di Giorgio Ghiringhelli

burqa burka Ghiringhelli
immagine Pixabay

Una delle argomentazioni addotte dagli avversari dell’iniziativa “antiburqa” per indurre i cittadini a votare contro la stessa è che in caso di approvazione i ricchi turisti provenienti dai Paesi del Golfo arabico diserterebbero la Svizzera e andrebbero a fare le loro vacanze altrove, causando gravi perdite finanziarie al settore turistico e alla nostra economia già sofferente in questo periodo.  .

I valori contano di più dei soldi

Ammesso ma non concesso che ciò sia vero, gli svizzeri avrebbero una buona occasione per dimostrare che quando ci sono di mezzo valori importanti da difendere, come l’uguaglianza dei sessi e la difesa del nostro modello di società, questi valori devono avere la precedenza rispetto al Dio denaro. Ma  certi timori sono in ogni caso  infondati, anche perché solo una piccolissima percentuale delle turiste arabe indossa il velo integrale.

Ne abbiamo avuto  una prova già nel 2009 , quando gli svizzeri accettarono l’iniziativa che chiedeva di proibire la costruzione di minareti. Anche allora gli uccelli del malaugurio predicevano che i turisti arabi non sarebbero più venuti in Svizzera.  E invece non solo il loro numero non è diminuito ma nell’ultimo decennio è considerevolmente aumentato, a dimostrazione del fatto che i ricchi turisti arabi  sanno adattarsi alle leggi e alle usanze dei Paesi che visitano.  

Un’altra prova la si è avuta dopo l’introduzione del divieto di dissimulare il volto in pubblico introdotto nel 2017 in Austria. Come riferiva il giornale bernese “Der Bund” nell’edizione dello scorso 19 febbraio  “ in questo Paese i pernottamenti dei turisti provenienti dall’Arabia Saudita e dagli Emirati arabi sono aumentati ogni anno del 6%  nel periodo fra il 2016 ed il 2018”.   

Le turiste arabe apprezzano il divieto del burqa in Ticino

In Ticino, dove il divieto del burqa è stato introdotto il 1 luglio 2016, il numero dei turisti arabi è dapprima leggermente aumentato rispetto alle 17’203 presenze registrate nel  2015 e poi è andato lentamente in diminuzione nei tre anni successivi . Va però detto che  i turisti arabi (13’195 nel 2019) rappresentano solo poco più dell’1% dei turisti che ogni anno visitano il Ticino ( 1’110’128 nel 2019) , per cui dal punto di vista puramente statistico il piccolo calo registrato non ha praticamente inciso sul totale ed è dipeso da diversi fattori indipendenti dalla questione del burqa (come ad esempio talune “tensioni” nel Medio Oriente)  che hanno avuto ripercussioni anche in altre parti della Svizzera. .

Ciò che invece merita di essere messo in evidenza è che anche dopo l’introduzione del divieto del velo integrale i turisti arabi non hanno disertato il Ticino , e praticamente tutti rispettano senza problemi il divieto. Il fatto che dal 2016 al 2019 siano state multate solo 28  donne con il niqab non significa che il divieto si è rivelato inutile, come sostengono gli avversari, ma dimostra semmai che il divieto è stato  rispettato senza creare particolari problemi. Del resto l’ambasciata dell’Arabia Saudita in Svizzera, con un messaggio pubblicato su Twitter (https://francais.rt.com/international/21993-lambassade-darabie-saoudite-rappelle-loi ), aveva invitato i suoi cittadini  a rispettare la legge ticinese per non causare dei problemi .

Nell’edizione di Le Matin dimanche dell’11 settembre 2016 la presidente zurighese del Forum per un islam progressista, Saïda Keller-Messahli , aveva dichiarato che diverse turiste saudite da lei incontrate le avevano confidato che la possibilità di muoversi nello spazio pubblico a volto scoperto in Ticino era stata per loro un’esperienza molto piacevole.  

“Alla scoperta della Svizzera a viso scoperto”

Molte di queste povere donne che per tutta la vita sono obbligate nel loro Paese a indossare il velo integrale hanno dunque apprezzato la “libertà provvisoria” di cui hanno potuto beneficiare in Ticino proprio grazie a un divieto. E noi svizzeri , uomini e donne, che da qualche mese siamo obbligati a indossare una mascherina sanitaria a causa della pandemia di coronavirus , possiamo ben capire la loro gioia.  

Ecco dunque che un divieto generalizzato del burqa in tutta la Svizzera potrebbe fornire ai nostri operatori turistici l’occasione di dimostrare la loro creatività e  fantasia per ideare delle campagne pubblicitarie destinate alle donne arabe che desiderano provare l’ebbrezza di muoversi nello spazio pubblico senza coprirsi il viso (un slogan potrebbe essere :  “Alla scoperta della Svizzera a viso scoperto”).   E ciò potrebbe anche aiutare le turiste musulmane ad emanciparsi nei loro Paesi. 

La legge è uguale per tutti

C’è chi sostiene che l’iniziativa avrebbe almeno potuto prevedere delle eccezioni per le turiste.  Per costoro non ha senso cercare di integrare nella nostra società delle turiste che non risiedono in Svizzera. Già, ma  essi dimenticano che l’obiettivo principale dell’iniziativa non è quello di facilitare l’integrazione delle donne che vogliono portare il velo integrale o che sono obbligate a farlo (questa semmai sarebbe solo  una positiva conseguenza) , bensì quello di dare un forte segnale di resistenza contro l’islamizzazione strisciante della nostra società in atto già da tempo.

Questa scelta di società  sarebbe vanificata se migliaia di turiste  potessero circolare liberamente nel nostro Paese con il volto coperto, creando oltretutto notevoli difficoltà di applicazione del divieto e una disparità di trattamento con le donne musulmane residenti in Svizzera. La legge deve essere uguale per tutti.

Giorgio Ghiringhelli, membro del comitato dell’iniziativa federale