Una nuova iniziativa, fra cultura e dialogo
Intervista a Daniele Dell’Agnola pubblicata oggi sul quotidiano “La Regione Ticino” – cultura e spettacoli, a cura di Claudio Lo Russo e fornitaci da Scrittura e musica.

«Nell’ideare i progetti creativi, dedicati alla scrittura e alla rappresentazione, ho sempre osservato le reazioni dei ragazzi, inghiottendo a volte brandelli di loro biografie, cercando di assorbire per capire qualcosa del loro mondo. A volte ho rubato le idee dalle esperienze vissute, per nutrire i racconti che scrivevo. Nel contempo ho sempre cercato di restituire, in un gioco di condivisione. Con gli adolescenti provo a costruire per quanto mi sia possibile, dei ponti. E non sempre ci si riesce».

Questa esperienza, sulla frontiera del reale e della creatività, l’insegnante e scrittore Daniele Dell’Agnola ora la lascia fluire all’interno di un nuovo progetto rivolto ai giovani della Svizzera italiana, Plus! , promosso con l’attrice Ioana Butu e l’artista Marco Scesa. Un’occasione per piccole iniziative artistiche, con la Compagnia e le Edizioni Plus, come la recente pubblicazione della pergamena del racconto Il cavaliere von Opferdelingen, con disegni di Prisca Rizzi e Micaela Ruinelli.

« Plus! – spiega Dell’Agnola – significa che più espressioni artistiche (scrittura, musica, teatro, arte figurativa) convergono nelle nostre iniziative. Vogliamo trasmettere messaggi positivi, con un’apertura verso le altre culture, cogliendo con particolare sensibilità quanto accade nel mondo dei giovani e della scuola. Io mi occupo di scrittura e di musica strumentale, Ioana di recitazione e canto, Marco di arte figurativa. Accanto a noi operano professionisti come Silvana Gargiulo, che ha curato la regia dello spettacolo di Ioana Imbratisare: abbraccio ».

In che modo diversi linguaggi artistici si incontreranno nelle iniziative Plus! ?
«Per ora siamo attivi con Imbratisare , un monologo in cui si intercalano musiche tratte per lo più dal repertorio popolare romeno da me arrangiate ed eseguite con Ioana. Accanto a questo spettacolo ci sono altre iniziative: un workshop di scrittura creativa nel locarnese a primavera e un progetto pilota con un gruppo di adolescenti che scriveranno e interpreteranno dei racconti. E poi Il cavaliere von Opferdelingen , un racconto per bambini stampato su carta da disegno (50 x 70 cm), con disegni da colorare. Un’iniziativa nata grazie alla Notte del racconto 2010, quando Ioana Butu ha letto la storia a un centinaio di bambini di Lugano. A questa storia ho associato un pezzo originale per fisarmonica e pianoforte, Aisha ».

In un contesto ipertecnologizzato, spesso dominato dai ‘valori’ dell’apparenza e della competizione fine a se stessa, la forza elementare del racconto e dell’espressione corporea hanno ancora una presa sugli adolescenti?
«Sì, se si lavora con coerenza, tenacia e trasparenza. In Ticino vi sono molti operatori, insegnanti, professionisti del teatro che lavorano a stretto contatto con i ragazzi: penso ai Teen Actors o a Christian Pezzatti o Laura Rullo. La forza del racconto e della rappresentazione corporea, in un mondo piuttosto frantumato, acquista ancora più valore. Il racconto mette ordine nel sapere, richiede fatica, nutre e recupera una certa linearità, quindi educa. È vero che viviamo in un mondo facilmente dispersivo, virtuale, ma è proprio per questo che c’è bisogno di orientarsi, di riconoscere una mappa delle emozioni, di imparare a rispettare delle regole essenziali per la convivenza di un gruppo, anche teatrale. In questo senso, la scrittura non è più soltanto intrattenimento fine a se stesso o alla vendita delle copie, ma si traduce in impegno civile. La risposta? Qualche settimana fa, su facebook, una piccola valanga di ragazzi che ha terminato l’esperienza teatrale e di scrittura creativa a giugno 2010 ha chiesto di riprendere gli incontri con Ioana e con il gruppo. Hanno voglia di creare e di stare assieme, per vivere di nuovo emozioni significative. Perché i ricordi dei progetti realizzati negli ultimi tre anni hanno segnato il loro percorso di crescita. Certo, non è facile, anzi, spesso si incontrano difficoltà con i ragazzi, con il loro disagio, i loro conflitti. Eppure, accanto alla scuola e alla famiglia, questo tipo di lavoro genera positività».

Oggi l’editoria in apparenza sembra attenta ai giovani. Eppure nell’abbondanza di letteratura per gli adolescenti si profila una certa omologazione, formale e ideologica: anche quando a scrivere sono gli stessi giovani. Qual è la sua impressione?
«Rispondo da insegnante e tralascio il complesso discorso delle nuove tecnologie e degli e-book: credo sia bene recuperare la lettura di testi letterari, quelli che hanno superato il giudizio del tempo. Il libro è un oggetto che va portato in classe. Non mi piacciono le antologie. Un insegnante appassionato può trasmettere, sull’arco di tre o quattro anni, il piacere nel gustare quelle visioni del mondo che i grandi autori hanno saputo restituire. Forse è un po’ una missione. Ma è il nostro mestiere. Il resto è mercato».

Come ‘esperto’ di adolescenti: quali sono i luoghi comuni più diffusi sul loro conto?
«In verità non mi sento esperto, ma piuttosto un normale insegnante che compie dei tentativi. Certo, i giovani non sono tutti violenti e a disagio. Spesso mi godo quei servizi televisivi in cui si parla di giovani che si distinguono. Nella musica, nell’arte, nelle scienze. Brillanti. Ma sono notizie che hanno minore presa emotiva. Tra i luoghi comuni che più mi irritano, c’è quello secondo il quale i giovani non leggono. Ho avuto allievi di 14 anni che si sono letti l’ Odissea eMadame Bovary . E I promessi sposi . Come ‘una volta’, direbbe qualche nostalgico».

L’incontro nell’espressione artistica può diventare un veicolo di comunicazione fra adulto e adolescente: qual è in questo senso l’offerta della scuola?
«Alla vigilia delle elezioni cantonali, rispondo così: dovrebbe essere maggiore, anche se dipende moltissimo dall’iniziativa personale dell’insegnante. L’espressione artistica, ma anche l’attività sportiva, aiutano a creare ponti e dialogo. Spero non si taglieranno risorse alla Scuola pubblica. Non sarebbe molto produttivo, in ottica futura. Ci sono ragazzi che quando sono a scuola si sentono ‘a casa’».