Una piccola cosa ma una grande opportunità

In questo inizio d’anno mi immagino il mondo ed il Ticino tra venti o trent’anni e penso alle due grandi sfide che ci attendono: territorio ed energia. Il territorio utile diventa sempre più scarso e costoso anche in Svizzera, dove ogni secondo, un metro quadrato di area verde – l’equivalente di dieci campi di calcio al giorno – viene inghiottito da strade, centri commerciali, parcheggi e abitazioni. L’era dei carburanti e combustibili fossili sta per finire o è già finita. Di sicuro è finito il tempo del petrolio a buon mercato. Mentre noi stavamo preparando il cenone di Natale, i paesi dell’OPEC si concertavano sul modo di ridurre la produzione di petrolio non solo per far lievitare i prezzi ma anche per ritardarne la fine.

Salvare il territorio e liberarci dalla dipendenza dei vettori fossili è ormai una priorità di ogni governo anche di quello del nostro piccolo cantone.

Proprio quest’anno il parlamento dovrà pronunciarsi sul destino del Piano di Magadino (PdM). La maggiore zona pianeggiante del Cantone è da anni territorio di conquista di appetiti privati, vittima di piani regolatori sovradimensionati e di attività in contrasto con la sua vocazione agricola e naturalistica.

Con il Piano di utilizzazione cantonale (PUC), attualmente in consultazione, si propone di istituire il Parco del Piano di Magadino (PPdM), il cui comprensorio – dalla foce della Morobbia a Giubiasco alle Bolle di Magadino – coprirà un po’ più della metà del PdM (2300 ettari).

Benché il PUC non sia molto coraggioso – nel senso che non stravolge le impostazioni pianificatorie dei comuni – è sicuramente un buon inizio. Chi l’ha voluto e chi l’ha preparato ha comunque guardato lontano e compreso l’esigenza di salvare un territorio pregiato e questo è già un grande merito. E’ un buon inizio già soltanto per il carattere vincolante di questo strumento pianificatorio che prevale sugli interessi comunali. Il Parco è un territorio che non comprende zone edificabili, tranne per le strutture già esistenti di interesse pubblico (centri sportivi e purtroppo anche l’aeroporto). L’edificabilità resterà quindi fuori dai suoi margini. La speranza è che il Parco abbia un effetto alone sulla zona circostante. E’ infatti auspicabile che il divieto di edificare si estenda perlomeno alle zone coltivate o di interesse naturalistico (come quella che circonda il crematorio di Riazzino) rimaste ingiustificatamente fuori dai confini del Parco.

L’altro merito del Piano è che proteggendo una parte del territorio pregiato del cantone dalla predazione edilizia, si riconosce l’importanza e la necessità di garantire la vita all’agricoltura locale. L’agricoltura è la principale attività all’interno del Parco di cui gestisce oltre il 70% del suo territorio. Spesso dimentichiamo che il settore orticolo del PdM produce in valore i 3/4 dell’intera produzione orticola cantonale ciò che rappresenta ¼ della produzione agricola cantonale. Le aziende agricole del piano riforniscono di latte, cereali, verdura e frutta le aziende agroalimentari della regione. Ai contadini consegniamo una parte del territorio, quello pianeggiante e scarso, ma in cambio loro ce lo preservano e ci riforniscono di prodotti locali che non necessitano lunghi trasporti e quindi non consumano troppa energia e non producono CO2. Certo è solo l’inizio. Gli agricoltori del cantone meritano molto di più. Più territorio –auspicabile è congelate la zona edificabile intorno al Parco, che rappresenta i 3/4 del territorio disponibile, e conglobare nel Parco le zone utili agricole – e meritano più aiuti e più sostegno le aziende che si sono convertite al biologico e che preservano la qualità del cibo e degli ambienti naturali. L’agricoltura biologica e di prossimità è una delle grandi occasioni per l’umanità e si inserisce perfettamente negli obiettivi di salvaguardia del territorio e di risparmio energetico. Quella produzione locale che ora ci appare come un lusso superfluo, un domani, quando il costo del petrolio farà schizzare alle stelle il prezzo della verdura importata, sarà la nostra salvezza.

E per ultimo (ma non ultimo) un altro pregio del PUC è quello di esprimersi di principio a favore di un sostegno alle energie alternative, in particolare per il riscaldamento delle serre, e a favore di una mobilità dolce all’interno del Parco. Certo, il Parco meritava una scelta più coraggiosa come vietare completamente il transito veicolare privato e parassitario, chiudere al traffico la strada consortile Gudo-Cadenazzo, e limitare all’osso i voli da e per l’aeroporto di Magadino (di sicuro almeno quelli ludici della pattuglia Svizzera !! Ma qui ci voleva anche l’aiuto da Berna però è sempre qualcosa, un inizio, una visione.

Malgrado tutto questo bailamme di idee, non so perché ma resto entusiasta per questo PUC. Credo che ha un grande merito: quello di farci discutere su un programma, su una gerarchia di valori e soprattutto su una visione: quella del Ticino nell’era del post-petrolio.

Per il finanziamento sarà da vedere. In ogni caso la politica dovrà inventare una nuova forma di imprenditorialità, quella che serve al bene comune e nel contempo rinunciare ai finanziamenti di opere che non servono il futuro che di sicuro verrà.

Territorio ed energia sono e rimangono i problemi prioritari. Dalla loro soluzione dipenderanno anche gli altri temi che ci assillano: il lavoro, il cibo, la casa…la vita. Senza territorio non si vive e non si mangia, senza energia non si produce, e le merci importate diventano troppo care.

Quindi difendiamo l’agricoltura di prossimità e la vocazione agricola non solo del Parco ma dell’intero Piano di Magadino. Se oltre a ciò non trascureremo anche la vocazione naturalistica del Piano riusciremo forse a ridare vita al turismo, un malato in fase terminale.

Michela Delcò Petralli, candidata CdS per i verdi del Ticino