L’iniziativa sulle armi, nasce in seguito a una petizione del giornale femminista Annabelle sfociata in un’iniziativa che se accettata inserirebbe nella nostra costituzione essenzialmente tre principi. Il primo è il divieto generale delle armi automatiche e in questo divieto rientra anche l’obbligo per tutti i militi di depositare l’arma d’ordinanza (fucile o pistola) in arsenale.

Il secondo è la creazione di un registro nazionale delle armi in cui ogni acquisto di un’arma verrebbe registrato in una banca dati nazionale. Il terzo aspetto prevede che per ottenere un’arma bisogna avere un’autorizzazione cantonale; ci sarà così una legge che dirà quali condizioni bisogna rispettare per dimostrare di avere un giustificato bisogno di possedere un’arma. Gli obiettivi che si vorrebbero raggiungere con questi tre strumenti sono due: ridurre la violenza domestica legata ad armi da fuoco e ridurre i suicidi legati ad armi da fuoco.

Questi due obiettivi, intendiamoci nobilissimi, vanno perseguiti e nessuno vuole confutarli. Tuttavia i tre strumenti proposti non garantiscono di raggiungere i suddetti obiettivi. A fronte di obiettivi nobili, abbiamo dei risultati incerti ad un prezzo da pagare molto alto; appare infatti certo l’aumento di burocrazia con i relativi costi e di limitazioni della libertà individuale. Forse non tutti sanno che, benché sia alta la percentuale di armi nella popolazione, poiché in Svizzera vi è storicamente il cittadino soldato – abbiamo infatti un esercito di milizia e non di professionisti – la violenza all’interno delle coppie e della famiglia causata da armi da fuoco presenta un tasso percentuale tra i più bassi al mondo. Paesi che hanno introdotto il divieto totale delle armi da fuoco hanno un tasso di violenza con armi da fuoco (evidentemente illegali) molto più alto che in Svizzera.

L’ufficio federale di Statistica indica che circa 5 omicidi con arma da fuoco all’anno sono commessi da cittadini svizzeri, senza che sia dato sapere in quanti sia implicata un’arma d’ordinanza. Per quanto sorprendente e non applicabile possa essere, salveremmo più vite proibendo sport quali alpinismo, sci e ciclismo che ritirando le armi d’ordinanza. Si calcola che mediamente in Svizzera muoiono circa 180 persone vittime d’incidenti durante attività sportive mentre sono circa 350 annualmente le vittime degli incidenti della circolazione. Una cosa importante che occorre sapere è che effettivamente la Svizzera ha un tasso di suicidi molto elevato, indipendentemente da come uno si toglie la vita. Ma siamo sicuri che la causa sia unicamente da ricercare nell’accesso alle armi? Se così fosse allora come mai dal 1996 al 2008 il numero di suicidi con armi da fuoco è diminuito del 40% mentre il numero di suicidi generale è rimasto stabile? Certo la gente si spara di meno…ma ahimè trova altri modi per togliersi la vita.

In questo senso è forse il caso di citare l’esperienza di alcuni stati quali Inghilterra, Canada e Australia dove malgrado l’introduzione di rigide restrizioni sulle armi da fuoco i suicidi non sono diminuiti. Inoltre vi è da sapere che con la recente modifica della legge militare le munizioni contenute nella scatolina di alluminio che ogni milite portava a casa bisogna ora riconsegnarle in arsenale e che, mentre una volta tutti gli astretti al servizio ricevevano l’arma da fuoco, ora bisogna superare un test psicologico e ci sono sempre più militi nell’esercito che non hanno l’arma d’ordinanza perché falliscono il test. In merito alla proposta di registro nazionale nessuno dice che in realtà già ci sono 26 registri cantonali che hanno esattamente la stessa funzione e ancora meno dicono che i cantoni già da due anni hanno deciso di armonizzare questi registri rendendoli compatibili a livello delle varie polizie cantonali. Questo solleva una questione fondamentale, la Svizzera è uno stato federale o è uno stato centrale? Vogliamo continuare in Svizzera ad essere uno stato federale oppure dobbiamo chiudere con questo federalismo e far istituire un bello stato centralizzato con Berna che sia come Roma o come Parigi?

