Il Parco del Piano di Magadino, il cui dossier relativo al Piano di utilizzazione cantonale è in consultazione nei Comuni sino a fine gennaio, con i suoi 2’300 ettari occuperà circa il 55% della superficie disponibile.
Tutti i dettagli verranno forniti mercoledì prossimo, 19 gennaio, durante una serata pubblica organizzata dal Dipartimento del territorio a Sant’Antonino (nella sala multiuso, inizio ore 20:30).

Già parecchi gli spunti che il dossier (consultabile sul sito del cantone) offre a una prima sommaria lettura.

L’obiettivo generale – si legge nella scheda – è quello di offrire uno spazio aperto, un paesaggio di qualità – destinato allo sviluppo in sinergia di agricoltura, natura e svago locale – all’interno dell’area urbana tra gli agglomerati di Locarno e Bellinzona.
Il termine di parco indica un territorio di qualità, favorevole alla fruizione da parte della popolazione, dove natura e attività umane (economiche o legate al tempo libero) interagiscono secondo cicli virtuosi verso obiettivi di sviluppo di elevato standard ecologico, paesaggistico e culturale.
Un parco è dunque un’area protetta, dove di volta in volta sono stabilite le regole d’uso del suolo e le misure più consone agli obiettivi che si vogliono raggiungere.

Da queste semplici frasi si comprende – forse sbagliamo? – che ci si avvicina di molto ad una sorta di “Bolle di Magadino” dove tutto é proibito salvo rare eccezioni.
Principio ovviamente difficilmente applicabile all’intero parco del Piano di Magadino, dove agricoltura e società civile convivono da un centinaio di anni.

L’adozione del PUC ( Piano di utilizzo cantonale) quale strumento pianificatore indica già chiaramente che in futuro le decisioni sulla destinazione del Parco del Piano di Magadino spetteranno unicamente al Cantone.
In effetti il PUC regola in modo vincolante l’uso del suolo di uno specifico territorio in cui si riscontra un interesse sovracomunale, dunque non più gestito attraverso i singoli Piani regolatori comunali (PR). Per contenuti e valenza legale esso è parificabile a questi ultimi: un PUC è tuttavia allestito dal Consiglio di Stato e adottato dal Gran Consiglio.

Spuntano i primi divieti.
Sapendo che i cavalli non sono compatibili con le zone agricole, salvo l’allevamento come carne da macello, i maneggi esistenti saranno tollerati ma limitati nel numero e nella superficie occupata.

Le coltivazioni non saranno tutte ammesse all’interno della zona del Parco. La diffusione di alcune tipologie di coltivazioni su grandi superfici, secondo la scheda, entrano in potenziale conflitto con la vocazione foraggiera del Piano.

Il traffico parassitario avrà priorità 1, vale a dire che nel primo quadriennio d’istituzione del Parco dovranno essere attuate misure volte a eliminare il traffico che interessa tutte le strade agricole del Parco, eccetto la tratta Cadenazzo-Gudo.
Ciò va perseguito con estremo rigore – si legge ancora – tenendo conto in forma prioritaria delle esigenze del settore agricolo. Si prevede l’introduzione di una limitazione di transito con la posa di un ‘divieto di circolazione’ generalizzato e di una tavola complementare ‘servizio a domicilio permesso’ che consenta il transito anche ai residenti, ai loro visitatori, ai clienti, ai fornitori delle aziende agricole, ecc.
La posa dovrà essere accompagnata da una sorveglianza intensificata alla quale collabora anche l’Ente Parco, ad esempio sostenendo finanziariamente l’attività svolta dai Comuni.