In maniera molto circospetta, il capo della diplomazia europea, la baronessa Catherine Ashton ha dichiarato domenica 27 febbraio che la repressione dell’insurrezione in Libia avrà conseguenze per i dirigenti libici, senza tuttavia chiedere le dimissioni del colonnello Muammar Gheddafi. L’Unione europea sta finalizzando le sanzioni contro il regime libico, simili a quelle adottate sabato dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

“Sottolineo la necessità di fare in modo che i responsabili degli attacchi contri i civili libici rendano conto del loro agire – ha sottolineato la Ashton in un comunicato – ed approvo la decisione del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Esorto Gheddafi ad operare in vista di una soluzione pacifica della situazione, che sia accettabile per il popolo libico.”
Impossibile non notare che la Ashton si è tenuta lontana dai toni chiari della diplomazia francese, britannica e statunitense, che hanno chiesto la partenza immediata di Gheddafi.
Diverse capitali europee rilasciano comunicati improntati alla cautela per il timore delle ripercussioni contro i loro cittadini ancora presenti in Libia. L’atteggiamento cauto dei governi di Italia e di Malta tende invece a prevenire l’afflusso massiccio di migranti libici verso le coste europee, nel caso in cui la Libia cadesse in mano agli insorti.
Andando all’estremo del ragionamento, vi sarebbe da credere che sotto sotto Roma stia sperando nella fine della rivolta in Libia e del ritorno di Gheddafi al potere. Gheddafi al potere significa niente sbarchi di massa sull’isola di Lampedusa. Senza dimenticare che l’Italia dipende in maniera importante dal gas e dal petrolio provenienti dalla Libia.