Questo vale oggi per le armi ma vale in ogni votazione. La sinistra continua a fare iniziative popolari che tolgono competenze e sovranità ai cantoni per darle alla Confederazione, oppure a livello locale per toglierle ai comuni per darle al Cantone. Credo nel federalismo e credo che una delle ragioni per cui la Svizzera sta andando molto bene nel confronto internazionale – noi ci lamentiamo di tutto ma in realtà stiamo andando bene in tutti i rami di crescita, di produttività di ingegnosità – è proprio il federalismo. Personalmente non mi da fastidio che vi sia competizione fra cantoni a livello fiscale, a livello di scuola, a livello di società perché ciò obbliga i cantoni a misurarsi fra di loro e ad essere più efficienti nel loro agire. Questa iniziativa, anche a questo livello, fa un altro passo verso una maggior centralizzazione. Aboliamo i registri cantonali, facciamo i registri federali perché meglio di Berna nessun altro sa fare. Serve a poco organizzare come sarà il caso il prossimo mese di maggio a Mendrisio la Conferenza nazionale sul federalismo se il credo della sinistra è quello di abolire progressivamente il nostro stato federale. Il terzo strumento proposto dall’iniziativa, ossia l’esigenza di giustificare il bisogno di possedere un’arma pone una serie di problemi e di costi.

Va bene per un cacciatore che con la patente di caccia deve anche imparare a usare l’arma ma quanti fucili potrà possedere? Uno per la caccia bassa ed uno per la caccia alta? Solo uno dei due? Uno per il tiro da lontano ed uno per il tiro ravvicinato? Ma pensate inoltre a tutti i cittadini che hanno sul caminetto di casa il fucile del nonno come ricordo. Arma che nessuno si immagina più di usare ma che ha un valore affettivo importante. Ecco, tutte queste armi, se passa l’iniziativa dovranno essere consegnate al Cantone e attenzione, il Cantone non le prenderà gratis ma dovrà indennizzare chi consegna queste armi cioè pagare un giusto prezzo.

Ci sono dei calcoli per capire quanto questo costerà alla collettività: una stima parla di svariati milioni di franchi. Al di là del costo finanziario appare incomprensibile accettare che un cittadino non abbia nemmeno più il diritto di tenere in casa il fucile in ricordo del nonno. Ma il prezzo che a mio avviso, se l’iniziativa venisse accettata, sarebbe il più alto da pagare è relativo al rapporto fra cittadino e stato. Il nostro sistema stato è imperniato sull’idea che il cittadino è una persona adulta matura e responsabile nella quale lo stato ripone fiducia. Mi rifiuto di considerare il cittadino come pericoloso a se stesso, al punto di dover essere protetto da se stesso da parte dello Stato. Questa impostazione di paternalismo statale si scontra con la mia concezione liberale secondo la quale i cittadini sono liberi e responsabili delle proprie azioni. L’iniziativa parte dal presupposto che il cittadino è pericoloso e non sa assumere le proprie responsabilità, dunque in quest’ottica distorta, la collettività è costretta ha limitare la sua libertà.

Questo assunto è compatibile con l’esistenza di un esercito di milizia in cui il cittadino è soldato? Evidentemente no e non è un caso che dietro a questa iniziativa, oltre ai partiti di sinistra (socialisti e verdi), vi è il gruppo per una Svizzera senza esercito. Appare ovvio che per costoro l’obiettivo non è tanto quello di diminuire i suicidi bensì di compiere un altro passo verso l’abolizione dell’esercito. In conclusione, ciò che mi dà fastidio è l’utilizzazione di questi nobili obiettivi (diminuzione dei suicidi e della violenza perpetrata con le armi) per nascondere altri obiettivi, che sono l’abolizione dell’esercito e la limitazione dell’attività di cacciatori, di tiratori e di tutti gli onesti e responsabili cittadini che custodiscono un’arma.

Il duplice aspetto, da un lato di indebolimento del federalismo e dall’altro di distorsione inaccettabile del rapporto fra cittadino (singolo) e collettività (stato) assume una valenza particolarmente negativa. Il cittadino non deve mai smettere di essere la persona adulta matura e responsabile e lo stato ha il dovere di considerarlo tale.

Michele Bertini, consigliere comunale PLR Lugano