Dopo la crisi di governo della scorsa settimana, in Libano non si placa la tensione fra i sunniti dell’ex primo ministro Saad Hariri e gli sciiti del partito islamico Hezbollah. Tensioni che nemmeno l’opera congiunta dei mediatori di Arabia Saudita, Siria e Turchia, giunti in forze nel paese medio orientale, sono riusciti a smorzare.

A causare la crisi istituzionale era stata la questione del Tribunale delle Nazioni Unite che indaga sull’omicidio di Rafiq Hariri, già premier e facoltoso imprenditore filo-occidentale e filo-saudita ucciso in un attentato nel 2005. Le indagini del Tribunale stanno portando i sospetti verso i vertici di Hezbollah e questo ha fatto sì che, settimana scorsa, il partito islamico togliesse dal governo dieci suoi parlamentari, sostenendo che il Tribunale è un’arma politica guidata dagli Stati Uniti e dai loro alleati nella regione. Creando di fatto l’inizio di una nuova crisi che sta gettando il paese nel caos.

L’incarico di formare il prossimo governo libanese è stato formalmente conferito dal presidente Suleiman a Najib Miqati, sunnita e ricco imprenditore notoriamente alleato di Hezbollah.
Il leader del partito islamico, Sayyed Hassan Nasrallah, ha dichiarato che : “Abbiamo sostenuto la nomina di Miqati e lo invitiamo a formare un governo di partnership nazionale. I libanesi hanno una possibilità di serrare le fila.”

La nomina di Miqati non piace alla fazione libanese pro-Hariri e filo-occidentale, che vede nella mossa del presidente Suleiman il pericolo della formazione di un governo diretto da Hezbollah. I sunniti moderati considerano Miqati un traditore, per la sua simpatia verso Hezbollah e lo accusando di aver usurpato una carica, quella di primo ministro, che in base alla spartizione dei poteri spetta ai sunniti. Inoltre c’è il timore che il nuovo governo di Miqati sconfessi definitivamente il Tribunale delle Nazioni Unite.
Il premier deposto Saad Hariri ritiene che con la nomina di Miqati il Libano sia stato di fatto consegnato all’Iran e ha chiesto al popolo di scendere nelle strade e di manifestare. L’appello è stato ascoltato. Ieri a Tripoli, roccaforte sunnita, violenti scontri hanno opposto centinaia di manifestanti a ingenti forze di sicurezza.

La situazione in Libano preoccupa anche il governo di Barack Obama. Un portavoce della Casa Bianca ha dichiarato che “La decisione della formazione del governo in Libano non deve essere presa con la coercizione, l’intimidazione e la minaccia di violenze.” La Segretaria di Stato americana Hillary Clinton ha dal canto suo avvertito che “un governo libanese controllato da Hezbollah avrebbe chiaramente ripercussioni.”