato come un primo passo per impedire alle aziende di trarre profitto dall’incarcerazione.

Una direttiva che rappresenta una vittoria per i difensori dei diritti civili che hanno messo in guardia per anni sui mali delle società carcerarie private. Secondo le associazioni umanitarie, i centri di detenzione privatizzati forniscono un incentivo finanziario intrinseco per rinchiudere le persone e dare priorità ai profitti rispetto alla sicurezza. Il sistema è afflitto da dilaganti abusi e maltrattamenti.

Ma Biden non affronta con questo ordine le questioni di violenza nelle prigioni private e i media non dimenticano che ha una profonda storia di colpevolezza per aver sostenuto la detenzione di massa negli anni ’90 sotto l’amministrazione Reagan, con la costruzione di prigioni con dure leggi contro la gente di colore durante i suoi anni come senatore.