Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo interessante contributo, che ci racconta ciò che avviene a Palazzo delle Orsoline.

Noi non siamo grandi esperti di Gran Consiglio ma sulla questione trattata nell’articolo ci siamo fatti venire un sospetto. Forse non sono le gentili deputate di “Più donne” a creare un problema!

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È domenica, splende il sole e si festeggia San Valentino. Invece, eccomi chinata sull’ordine del giorno per la seduta di Gran Consiglio del 22-24 febbraio.

È una bella giornata e mi spiace magari rovinarla a qualcuno, ma la mia sensazione (qualcosa più di una sensazione) è che sia in atto un attacco – magari involontario – alle forze politiche che non sono in Governo né nelle Commissioni del Gran Consiglio. Per intenderci: MPS, Più Donne e Partito comunista. Ma i danni collaterali di questo attacco colpiscono tutti, inclusi i cittadini e le cittadine del nostro Cantone.

La scorsa seduta parlamentare ci sono stati tolti 3 giorni (dei 12 che avevamo) per poter presentare emendamenti, cioè proposte di modifiche dei rapporti che escono dalle Commissioni.

Nella prossima seduta ci toglieranno un altro fondamentale strumento: l’interpellanza, cioè la possibilità di fare domande cui il Governo deve rispondere durante la seduta parlamentare (se presentate almeno 10 giorni prima).

Tenete conto che, oltre a non far parte di diritto delle Commissioni, abbiamo anche un tempo di parola molto più limitato rispetto ai partiti di governo e che “fanno gruppo”.

In Gran Consiglio, le deputate e i deputati votano i rapporti che escono dalle commissioni: noi che non siamo nelle commissioni non abbiamo modo di dire la nostra, se non con gli emendamenti. Ora avremo un quarto del tempo in meno per prepararci e fare delle proposte. Non è certo un miglior servizio reso alla popolazione.

Un altro modo per farci sentire, in particolare essendo all’opposizione, è quello di porre domande al governo. Solitamente sono domande legate all’attualità e necessitano una pronta risposta. D’ora in poi sarà l’Ufficio presidenziale del Gran Consiglio (composto da PLR, Lega, PPD, PS, UDC e Verdi) a decidere se la domanda è urgente oppure no, e lo farà con decisione inappellabile.

Ma questo è niente: a ogni parlamentare sarà concesso di presentare un’unica interpellanza per sessione. Una sola. Su un unico argomento (caso mai a qualcuno venisse in mente di accorpare temi diversi in una interpellanza fiume), indipendentemente da quello che succede nel Paese. Se questa non è una limitazione del ruolo dei deputati, ditemi voi cos’è.

Non solo, saranno pure cancellati i 5 minuti di parola di cui disponeva l’autrice/autore dell’interpellanza per presentarla: in questo modo, in aula si sentirà solo la voce del Governo.

Ma è questo il Parlamento che vogliamo?

E pensare che la proposta di queste modifiche viene da colleghe e colleghi in Gran Consiglio, che si sono attivati per limitare i diritti del legislativo nei confronti dell’esecutivo! Sono davvero delusa e sinceramente preoccupata.

Con questa modifica il Gran Consiglio si priva di un mezzo efficace per chiedere conto al Governo del suo operato, chiedere informazioni, sollevare questioni che spesso arrivano direttamente dalla società civile. Il recente passato ha dimostrato più volte l’importanza di questo istituto democratico. Porre domande al potere è fondamentale.

E invece qui si vuole abdicare, rinunciare. Tutto questo per cosa? Per quieto vivere. Per evitarsi il fastidio di ascoltare, di dibattere, di parlare.

Ma allora, forse, il Parlamento non è il posto giusto per chi, tutto sommato, prova fastidio di fronte alla democrazia. Tamara Merlo, Più Donne

È una bella giornata e mi spiace magari rovinarla a qualcuno, ma la mia sensazione (qualcosa più di una sensazione) è che sia in atto un attacco – magari involontario – alle forze politiche che non sono in Governo né nelle Commissioni del Gran Consiglio. Per intenderci: MPS, Più Donne e Partito comunista. Ma i danni collaterali di questo attacco colpiscono tutti, inclusi i cittadini e le cittadine del nostro Cantone.

La scorsa seduta parlamentare ci sono stati tolti 3 giorni (dei 12 che avevamo) per poter presentare emendamenti, cioè proposte di modifiche dei rapporti che escono dalle Commissioni.

Nella prossima seduta ci toglieranno un altro fondamentale strumento: l’interpellanza, cioè la possibilità di fare domande cui il Governo deve rispondere durante la seduta parlamentare (se presentate almeno 10 giorni prima).

Tenete conto che, oltre a non far parte di diritto delle Commissioni, abbiamo anche un tempo di parola molto più limitato rispetto ai partiti di governo e che “fanno gruppo”.

In Gran Consiglio, le deputate e i deputati votano i rapporti che escono dalle commissioni: noi che non siamo nelle commissioni non abbiamo modo di dire la nostra, se non con gli emendamenti. Ora avremo un quarto del tempo in meno per prepararci e fare delle proposte. Non è certo un miglior servizio reso alla popolazione.

Un altro modo per farci sentire, in particolare essendo all’opposizione, è quello di porre domande al governo. Solitamente sono domande legate all’attualità e necessitano una pronta risposta. D’ora in poi sarà l’Ufficio presidenziale del Gran Consiglio (composto da PLR, Lega, PPD, PS, UDC e Verdi) a decidere se la domanda è urgente oppure no, e lo farà con decisione inappellabile.

Ma questo è niente: a ogni parlamentare sarà concesso di presentare un’unica interpellanza per sessione. Una sola. Su un unico argomento (caso mai a qualcuno venisse in mente di accorpare temi diversi in una interpellanza fiume), indipendentemente da quello che succede nel Paese. Se questa non è una limitazione del ruolo dei deputati, ditemi voi cos’è.

Non solo, saranno pure cancellati i 5 minuti di parola di cui disponeva l’autrice/autore dell’interpellanza per presentarla: in questo modo, in aula si sentirà solo la voce del Governo.

Ma è questo il Parlamento che vogliamo?

E pensare che la proposta di queste modifiche viene da colleghe e colleghi in Gran Consiglio, che si sono attivati per limitare i diritti del legislativo nei confronti dell’esecutivo! Sono davvero delusa e sinceramente preoccupata.

Con questa modifica il Gran Consiglio si priva di un mezzo efficace per chiedere conto al Governo del suo operato, chiedere informazioni, sollevare questioni che spesso arrivano direttamente dalla società civile. Il recente passato ha dimostrato più volte l’importanza di questo istituto democratico. Porre domande al potere è fondamentale.

E invece qui si vuole abdicare, rinunciare. Tutto questo per cosa? Per quieto vivere. Per evitarsi il fastidio di ascoltare, di dibattere, di parlare.

Ma allora, forse, il Parlamento non è il posto giusto per chi, tutto sommato, prova fastidio di fronte alla democrazia.

Tamara Merlo, Più Donne