Parliamo di disoccupazione giovanile. I dati della Segreteria di Stato dell’economia (SECO) indicano che a fine novembre 2010 i giovani disoccupati (tra i 15 e i 24 anni) in Svizzera erano il 4%, in leggera diminuzione rispetto ai mesi precedenti. Una diminuzione che forse ci fa sperare in una progressiva decrescita anche nei prossimi mesi.

Ma non perdiamo di vista il problema. Purtroppo in passato i tassi della disoccupazione giovanile hanno raggiunto importanti percentuali, soprattutto tra i più giovani che terminano la loro formazione. Di fronte a questa situazione sono forse da rivedere gli approcci relativi alle assunzioni dei ragazzi che hanno finito i loro studi e che si affacciano per la prima volta sul mercato del lavoro. Com’è possibile che le aziende richiedano a un giovane di essere qualificato, con titoli di studio anche di livello terziario (master o dottorato), ma nel contempo di aver acquisito una certa esperienza lavorativa, di padroneggiare correntemente almeno due lingue nazionali – e magari anche l’inglese – e tutto questo prima di aver compiuto 30 anni? Il percorso formativo – soprattutto quello universitario e universitario professionale – negli ultimi anni ha subito dei cambiamenti allungando per tutti, anche per gli studenti più virtuosi, il periodo degli studi. Per esempio, un master richiede – se tutto va per il meglio – cinque anni di tempo, dove circa ogni sei mesi lo studente è chiamato ad affrontare degli esami più o meno impegnativi. Il tempo per le esperienze lavorative e l’approfondimento delle lingue è quindi sempre più limitato. Per i ragazzi poi si aggiunge l’incognita del servizio militare che di fatto “ruba” un anno di università e posticipa per molti l’inizio degli studi accademici di un anno. Non si chiede forse troppo, in troppo poco tempo? Saremo anche figli del nostro tempo, ma a nessuno mai come alla nostra generazione si chiedono flessibilità, dinamismo, saper essere e saper fare. Nel contempo è lecito interrogarsi: ai giovani vengono dati il tempo e la possibilità di fare delle esperienze lavorative e di formarsi un curriculum?
Le conseguenze toccano tutta la società. I giovani di oggi sono precari. Devono formarsi, fare esperienze lavorative e per molti di loro fino alla soglia dei trent’anni è difficile mantenersi, anche solo pensare di formare una famiglia. Con una laurea nel proprio bagaglio formativo nei primi anni nel mondo del lavoro si parla sovente di stages e raramente di impieghi. Di conseguenza, le remunerazioni non superano nemmeno il minimo salariale di qualsiasi categoria. Tutto questo ha delle forti ripercussioni dapprima sul giovane stesso, sulla sua famiglia e sull’intera società che deve far fronte ad un tasso di disoccupazione giovanile elevato. Diamo quindi la possibilità ai giovani di entrare degnamente nel mondo del lavoro e promettere loro un futuro economico, sociale e familiare sicuro.

Valentina De Bianchi