I liberali-radicali vogliono inasprire le regole per il ricongiungimento famigliare e creare una legge quadro sull’integrazione. Inoltre le pratiche per le richieste d’asilo devono essere ulteriormente accelerate e le espulsioni applicate in maniera coerente. Una proposta, quella del PRLS che ha fatto discutere.
Abbiamo chiesto un parere a Christian Vitta – che ringraziamo per la disponibilità – capogruppo del PLRT in Gran Consiglio e candidato al Consiglio di Stato nelle elezioni 2011.


“La proposta del PLR svizzero – ci conferma Vitta – ha il pregio di portare l’attenzione su un problema, quello dell’immigrazione, al quale la nostra popolazione è molto sensibile.
La Svizzera è da sempre un paese aperto, sia nei rapporti commerciali che in ambito umanitario. Purtroppo negli ultimi anni si è assistito ad una crescita degli abusi, con ricongiungimenti familiari che sono il risultato di speculazioni di natura opportunistica che mal si conciliano con il nostro sistema. Contro questi abusi si deve combattere, evitando nel contempo di penalizzare l’immigrazione di persone qualificate che risponde invece a delle esigenze di natura professionale. Queste persone qualificate con il loro lavoro rendono un servizio al nostro Paese e sono ricercate dalla nostra stessa economia.”

“Per quanto riguarda invece i paesi in via di sviluppo – prosegue Vitta – si deve operare affinché questi paesi possano svilupparsi creando le premesse che permettano ai loro abitanti di trovare occupazione e i mezzi per vivere. In questo senso la comunità internazionale deve operare, evitando che il problema dell’immigrazione diventi ingestibile a livello sociale creando tensioni dannose per tutti.”

Ticinolive: Signor Vitta, nel suo intervento lei parla di “una crescita di abusi, con ricongiungimenti familiari che sono il risultato di speculazioni di natura opportunistica”. Può per cortesia spiegare a quali abusi e a quali speculazioni fa riferimento?
Christian Vitta: Si tratta di quei matrimoni fatti a puro scopo d’interesse, dove il matrimonio è finalizzato unicamente a permettere al coniuge di stabilirsi in Svizzera.

Tlive: Lei afferma che si deve permettere ai paesi in via di sviluppo di arrivare a dare un’occupazione e i mezzi per vivere ai propri cittadini. Ritiene sia possibile affermare che la mancanza di una simile condizione è la radice del problema? E che il problema non si risolve continuando a permettere questi ricongiungimenti famigliari o continuando ad accettare queste persone nei nostri centri di accoglienza?
C.V.: I problemi di disagio conosciuti nei paesi in via di sviluppo sono una delle principali cause della partenza dei loro abitanti verso paesi ritenuti più benestanti. Sono sicuro che una persona, se ha le condizioni necessarie per poter vivere dignitosamente, preferisce rimanere nel proprio paese. Per questo motivo occorre agire sullo sviluppo di condizioni favorevoli in questi paesi, affinché le persone trovino le condizioni adatte per restarvi.

Tlive: Ritiene che in mancanza di una soluzione nei paesi d’origine sia la comunità internazionale che dovrà pensare a risolvere il problema, intensificando i suoi forzi e rendendo più efficaci le sue strategie?
C.V.: L’aiuto allo sviluppo è un compito della comunità internazionale. E’ nell’interesse di tutti che questi paesi possano svilupparsi dal profilo economico e sociale. Solo così sarà possibile evitare che l’immigrazione diventi un problema sociale nei paesi sviluppati.

Tlive: Ha una sua opinione personale riguardo ai controlli che vengono eseguiti alle frontiere su chi intende entrare in Svizzera?
C.V.: Bisogna differenziare i controlli per le persone che provengono dall’UE e quelle esterne. Per le persone che provengono da paesi lontani, in via di sviluppo, non è sempre facile reperire i necessari documenti che permettono dei controlli e, in caso di necessità, il rimpatrio della persona. In questi casi anche le autorità di controllo sono limitate nel loro agire.

(Ticinolive, 2011 – riproduzione riservata)