Tra speranza e dubbi, giovedì 9 dicembre è stata comunicata la notizia dell’avvenuta liberazione di Sakineh Mohammadi Ashtiani, la donna iraniana di 43 anni condannata prima alla lapidazione, poi all’impiccagione per il presunto omicidio del marito.

Nel corso del pomeriggio di ieri, dalla Germania il Comitato internazionale contro la lapidazione aveva annunciato che grazie alle pressioni occidentali sul regime di Teheran la donna e il figlio erano stati liberati. A convalidare la notizia una serie di immagini della donna e suo figlio nella loro casa di Osku, una cittadina a 570 chilometri da Teheran.
Una notizia che però nessun media iraniano aveva ripreso. Al contrario, giovedì sera un canale televisivo aveva diffuso una trasmissione dove si ribadiva la colpevolezza della donna e dove si denunciava la campagna politica ordita dall’Occidente.
Venerdì mattina il canale televisivo iraniano in lingua inglese Press TV ha fatto sapere che contrariamente a quanto affermano i media occidentali Sakineh non è stata liberata. Le foto di lei e del figlio Sajjad (anche lui in carcere da ottobre) prese nella loro casa di Osku sono state realizzate per un documentario che andrà in onda questa sera e dove la donna racconterà come ha organizzato l’omicidio del marito.

A questo punto verrebbe da chiedersi se la donna che compare nelle fotografie mandate online da Press TV sia davvero Sakineh. Vi è una certa somiglianza con la fotografia usata per la campagna che ne chiede la liberazione. Nelle foto rilasciate ieri il suo viso è paffuto e rilassato, non porta alcun segno della sofferenza che potrebbe trasparire sul volto di una donna che da anni si trova in carcere in attesa di essere lapidata, o nel migliore dei casi di essere impiccata.